Lancet – la più importante rivista al mondo nel settore della medicina – ha pubblicato un dettagliato rapporto sui gravissimi rischi di contagio del Coronavirus dalla Cina in Africa. Il rapporto indica con precisione sia le regioni più pericolose di “esportazione'” dalla Cina sia le città aeroportuali africane di destinazione, a partire da Addis Abeba (figure 1 e 4).


In particolare la neocommissaria alla cooperazione allo sviluppo della Ue — la finlandese Jutta Urpilainen — sembra dedicare le sue energie ad altri settori importanti come la sostenibilità ambientale, i trasporti, la connettività digitale e le missioni civili e militari di pace.
Tutte attività lodevoli, ma che rischiano di fallire finché i paesi africani non saranno dotati di sistemi sanitari nazionali degni di questo nome. Con ospedali mal funzionanti, ambulatori primordiali e senza il personale medico e paramedico necessario per quantità e qualità il rischio di passare da un epidemia ad una pandemia pesa come un macigno sul futuro dell’Africa e del mondo intero.
La sanità cinese, Hong Kong a parte, è molto indietro e gli Stati Uniti non garantiscono una copertura sanitaria a tutti i loro cittadini come fanno invece tutti i welfare States europei. Su questo terreno l Europa è imbattibile e ha dimostrato con i fatti notevoli capacità organizzative nella costruzione dei servizi sanitari nazionali e oggi (grazie alle sue aziende HI-Tech) è all’avanguardia nello sperimentare le grandi novità che la rivoluzione digitale sta producendo nella assistenza ospedaliera e territoriale. Un accordo Africa Europa in campo sanitario sarebbe dunque estremamente vantaggioso per entrambi.
Per inciso l’adozione di nuovi strumenti diagnostici e nuove tecnologie diagnostiche da remoto consente oggi di valorizzare nuovamente il ruolo del medico di famiglia e i distretti territoriali riducendo notevolmente i processi di ospedalizzazione e potenziando la prevenzione. L’Italia è sempre stata molto attiva nella cooperazione sanitaria internazionale. Ci aspettiamo che David Sassoli e Paolo Gentiloni si facciano sentire a Bruxelles e che i nostri Ministri degli Esteri e della Sanità siano gli alfieri di questo programma fondamentale.
Con l’avvertenza che esso può funzionare a condizione che si rinunci ad intermediari verticali. Per ogni paese africano ed europeo serve una collaborazione diretta e orizzontale tra i soggetti operativi: ospedale con ospedale, facoltà di medicina con facoltà di medicina, laboratori con laboratori. Un modo nuovo e diverso di fare cooperazione che la telemedicina e più in generale la E-health rendono oggi possibile.
Come in Europa lo sviluppo del Welfare State ha rappresentato un passaggio cruciale per il consolidamento della democrazia così anche in Africa la promozione del diritto alla salute potrebbe essere un tassello importante per favorire i processi di di democratizzazione e incidere positivamente sull’immagine dell’Europa in un continente sempre più terreno di conquista della Cina e delle altre economie emergenti.