Quando Giorgia Meloni si arrabbia perché ritiene le sia stato fatto un torto – come nel caso delle nomine europee per i cosiddetti top jobs, dove si è stretto un accordo in sua contumacia, nonostante sia la leader uscita meglio dal voto per il Parlamento di Strasburgo – lo dice chiaramente e, in tal modo, rivolge la situazione a suo favore. La presidente del Consiglio proverà a concretizzare questo metodo durante le trattative per la Commissione Ue. La cosiddetta “maggioranza Ursula” è stata confermata ma è gracile, il voto di fiducia è il 18 luglio e al momento popolari, socialisti e liberali hanno pochi voti di vantaggio. Quelli italiani saranno quindi utili a Von der Leyen per contenere il rischio di schioppettate dei franchi tiratori, sempre alto nel parlamento comunitario.
Le trattative riguarderanno contenuti e commissari: l’ordine è importante, perché la prelazione del “cosa fare” su “chi lo fa” è un perno della politica meloniana e di carne al fuoco che può diventare oggetto di compromesso ce n’è moltissima: economia, green, migrazioni, difesa, crisi internazionali… Nelle more delle trattative si dovrà poi da tenere conto del voto francese (domani il primo turno): la situazione è quindi apertissima e l’apparente fallimento meloniano potrebbe volgersi in un successo. O almeno in un dignitoso pareggio, anche se su alcuni media nostrani proseguirà la campagna catastrofista e pessimista, certe testate in particolare continueranno a raccontare la profezia di sventura, sperando si riveli auto avverante.
Il nome di Raffaele Fitto è stato quello più ripetuto e ancora in corsa con più credibilità come commissario, nel caso tali profezie fossero smentite. Il ministro del Pnrr andrebbe certamente bene all’Ue, con la quale ha lavorato costantemente e proficuamente per quasi due anni, e garantirebbe all’Italia un lavoratore nel governo dell’Unione solido e scevro dalle gaffe e dalle uscite per la tangente che purtroppo inficiano l’attività di altri ministri del governo in carica. Proprio per questo, però, la sostituzione del politico pugliese, titolare di un dicastero nodale quanto quello dell’economia, appare estremamente complicata. Ragione in più per la quale all’Italia conviene arrivare a una soluzione inclusiva: in tale frangente Forza Italia, partito che meglio rappresenta la maggioranza italiana in quella europea, potrebbe dare una mano e alzare poi la posta nel futuro rimpasto, opzionando il nome dell’eventuale successore di Fitto. Ragionamento che probabilmente incide nelle scaramucce tra Matteo Salvini e Antonio Tajani, con il responsabile degli Esteri che replica al leghista e al suo “Puzza di colpo di Stato”.
Tornando alla premier, l’unico cenno di nervosismo, nel punto stampa tenuto in piena notte a margine del Consiglio europeo di giovedì, si è avvertito quando ha tirato in ballo il presidente Mattarella sulla vicenda Fanpage, nel cui merito ha dato una risposta peraltro equilibrata: l’indagine è giornalisticamente indegna poiché infiltrarsi in Fratelli d’Italia per carpire informazioni non è deontologicamente corretto, ma nella sostanza il partito ha subito preso atto di quanto emerso e i responsabili delle imbarazzanti dichiarazioni antisemite e fascistoidi sono già fuori. Diciamo la verità, Fanpage ha fatto un grosso favore alla leader: questi repulisti per lei sono molto vantaggiosi, la liberano da frange estremistiche consentendole di adottare misure che appaiono di necessità, quindi meno traumatiche, anziché unilaterali decisioni top down.