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Chi seguirà il vangelo europeo di Draghi?

Draghi incarna l’Europa su cui puntare, non importa in quale ruolo, per costruire quel futuro di nuovi sogni e grandi speranze che non ci condanni, miope provincia del mondo, alla “lenta agonia”. Il taccuino di Guiglia.

Di Franz Josef Straub, che fu a lungo presidente della Csu e della Baviera (ma anche candidato-cancelliere della Cdu-Csu nel 1980), si ricorda soprattutto la battuta più celebre e fulminante. I verdi, disse una volta, “sono come le angurie: verdi fuori, ma rossi dentro”. Eppure, il suo spirito polemico che tanto irritava gli avversari progressisti, non lo spese soltanto nell’orto della Germania per prendere in giro, da fiero conservatore, le angurie in politica (da noi, in Italia, su quel versante ebbe più fortuna la botanica: la Quercia, l’Ulivo, la Margherita…ma non divaghiamo).

Sull’Europa, per esempio, il Franz Josef che non ti aspetti, aveva le idee altrettanto chiare e pungenti. Disse, forse riprendendo la riflessione di un imprenditore tedesco: “I dieci comandamenti contengono 279 parole. La Dichiarazione Americana d’Indipendenza 300. Le disposizioni della Comunità Europea sull’importazione di caramelle esattamente 25.911”.

Dunque, già quarant’anni fa c’era chi sbuffava per un’Unione europea, come ancora non si chiamava l’istituzione dei 27 Stati, dedita alle quisquilie che mortificano la vita dei cittadini con centinaia di inutili pagine. E c’era pure chi sbeffeggiava in anticipo la retorica europeista. “Quando si farà l’Europa unita”, prevedeva il più grande giornalista del Novecento, Indro Montanelli, “i francesi ci entreranno da francesi, i tedeschi da tedeschi e gli italiani da europei”.

Col passare del tempo, qualcuno ha capito che questa nostra seconda casa poteva aspirare a qualcosa di più importante delle caramelle e del farsi gli affari nazionali propri.

“L’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare”, si decretò. Un concetto talmente fondato, che non si sa bene chi l’abbia pronunciato (fu attribuito anche allo statunitense Henry Kissinger, probabilmente solo in omaggio alla sua cinica intelligenza).

Ma ormai l’Europa, colpita dal Covid nel 2020, poi dalla guerra di Putin contro l’Ucraina -cioè ai confini dell’Ue-, nel 2022, e sempre in balìa di cicli economici altalenanti, è diventata grande per forza di eventi. Ed è così arrivata al bivio: qui si fa l’Europa o si muore.

Lo ha spiegato il nostro Mario Draghi con un rapporto straordinario, che fa le veci della Costituzione europea (dopo quella mai divenuta tale per le bocciature di Francia e Olanda con referendum nel 2005).

O l’Unione dei 27 ritrova quella formidabile unità sperimentata contro la doppia epidemia di Covid e di Putin oppure sarà “una lenta agonia”.

Nel senso che il continente tornerà a essere una pura espressione geografica. “L’Europa vuole essere padrona del suo destino? Il rischio è la servitù rispetto ad altre economie. Serve un debito comune europeo, altrimenti quello dei singoli Stati diventa troppo alto per fare gli investimenti per portare le energie rinnovabili in tutta Europa”.

Sono parole che Draghi ripete nei suoi appuntamenti per presentare il lavoro richiestogli da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue. Occorre, in concreto, un investimento da 800 miliardi di euro e di fiducia, cioè due volte quello che fu il piano Marshall degli Stati Uniti per la ricostruzione dell’Europa dalle rovine della seconda guerra mondiale. Beninteso: se l’Europa è consapevole d’avere un destino, e non solo l’Erasmus per gli studenti, le frontiere aperte per i viaggiatori e i tornei di calcio per gli appassionati.

L’Europa siamo noi, figli dei figli della Grecia e di Roma, del Cristianesimo e del Rinascimento, delle Rivoluzioni, quella Industriale e quella Francese, e oggi cittadini del mondo libero e occidentale che guarda alla pace e alla giustizia, al benessere e alla dignità della persona come valori fondanti.

Mario Draghi lancia l’ultimo appello perché questi europei siano all’altezza del loro tempo e del loro cammino. Per chi suona la campana? Anche per la difesa europea, naturalmente da intendersi in comune. Anche per l’energia europea, reclamata in sovrana autonomia.

L’eccezionale capacità di Draghi di guardare lontano ci fa capire perché quest’uomo sia stato chiamato in un momento di grave emergenza a fare il presidente del Consiglio (2021-2022) e in precedenza per ben nove anni al vertice della Banca Centrale Europea a Francoforte (2011-2019).

Ma ci fa soprattutto capire che nessuno come lui oggi incarna l’Europa su cui puntare, non importa in quale ruolo, per costruire quel futuro di nuovi sogni e grandi speranze che non ci condanni, miope provincia del mondo, alla “lenta agonia”.

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige
www.federicoguiglia.com

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