Il fatto che in Ue sia replicabile la vecchia maggioranza non contraddice la lettura sullo spostamento a destra dell’asse politico.
Innanzitutto, il vincitore è un PPE diverso da quello del 2019, a partire dall’irrigidimento su alcuni temi come immigrazione e ambiente. La crescita di partiti conservatori e ‘sovranisti’ è innegabile e rileva soprattutto per i risultati nei paesi principali: la solidità di Meloni, la vittoria di Le Pen, percentuali AfD. I seggi in più sono pochi, ma pesano.
La sinistra tradizionale rimane pressoché in stallo: mantiene i propri zoccoli duri, soprattutto in Italia e Spagna, ma non c’è una vera crescita tale da aumentarne il potere contrattuale. Sono i popolari ad avere il gioco in mano, confermandosi forza dominante con più seggi.
A sinistra della sinistra tradizionale non si muove niente o si festeggia per cifre minoritarie. Da galassia Melenchon a Sumar, le istanze più radicali non fanno presa. La sinistra al momento è inchiodata negli zoccoli duri di quella tradizionale-moderata (Pse).
Lo spostamento a destra è guidato soprattutto da due tematiche: immigrazione e ambiente. Non è un caso che tra i due perdenti veri – che hanno perso più seggi – abbiamo i verdi. Dal 2019 di Greta al 2024 dei trattori. Da qui lo spostamento su green deal, del PPE in primis.
Di conseguenza, se anche si replicherà una maggioranza Ursula, il mondo è cambiato dal 2019. E la pressione a destra non potrà essere trascurata. Per questo, al di là dei numeri, la copertina dell’Economist non è così campata per aria (e la formula Meloni nemmeno).
