Lo scontro sulle alleanze Ue tra i due vicepremier del governo Meloni è evidente. Probabilmente la campagna elettorale per le Europee del giugno 2024 è iniziata troppo presto e rischiando paradossalmente di dare subito l’immagine esterna, riduttiva e un po’ fuorviante, di una competizione tutta interna alla coalizione di governo. Più che contro gli avversari politici, divisi e in grave crisi. Anche questo un effetto dello sfilacciamento a sinistra e nel centrosinistra?
Ad ogni modo, al di là delle differenze sulle alleanze Ue, l’obiettivo comune della coalizione di governo è quello di creare una nuova maggioranza di centrodestra a Bruxelles contro la sinistra. Ma non è il secco botta e risposta tra Matteo Salvini, in qualità di leader della Lega, e Antonio Tajani, coordinatore e presidente in pectore di Forza Italia, oltre che vicepresidente del Ppe, a mettere in crisi il governo. E le opposizioni divise e in crisi sembra non riescano neppure ad approfittare delle divergenze tra i due vicepremier.
Salvini, da un lato, rilancia la Lega, che rischiava di essere oscurata da un patto tra Ppe e Conservatori europei, di cui è presidente la stessa Giorgia Meloni, e con due mosse, un’intervista al “Corriere della sera” e una videoconferenza con Marine Le Pen, conferma di restare nel gruppo Identità e democrazia, rilancia l’unità di tutto il centrodestra europeo, compresi la Le Pen e l’Afd tedesca, che stanno con la Lega in Id. Salvini sfida, senza nominarla FI a non preferire i liberali di Macron, dal cui governo sono partite bordate contro l’Italia, a chi come la Le Pen “non ha mai attaccato il nostro Paese”. E il leader della Lega invita tutto il centrodestra a sottoscrivere un patto anti-sinistra, “Mai con i socialisti”. Insomma, mai più una maggioranza “Ursula” che veda Ppe e Pse insieme. Un patto o una lista comune per le Europee? Non si sa.
A Salvini, che poi nel pomeriggio incontrerà ma solo in videoconferenza la Le Pen, a causa della grave situazione francese, già in mattinata replica Tajani con un no secco ad alleanze con forze “antieuropeiste come la Le Pen e Afd”. Il leader leghista contro-replica in serata: “Non accetto veti sui miei alleati”, europei. E il presidente in pectore di FI ribadisce la posizione, sottolineando che “FI è il Ppe in Italia”, ma che con “Salvini non ci sono problemi a fare accordi in Italia e fuori Italia. Il problema non sono e non sono mai stati Salvini e la Lega”. Quindi, Tajani resta fermo sull’alleanza tra “Popolari, Conservatori e Liberali, la stessa contro la sinistra, che mi elesse presidente del Parlamento Europeo”. Ma nessun problema per il governo nazionale. E forse un ulteriore invito a Salvini a entrare o avvicinarsi al Ppe?
Una cosa sembra certa: no a una lista comune per le Europee, ammesso che sia mai stata in campo questa opzione di cui Salvini non ha parlato e comparsa solo nei retroscena. Ad ogni modo, è un fatto che Tajani ribadisca: “Noi scendiamo in campo con la lista di Forza Italia che è il Ppe”. Meloni con “Il Corriere della sera” di ieri non va oltre un diplomatico: “Le trattative non sono ancora partite”. Pur osservando che “è innaturale” la maggioranza attuale tra Popolari e Socialisti”. E se più che a Tajani, Salvini in realtà abbia voluto lanciare, invece, un segnale principalmente alla stessa Meloni contro la possibilità che alla fine anche i Conservatori con i Popolari dicano sì a una nuova maggioranza “Ursula”, con la conferma della stessa von der Leyen a capo della presidenza della Commissione Ue, dal momento che non è facilissimo costruire una nuova maggioranza di centrodestra senza la Le Pen e Afd?
Certamente, le Europee, dove si andrà con il proporzionale, saranno un modo anche per le forze al governo nazionale per contarsi. Ed è fisiologico che ciascuno faccia valere la propria identità. La Lega, con FdI presieduto dalla premier che in quanto tale per gli equilibri europei si deve fare più di “centro” per far valere gli interessi nazionali, cercherà di riempire quello spazio di “lotta” nel centrodestra che vede più scoperto sul lato destro. FI, al suo più importante esordio elettorale senza più Silvio Berlusconi, cercherà di giocare la partita ad ampio raggio, con l’ambizione di attirare, come “centro” del centrodestra, anche i consensi di elettori riformisti in fuga dalla radicalizzazione del Pd di Elly Schlein. E FdI vorrà giocare la parte del leone, sullo schema italiano, facendo diventare i Conservatori ago della bilancia dei nuovi equilibri europei.
In tutto questo sarebbe un po’ paradossale però se gli equilibri o riequilibri interni al centrodestra avvengano solo con un passaggio di consensi da uno all’altro dei tre partiti, o peggio con una sorta di “cannibalizzazione”, senza sfondare nelle file dei consensi degli avversari. Questo sì che non sarebbe un buon viatico per il proseguimento del governo di centrodestra o di destracentro. Che al momento non vede alternative.