Non ci è dato sapere se la Camera dei Comuni conosca i seguenti versi di Montale: “Codesto solo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, ma sicuramente sa metterli in pratica. Ieri sera dopo che finalmente il Boris Brexit Deal è riuscito a passare a Westminster dopo le 3 bocciature umilianti subite in passato da Theresa May, i parlamentari hanno votato per ritardare l’uscita dall’Ue, opponendosi anche a nuove elezioni, “minacciate”, per così dire, da Johnson se non verrà rispettata la scadenza del 31 ottobre.
Il mood l’ha colto benissimo il deputato laburista ribelle John Mann che in diretta televisiva ha detto alla ex Tory (ora indipendente) Anne Soubry “tu non vuoi nuove elezioni perché se no torneresti a casa!”. La Camera dei Comuni, casa del dibattito parlamentare da secoli, ha dato prova di non sapere convogliare la volontà popolare in nessun senso e di non saper prendere decisioni concrete. In questi 3 anni e mezzo post-Brexit abbiamo assistito a rinvii su rinvii e tentativi di sabotare l’esito del referendum del 23 giugno 2016.
Johnson ottiene quindi un grande successo, riuscendo dove il predecessore May aveva fallito. Forte di un consenso popolare che danno i Tory avanti di oltre 10 punti sul Labour di Jeremy Corbyn in caso di elezioni anticipate, il premier non ha paura di cercare nella legittimità del voto la strada per il futuro.
Il no deal è ancora in piedi ma l’Ue, per bocca del presidente uscente Donald Tusk ha raccomandato i 27 leader degli stati membri di concedere un’ulteriore estensione dei termini proprio per evitare l’uscita disordinata tanto temuta (soprattutto a Berlino).
La sensazione è che la strada per la Brexit sia ancora lunga e irta di trappole per Johnson, ma che ora con il voto favorevole all’Accordo si stia delineando un percorso favorevole al primo ministro.