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Biden e i Grandi rimpiccioliti. Le lezioni che arrivano da Usa e Ue

Se gli Usa piangono, poi, l’Europa non ride, tanto che il G7 italiano è stato ribattezzato vertice delle “anatre zoppe”

Joe Biden vacilla durante il duello tv con Donald Trump e tra i democratici si affaccia l’idea della sostituzione. Gli italiani avevano avuto modo di confermare le voci sulla fragilità del presidente Usa quando, sul green del Golf Club di Borgo Egnazia, sembrava non farcela a camminare, procedeva impacciato, appariva impagliato e disorientato. Anzi: lo era, tanto da saltare la cena con il Presidente Mattarella per non affaticarsi.

Per carità: Trump non è certo meglio e Giorgia Meloni ha avuto ragione a non volersi sbilanciare in merito alle prossime presidenziali statunitensi. Certo sconcerta pensare che la grande democrazia a stelle e strisce sia ridotta con due contendenti impresentabili che, però, seguono una scia di mediocrità e familismo dinastico. Se gli Usa piangono, poi, l’Europa non ride, tanto che il G7 italiano è stato ribattezzato vertice delle “anatre zoppe”, con un Macron, un Sunak, una von der Leyen e uno Scholz che sono arrivati al vertice pugliese con le ossa doloranti per le recenti batoste elettorali. Ha avuto facile gioco Marcello Veneziani a scrivere che, tra di loro, Giorgia si stagliava come un gigante.

I grandi sono molto rimpiccioliti, insomma. Innanzitutto da una politica priva di grandi valori e grandi obiettivi (solidarietà, uguaglianza, diritti, pace, salute sono solo spunti per la polemica del giorno), ridotta a fare e contare molto poco da innovazione, tecnologia, economia e finanza che costringono i leader a rincorrere, mettere pezze, fare esercizio di proteste pretestuose e vittimismo difensivo. Non meraviglia quindi che i piccolissimi grandi siano sconfessati dai propri cittadini, ai quali replicano facendosi inchiavardare ai propri posti di potere, con modalità che spesso rasentano il golpe, per usare una figurazione salviniana (vedi Spagna, Francia e Germania). Mentre affrontano le crisi internazionali con i pannicelli caldi come il documento finale del vertice tenuto in Svizzera sull’Ucraina e respinto dal cosiddetto Sud del mondo (Brics, Arabia) che il Nord rischia così di spingere tra le braccia di Putin. Il quale sta a Zelensky come Trump a Biden, veramente una gara al ribasso: da una parte l’amico del grande dittatore nord-coreano, dall’altra l’idrovora di Kiev, interessata solo a succhiare soldi.

Anche il G7 ha aiutato a farci capire quanto i grandi della Terrasiano piccoli, quanto siano straordinariamente normali i leader delle più importanti nazioni del mondo. Rispetto alla farsa di Lucerna è stato un successo, tutto è andato bene; e come avrebbe potuto andare diversamente? Se si mettono da parte la polemica sull’aborto, cavalcata da Macron ed esagerata dai media, o l’infelice battuta di Scholz (indicativo che i più sgarbati siano stati gli ospiti meno titolati a farlo, viste le batoste elettorali subite), il resto erano accordi già impacchettati da mesi di preliminari. Poche e irrilevanti le proteste, non a caso.

Se prendi leader, sherpa e delegazioni, li porti a Borgo Egnazia, al Castello di Brindisi, li fai mangiare da Bottura, scarrozzi first ladies e principi consorti tra trulli di Alberobello e ceramiche di Grottaglie, come può andar male? Figuriamoci se poi cali il jolly del Papa “per la prima volta” in onda sugli schermi G7: anche se tra libri, interviste e indiscrezioni non si tratta di una gran esclusiva e se l’ospite in bianco che discetta di Intelligenza artificiale finisce un po’ per confondersi con le guest star alla Bocelli, che ha cantato le più scontate e stonate arie dell’opera italiana futuro patrimonio dell’umanità.

E vabbè, sarà stato pure un G7 un po’ trash, il Borgo sarà pure un outlet, un cartonato, la semplificazione del Sud, la tradizione mediterranea e meridionale ridotta a stereotipi ed estereotipi, ma alla fine pizza e mandolino, tarallucci e vino funzionano sempre. Come ha osservato la padrona di casa, ridendo perfidamente, i suoi “amici” sono rimasti a bocca aperta ma anche a bocca chiusa, quando masticavano. E lei nel discorso finale, un po’ la musica è finita e gli ospiti se ne vanno, li ha ricordati e ringraziati uno alla volta chiamandoli per nome di battesimo. Assieme a tutti coloro che hanno contribuito a questo piccolo miracolo italiano, dalle maestranze alle forze dell’ordine.

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