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Giorgetti

Natale in casa Berlusconi

Perché a Berlusconi non piace il presepe di Draghi. I Graffi di Damato

 

A Berlusconi non piace il presepe praticamente allestito nella conferenza stampa di fine anno dal “nonno al servizio delle istituzioni” Mario Draghi, pur da lui aiutato a diventare prima presidente della Banca Centrale Europea e poi presidente del Consiglio.

Sembravano pappa e ciccia, come anche da foto del loro incontro a Montecitorio in occasione delle consultazioni per la formazione del governo oggi ancora in carica, ma i due hanno finito per trovarsi in conflitto, concorrenti entrambi al Quirinale. Ed entrambi in forma anomala, più allusiva che esplicita, più fra le righe che dentro di esse: l’uno -Draghi- minacciando di fatto la rinuncia anche a Palazzo Chigi se non dovesse ottenere il Quirinale e l’altro -Berlusconi- minacciando la fine del centrodestra se nella partita del Colle, quando comincerà davvero nell’aula di Montecitorio con le votazioni dei parlamentari e dei delegati regionali, le componenti dell’alleanza non rimarranno compatte come hanno tornato a impegnarsi nell’incontro di ieri a Villa Grande, sull’Appia antica.

Se sarà crisi di governo per la rinuncia di Draghi a restare a Palazzo Chigi con un altro capo dello Stato, il Parlamento rischierà le elezioni anticipate di un anno, a beneficio forse di una campagna elettorale di poco più di due mesi. Se sarà crisi e rottura del centrodestra, né Matteo Salvini né Giorgia Meloni, che se la contendano inseguendosi e sorpassandosi a vicenda nei sondaggi elettorali, riusciranno ad aggiudicarsi la guida del governo per assenza appunto della coalizione e della vittoria ancora oggi assegnatale dall’ultimo sondaggio riferito da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera.

Giuliano Ferrara, sostenitore convinto di Draghi al Quirinale ma amico ed estimatore festoso di un Berlusconi al quale deve sia la sua breve esperienza di ministro nel 1994 sia la nascita poi del suo Foglio, ha appena scritto che “nessuno dei fantasisti vuole cedere le armi e arrendersi prima del tempo”. Ed ha indicato nella “candidatura esplicita e irrituale del grande Berlusconi, il bisnonno” ciò che “scompagina il gioco presidenziale soffuso, un pò obliquo, sottopelle ch’è tradizione e vanto di una Repubblica istituzionale con regole da club esoterico”, oltre il quale c’è”il chiacchiericcio su mille altre soluzioni possibili, almeno virtualmente”. Ben scritto, alla maniera di un Ferrara in forma. diversamente da quello che ogni tanto si lascia prendere la mano, anche lui, da ragionamenti di una voluta stravaganza o contorsione.

Aiuta a capire la situazione anche un testimone del vertice del centrodestra svoltosi ieri -ripeto- nella villa romana di Berlusconi: Ignazio La Russa, il più navigato dei “fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni. “Lui -ha detto parlando di Berlusconi- non ha avanzato la sua candidatura ma ne abbiamo parlato come se lo avesse fatto. Credo che stia facendo dei sondaggi per capire come ampliare una maggioranza attorno al suo nome: un allargamento trasparente dei numeri. Quando deciderà immagino farà un appello a tutti: Renzi, il Pd, i Cinquestelle”. Vasto programma, direbbe la buonanima di De Gaulle.

Su come potrà andare a finire l’ex ministro della Difesa ha detto: “Io non scommetto nemmeno al Superenalotto, dove si vincono miliardi. Figuriamoci se scommetto dove non si vince nulla”. Ma forse in quel nulla c’è già tutto.

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