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Arianna Meloni e il Giornale fra complotti e autocomplotti

Che cosa penso del caso Arianna Meloni sollevato dal Giornale. I Graffi di Damato

Sarò franco, al solito, sino alla provocazione contro me stesso, su questa storia del complotto ai danni delle sorelle Meloni, e dintorni, caduta sulla cronaca politica come uno degli acquazzoni sull’Italia in questa estate che si è finalmente rotta, anche del caldo che ci ha procurato. “Un complotto all’italiana” – ha scritto il consumatissimo e ottimo Filippo Ceccarelli su Repubblica – “di sicurezza, di famiglia e di masseria”. Ma soprattutto di carta, aggiungerei, perché di una notizia giudiziaria, o solo paragiudiziaria, non ne ho avvertita sinora una, e neppure mezza, per quanto sia facile, anzi facilissimo, imbattersi in Italia in un avviso di garanzia o arresto non sempre ad orologeria, qualche volta anche a caso, senza collegamenti seri con i calendari politici sempre intensi, fra elezioni, convegni, passaggi parlamentari delicati, eventi persino internazionali.

L’accennata provocazione contro me stesso è la condivisione di quanto ha scritto sul Fatto Quotidiano – e non è la prima volta che accade, per cui comincio davvero a preoccuparmi – Marco Travaglio scrivendo proprio del timore avvertito dalle parti meloniane di una contestazione del famoso traffico d’influenze, pur appena ridotto da una legge approvata, intestata al ministro della Giustizia Carlo Nordio e promulgata, ad Arianna Meloni: la sorella anagraficamente maggiore ma politicamente minore della premier Giorgia. Una sorella “dirigente di partito – ha scritto Travaglio – che fa ciò che fanno tutti da sempre e non risulta che riceva in cambio soldi o altre utilità”. Anche se l’interessata ha smentito di essersi mai occupata di nomine, magari anche di avere detto la sua su qualcuna di quelle fatte o da fare in sede di governo nelle consultazioni politiche, e partitiche, che di solito le precedono o acccompagnano.

In un estremo atto di generosità, conoscendo l’opinione che Travaglio ha dell’interessato, come del migliore presidente del Consiglio italiano dopo la buonanima di Camillo Benso conte di Cavour, il direttore del Fatto Quotidiano ha riconosciuto a Giorgia Meloni di essere stata vista “come Conte”, il “Giuseppi” dell’allora presidente americano Donald Trump, “un’intrusa dalle elite più putride, use a scalzare gli outsider tramite qualche infiltrato”. “Ma Conte – ha precisato Travaglio – aveva la sfortuna di avere Renzi in casa”, che riuscì a fargli perdere Palazzo Chigi nel 2021 spedendovi Mario Draghi con la complicità, diciamo così, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Lei – ha aggiunto il direttore del Fatto riferendosi alla Meloni-  ha la fortuna di averlo fuori” questo maledetto Renzi, ora attratto dal cosiddetto campo largo dell’alternativa al governo in carica. “Perciò, più che dall’esterno” la premier “dovrebbe guardare all’interno della sua maggioranza”, perché “gli unici complotti che funzionano sono gli autocomplotti”, visto che obiettivamente non mancano divisioni e simili nel centrodestra, o destra-centro.

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