Migranti – Albania – Paesi sicuri. Ordinanza interlocutoria della Cassazione.
La Corte, in attesa comunque della CGUE, ribadisce il proprio approccio ragionevole, tale da porre paletti sia al governo che alle sezioni dei tribunali più eccessive nella lettura delle norme.
Tre elementi principali:
- Si rimarca lo spazio della politica.
- Si valorizza la tutela nel caso concreto.
- Si ammette la astratta sindacabilità della designazione dei paesi sicuri, ma solo laddove irragionevole e contrastante in modo ‘manifesto’ con i criteri Ue/realtà.
1) “Il giudice della convalida, garante, nell’esame del singolo caso, dell’effettività del diritto fondamentale alla libertà personale, non si sostituisce nella valutazione che spetta, in generale, soltanto al Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono”.
2) “La procedura accelerata di frontiera non può applicarsi laddove, anche in sede di convalida di trattenimento, il giudice ravvisi sussistenti i gravi motivi per ritenere che il paese non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova’.
3) Il terzo punto è quello centrale. Il più delicato. In via di premessa, la Cassazione ricorda che tale decisione si riferisce all’ambiente normativo anteriore al decreto paesi sicuri e ammette, seppure con limiti, la compatibilità tra paese sicuro ed eccezioni personali.
Dopodiché, c’è il tema a mio parere centrale: l’attenzione, che aggiunge una dose di realismo alle iniziative eccessive delle sezioni, verso la sindacabilità del giudice di una designazione comunque politica e che richiede competenza politica. E quando là si può sindacare?
“In ipotesi limite”, quando “irragionevole”, “manifestamente arbitraria”, in contrasto “icto oculi” con la realtà di fatto. Sono paletti notevoli, che riducono il sindacato a solo casi di profonda e palese discrasia tra designazione e realtà/criteri europei. Come leggerlo?
A mio parere, si tratta di un paletto, realista, volto a dire: un conto è se il governo mette nella lista dei paesi sicuri un paese in piena guerra o una dittatura sanguinaria – il che appare manifestamente irragionevole – un altro è andare a sindacare situazioni composite.
Come possono essere proprio Egitto, Bangladesh o Tunisia, ove ci sono margini da vagliarsi tramite la maggiore conoscenza e competenza della politica, che non dovrebbe vedere un intervento del giudice, basato su mere ‘fonti’ ufficiali/internazionali, che hanno i loro limiti.
Sicché, in attesa comunque della CGUE e sempre ricordando che si tratta di una problematica che dovrebbe essere superata dal 2026, l’approccio della Cassazione si conferma moderato, ragionevole nel comporre i diversi equilibri. In estrema sintesi:
- Si rimarca lo spazio della politica nella designazione dei paesi sicuri.
- Si valorizza la tutela, sempre garantita, nei singoli casi concreti.
- Si ammette la sindacabilità della designazione operata dalla politica, ma solo laddove manifestamente irragionevole.
Sul realismo della compatibilità tra paese sicuro ed eccezioni personali:
‘La diversa interpretazione postula la elaborazione di una nozione di paese di origine sicuro che, pur certamente auspicabile dal punto di vista ideale, non tollera alcun margine di insicurezza personale”.
Come più volte detto, l’approccio realista consiglia di non trascurare del tutto il diritto già approvato e che entrerà in vigore nel 2026.