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La banalità del male in Alabama

Perché quasi nessun giornale italiano ha richiamato in prima pagina la notizia dell'esecuzione di Kenneth Eugen Smith nel penitenziario di Altmore, in Alabama? Il corsivo di Teo Dalavecuras

“Gli organi di informazione non hanno dato il giusto rilievo all’intervento del senatore Roberto Scarpinato del 17 febbraio scorso”, lamenta l’ex magistrato Gian Carlo Caselli sul Fatto Quotidiano del 27 gennaio. Da magistrato di lungo corso, per conformazione professionale non dubita e quindi è convinto che anche la “giusta” misura del rilievo di una notizia sia un dato accertabile. Del resto, la nota di Caselli si configura oggettivamente come un gesto di solidarietà verso l’ex collega e presumibilmente amico Scarpinato, ed è quindi se non necessariamente condivisibile senz’altro tollerabile, almeno da chi ancora attribuisce significato ai rapporti umani.

Purtroppo, le parole di Caselli colpiscono per una coincidenza temporale, del tutto indipendente dalla volontà dell’autore, ma sulla quale per chi si ostina a credere nei rapporti umani, è impossibile sorvolare: la notizia dell’esecuzione feroce di Kenneth Eugene Smith nel penitenziario di Altmore, Alabama, dopo un primo fallito tentativo di “giustiziarlo” due anni fa. Sulle modalità di questo secondo tentativo “coronato da successo” preferisco non soffermarmi, sono state doverosamente riportate sui giornali del 27 gennaio.

Nessuno dei quotidiani più diffusi ha però ritenuto che l’evento giustificasse un richiamo in prima pagina, con un’eccezione che va segnalata. È quella della rubrica quotidiana di Gramellini sulla prima pagina del Corriere della Sera che, il 27 gennaio, non era l’abituale satira, spesso vagamente pedagogica, su un fatto di cronaca, ma un’asciutta sintesi senza commenti del reportage contenuto nelle pagine interne sull’esecuzione. Poche parole raggelanti, quali raramente capita di incontrare sulla stampa, che fanno onore a chi le ha firmate. Questo mi è parso il modo più efficace di celebrare il ricordo della Shoah, se pure questo non fosse stato l’intento dell’autore. Anche se, inconsapevolmente, al ricordo ha contribuito la stessa governatrice dell’Alabama Kay Ivey con parole non meno raggelanti, benché per ragioni opposte. Si è detta soddisfatta perché “dopo oltre trent’anni di tentativi di ingannare il sistema Smith ha pagato per il suo crimine orrendo”. Così dicendo Ivey ha ricordato a tutti che il male, quando è prodotto del sistema è sempre banale, cioè inconsapevole, cioè incontrastabile. E può assumere qualsiasi forma perché il sistema ha sempre ragione.

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