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Modeste proposte per la stampa (non solo a Formigli e Ranucci)

L’annunciatissima puntata di Report e l’ennesima comparsata della signora Boccia a Piazzapulita sono casi esemplificativi dell'agonia del giornalismo. Corsivo di Battista Falconi

È difficile parlare di diritto all’informazione e di libertà di stampa, nel momento in cui Donald Trump sembra avallare l’uso delle armi contro i giornalisti. Però occorre farlo, proprio perché persino l’esasperazione delirante del candidato alla presidenza Usa rientra in un circolo vizioso (oggi va più di moda dire tossico) che bisogna assolutamente spezzare.

La possibilità di diffondere il proprio pensiero con ogni mezzo e di comunicare liberamente la propria opinione è uno dei perni che ha contraddistinto le democrazie rispetto alle dittature nel corso del secolo scorso, quando questa contrapposizione era netta e ben riconoscibile. Oggi si parla di autocrazie, di democrature e il ricorso ai neologismi attesta quanto la situazione sia sfumata, anzi decisamente confusa. Un caos geopolitico e morale nel quale le libertà di stampa e di pensiero sono sempre meno identificabili come conditio sine qua non.

Intanto, libertà di dire cosa? Come la si pensa su un qualsivoglia argomento? Di dirla come? Con un velleitario quanto inascoltato profilo social o con un medium tradizionale, un broadcaster capace di diventare mainstream? Se il diritto si sostanzia in un vaniloquio onanistico sul tutto e sul niente, forma nella quale viene quasi sempre esercitato, improbabilmente un’autorità costituita mi impedirà di farlo. Diverso è se intendo davvero incidere nella realtà: qui però a ostacolarmi non sono le norme, bensì l’enorme gap che separa intenzioni e possibilità. Come diceva Giorgio Gaber parlando della democrazia: “Con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di cambiare?”. Gaber, uno dei pochi che meritino il titolo di genio, diceva anche: “Non sono contro la libertà di stampa, sono contro la stampa”.

Già, perché in questo continuo cambiamento dei tempi, il giornalismo sta vivendo una lunghissima agonia cui pare reagire con uno scomposto contorcimento. L’irrilevanza della categoria rispetto alle cose reali è pari a quella del quisque de populo, con l’aggravante dell’irriconoscibilità rispetto alla generica comunicazione, per cui una testata registrata e un professionista iscritto all’ordine si mescolano nel fantasmagorico calderone dell’aggrovigliata rete multimediale. E a fronte di qualche commentatore che ancora si sforza di accendere il cervello prima di esprimersi, di poche voci che raffreddano le emozioni a favore del ragionamento, di sporadici servizi basati su una composta raccolta di dati, prevale nelle camere dell’eco il boato di chi la spara grossa.

L’annunciatissima puntata di “Report” andata in onda ieri, come l’ennesima comparsata notturna della signora Boccia a “Piazza pulita”, sono lì come casi esemplificativi, utili per ricavarne un prontuario di regolette semplici semplici. Da applicare, se non per salvare l’informazione da una morte irreversibile, almeno per restituirle un briciolo di dignità nelle sue fasi finali. Azzardiamo alcune modeste proposte: non spremere oltre misura il limone e non raschiare il barile quando si è arrivati al fondo, non invitare ospiti che non abbiano nulla da dire o addirittura dichiarino di non poter rispondere, non mettere il microfono insistentemente sotto il naso di chicchessia, ritirarlo subito dopo aver incassato il netto diniego del mancato intervistato, non usare il doppiaggio attorale per enfatizzare i parlati in lingue straniere, non usare sonorizzazioni al medesimo scopo quando scorrono immagini particolari, non citare in modo generico fonti autorevoli se non si è parlato con qualcuno che lo sia davvero, non indugiare in immagini vagamente correlate al tema trattato a scopo tendenzioso, non usare minuscoli controcanti in un servizio fazioso come foglia di fico, non ripetere il medesimo elementare concetto nello stesso servizio, nei dibattiti non urlare e comportarsi da persone beneducate, rispondere in modo chiaro e conciso senza perifrasi e digressioni. Potremmo continuare.

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