Skip to content

aforismi

Aforismi (più o meno celebri) in libertà

Il Bloc Notes di Michele Magno

La democrazia bisogna guadagnarsela; la dittatura la si merita.
(Roberto Gervaso).

Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.
(Fëdor Dostoevskij)

Mai epoca fu come questa tanto favorevole ai narcisi e agli esibizionisti. Dove sono i santi? Dovremo accontentarci di morire in odore di pubblicità.
(Ennio Flaiano)

Non oso pensare, se fosse vissuto oggi, alla bolletta della luce di Giuseppe Ungaretti quando s’illuminava d’immenso.
(Mi.Ma)

Il Partito comunista di Marco Rizzo ha deciso di tagliare i ponti con il marxismo-leninismo e di convertirsi al credo ambientalista. Pertanto, ha scelto un nuovo simbolo: felce e mirtillo.
(Mi.Ma)

Parafrasando George Bernard Shaw, esistono sei categorie di bugie: la bugia semplice, la bugia diplomatica, le previsioni del tempo, i sondaggi, il comunicato ufficiale, il pacifismo di Giuseppe Conte.
(Mi.Ma)

I demagoghi e i lassativi hanno in comune questo: movimentano la pancia delle masse.
(Mi.Ma)

Agli italiani che si lamentano di non aver dormito per i botti di Capodanno, ricordo che anche gli ucraini non hanno dormito per i botti di Capodanno.
(Mi.Ma)

Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle, diceva Voltaire. Per fortuna, le donne iraniane continuano a cantare e a protestare, a essere irriverenti e a disobbedire, anche nella sofferenza e nell’umiliazione.
(Mi.Ma)

Al prefetto che ha definito 35 migranti un “carico residuale” ho inviato una copia di un breve scritto di Luigi Einaudi, “Via il prefetto! (1944).
(Mi.Ma)

I pacifisti in larga parte, o appartengono a oscure sette religiose o sono semplicemente dei filantropi che rifiutano di accettare la vita com’è e non vanno al di là di questo punto. Eppure c’è una minoranza di intellettuali pacifisti le cui vere -sebbene inconfessate-motivazioni sono l’odio per la democrazia occidentale e l’ammirazione del totalitarismo.
(George Orwell,”Appunti sul nazionalismo”, 1945).

C’è chi marcia per la pace e chi sulla pace ci marcia.
(Mi.Ma)

Ai puri di spirito che ci hanno creduto. Agli iraniani e agli ucraini che non hanno smesso di pensare che valesse la pena di vivere e di resistere. A chi non si è arreso, a chi ha lottato, a chi non ha tradito i suoi ideali. A chi non ha ceduto a facili lusinghe. A chi ha mantenuto dignità e coerenza. A tutti loro il mio massimo rispetto.
(Mi.Ma)

Al Bano ha confermato che non canterà più in Russia. Per Putin è finita.
(Mi.Ma)

I demagoghi e i lassativi hanno in comune questo: movimentano la pancia delle masse.
(Mi. Ma)

La morale paralizza, monta al cervello, acceca, asciuga le linfe vitali, indurisce le arterie. Non possiamo intraprendere nulla a questo mondo, esercitare un lavoro, risolvere un problema senza che si faccia sentire l’influsso corruttore della morale. Se si tratta di una questione di evoluzione artistica, siamo moralisti; se si tratta di novità di ordine pratico, siamo moralisti; uno muore per la febbre, e noi in sovrappiù lo contagiamo con la morale.
(Karl Kraus, “Die Fackel”, 1899-1936)

In un’intervista rilasciata alla giornalista francese Marcelle Padovani, Leonardo Sciascia attribuiva all’assenza del tempo futuro nella sua terra un significato antropologico: “La paura del domani e l’insicurezza qui da noi sono tali che si ignora la forma futura dei verbi. Non si dice mai domani andrò in campagna, ma ‘dumani vaju in campagna’, domani vado in campagna. Si parla del futuro solo al presente. Così quando mi si interroga sull’originario pessimismo dei siciliani, mi vien voglia di rispondere: Come volete non essere pessimista in un paese dove il verbo al futuro non esiste?” (“La Sicilia come metafora”, Mondadori, 1979). In verità, l’assenza del futuro si registra in molti dialetti, meridionali e settentrionali, e perfino nell’italiano parlato. Ma non è questo il punto. Parafrasando Sciascia, come non essere pessimisti in un paese dove la maggioranza degli elettori, a dritta e a manca, si vanta di fottersene del passato?
(Mi.Ma)

Tre citazioni. La prima: “I professori universitari detengono un sapere senza pari […]. Con pochissime eccezioni, nessun romanziere, giornalista o professore delle scuole superiori, potrebbe reggere il contraddittorio con un professore universitario […]. L’esistenza dell’università è la prova imperitura della divisione gerarchica della società. Da quando gli uomini hanno iniziato ad associarsi e cooperare, sono nati il superiore e l’inferiore, dove il primo esercita il dominio sul secondo […]. (Alessandro Orsini, Il Messaggero, 7 febbraio 2020). La seconda: “Sono un insegnante elementare in un piccolo villaggio chiamato Trattenbach”, scrisse Ludwig Wittgenstein il 23 ottobre 1921 al suo maestro e amico Bertrand Russell. La terza: “Era come quel gallo che pensava che il sole sorgesse per ascoltarlo cantare” (George Eliot). A questo punto, la domanda è: secondo voi, chi è quel gallo tra il prof. Orsini e il geniale logico austriaco?
(Mi. Ma)

Torna su