I Fondi fanno i furbi con le commissioni di performance?
E’ il dubbio che ancora molti risparmiatori hanno. E ne hanno ben donde.
L’industria del risparmio italiana, soprattutto negli ultimi anni, ha fatto ampio utilizzo delle commissioni di performance, tanto che sono diventate una delle sue principali fonti di ricavo.
La tendenza è cresciuta negli ultimi anni nonostante la Consob, già nel 2015, avesse ammonito gli intermediari finanziari ad assumere delle regole di condotta per evitare conflitti di interesse.
Anche secondo la Consob, infatti, le commissioni di performance se applicate o calcolate in modo improprio possono dar luogo a comportamenti opportunistici a danno della clientela.
“Il problema fondamentale è che la commissione di performance è uno strumento quasi sempre asimmetrico”, ha scritto il Sole 24 Ore: “Quando le cose vanno bene guadagnano sia il risparmiatore che il gestore, ma quando vanno male a perdere è solo il risparmiatore. Questo meccanismo può indurre il gestore a comportamenti opportunistici non in linea con gli interessi del cliente, facendogli assumere rischi elevati e non in linea con il suo profilo: proprio in una logica “o la va o la spacca”, per conquistare le agognate performance fee. Tanto se poi le cose dovessero andare male il gestore non ci rimetterebbe un centesimo”.
Alcuni dati: il 45% dei risparmiatori italiani dichiara di non sapere quanto e come il proprio consulente sia remunerato e il 37% di coloro che ricevono consulenza finanziaria crede che il servizio sia gratuito.
“Questi dati sono lo specchio dello scarso livello di educazione finanziaria del Paese, ma di certo la complessità delle strutture di costo non facilita affatto l’investitore finale”, ha commentato Moneyfarm.
Per questo la Banca d’Italia ha stabilito dei limiti molto stringenti all’applicazione di queste commissioni. Ma la maggior parte delle case di gestione (italiane), anche le più importanti, aggira le regole costituendo fondi di diritto estero.
“I fondi hanno sede legale principalmente in Irlanda e Lussemburgo dove la legislazione, tra gli altri vantaggi, garantisce ampie libertà nello stabilire le modalità di calcolo delle commissioni di performance – commenta Moneyfarm – In questo modo diventa anche possibile prelevare le commissioni con cadenza trimestrale o mensile, aumentando la probabilità di ottenere con questi orizzonti una performance passibile di pagamento delle commissioni.
Conclusione: grazie a questo escamotage, in molti casi, vengono caricate sull’investitore delle commissioni eccessive. Con il risultato che l’investitore può ritrovarsi a pagare commissioni su rendimenti di fatto non realizzati o addirittura negativi.
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