Quando si parla di sfida per l’intelligenza artificiale (IA) si pensa subito alle due maggiori economie mondiali: Stati Uniti e Cina. In merito alla sua regolamentazione, invece, è l’Unione europea con l’AI Act in dirittura d’arrivo tra marzo e aprile a tenere banco. Ma allora perché il Ceo di OpenAI, Sam Altman, propone gli Emirati Arabi Uniti come sandbox normativa sull’IA a livello internazionale?
LA PROPOSTA DI ALTMAN
Altman, che ha in mano l’intelligenza artificiale come pochi altri, non ci dorme la notte. O almeno, così dice riferendosi al futuro dell’IA. Ciò che lo preoccupa, ha detto durante il World Government Summit di Dubai, non sono “i robot assassini che camminano per strada” ma “i sottili disallineamenti sociali causati da questi sistemi che potrebbero, senza particolari cattive intenzioni, creare effetti terribili”.
Per questo motivo ha ribadito la necessità di creare un organismo sul modello dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per supervisionare l’IA. Idea che aveva già lanciato nel tour mondiale, in cui era passato anche da Bruxelles.
“Siamo ancora in una fase di grande discussione. Tutti nel mondo stanno tenendo una conferenza. Tutti hanno un’idea, un documento politico, e questo va bene – ha detto Altman -. Penso che siamo ancora in una fase in cui il dibattito è necessario e salutare, ma a un certo punto, nei prossimi anni, credo che dovremo passare a un piano d’azione con un reale consenso a livello mondiale”.
E, secondo Altman, chi meglio degli Emirati Arabi potrebbe fungere da “sandbox normativo” a livello mondiale per testare le tecnologie di IA e in seguito guidare le regole globali che ne limitano l’uso? “Penso che, per una serie di ragioni, gli EAU sarebbero in grado di essere leader nelle discussioni su questo tema”, ha dichiarato.
MA PERCHÉ ALTMAN CORTEGGIA GLI EMIRATI ARABI?
Altman, che dall’ottobre 2023 ha già una partnership con G42 – società tecnologica con sede ad Abu Dhabi finita sotto la lente dell’intelligence Usa -, sta ora corteggiando gli investitori del Medio Oriente per il suo progetto di raccogliere la modica cifra di 7.000 miliardi di dollari per il suo nuovo progetto sui chip che ha l’obiettivo di far progredire l’IA creando una rete di fabbriche che produrranno semiconduttori, scrive Bloomberg.
G42, controllata dal consigliere per la sicurezza nazionale degli EAU, lo sceicco Tahnoon bin Zayed Al Nahyan, e il cui amministratore delegato Peng Xiao si è laureato alla George Washington University ma ha rinunciato alla cittadinanza americana per quella emiratina, ha sollevato i timori degli Stati Uniti per i suoi legami con Pechino. Ecco perché lunedì scorso Peng ha dichiarato che l’azienda avrebbe ridotto la sua presenza in Cina per soddisfare le richieste di Washington. La società emiratina, inoltre, ha stretto partnership anche con Microsoft e Cerebras Systems.
A gennaio, riferiva Reuters, i colloqui tra OpenAI e G42 si erano concentrati solo sulla raccolta di 8-10 miliardi di dollari, anche se lo stato attuale delle discussioni non è chiaro.
A CHE PUNTO È L’IA NEGLI EMIRATI ARABI
Proprio in occasione del World Government Summit di Dubai, l’Advanced Technology Research Council di Abu Dhabi ha presentato un programma da 500 milioni di dollari per accelerare la ricerca e lo sviluppo dell’IA e di altre tecnologie. La somma si divide in 200 milioni di dollari per fornire l’accesso a tecnologie all’avanguardia ai Paesi emergenti e in via di sviluppo e 300 milioni per la creazione della Falcon Foundation, un’organizzazione no-profit dedicata a promuovere lo sviluppo di modelli di IA generativa open source.
A proposito di modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), lo scorso maggio, gli EAU avevano lanciato Falcon che, secondo Business Wire, dominava la classifica dei modelli IA open source e solo tre mesi dopo, a fine agosto, era arrivato anche Jais di G42, definito dai suoi creatori “il software di intelligenza artificiale araba più avanzato al mondo”.
In termini di normativa, sebbene il Paese del Golfo abbia istituito ministero dedicato all’IA nel 2017 ed elaborato una strategia nazionale per il suo sviluppo, al momento non ha una regolamentazione.
Ma oltre al guadagno mondiale che ne trarrebbero se guidassero la rivoluzione dell’IA, secondo i calcoli di Pwc, al 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe dare un contributo di circa 96 miliardi di dollari, pari al 13,6% del Pil emiratino (prendendo come riferimento il Pil 2018). “Una performance – osserva Milano Finanza – che rende gli Emirati il Paese dell’area che può crescere di più grazie all’AI. Segue l’Arabia Saudita che, in termini assoluti, avrebbe un ritorno maggiore dall’AI – oltre 135 miliardi di dollari nelle stime di Pwc – ma che in relazione al Pil si colloca al secondo posto (12,4% del Pil 2018)”.
