Che la tv sia ancora il mezzo di informazione preferito dagli italiani non è una novità. Intere fortune politiche sono state costruite su questo assunto. Sorprende invece, sfogliando i risultati del paper elaborato da Marco Gambaro dell’Università Statale di Milano, Valentino Larcinese della London School of Economics, Riccardo Puglisi dell’Università di Pavia e Jim Snyder dell’Università di Harvard, che gli spettatori dei telegiornali tendano a cambiare canale più durante le soft news che durante le hard news. La ricerca ha preso in esame gli ascolti e gli abbandoni dei sei principali telegiornali serali, anche in funzione delle tipologie di notizie trasmesse.
COSA CERCANO GLI ITALIANI NEI TELEGIORNALI
Nei primi 5 minuti dei telegiornali le hard news (politica, economia, esteri) costituiscono oltre il 50% del mandato in onda, mentre le soft news (sport, intrattenimento, moda, celebrities) sono sotto il 10% all’inizio e crescono fino ad oltre il 50% verso la fine.
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Certo, bisognerebbe verificare se nell’ambito delle hard news, oltre a politica interna ed esteri ed economia ricadano anche i fatti di cronaca nera che, si sa, hanno un particolare ascendente sul grande pubblico. Motivo per il quale a questa tipologia di fatti venga dato ampio risalto nelle scalette dei Tg nonostante a ogni conferenza di Ferragosto dal Viminale si ripete che i crimini violenti sono in costante calo.
CHI GUARDA TUTTI I GIORNI IL TG?
Quel che è certo è che, spiegano gli autori del paper, “sia negli Stati Uniti sia in Italia si rileva una tendenza a sovrastimare i consumi di telegiornali. Confrontando i dati dell’Italian National Election Study con le rilevazioni Auditel emerge come l’80% degli italiani dichiarino di guardare un telegiornale tutti i giorni, mentre quelli che in un qualsiasi orario guardano almeno 5 minuti di telegiornale tutti i giorni sono meno del 3%”. Con la postilla necessaria volta a evidenziare che i dati degli ascolti, per quanto interessanti, non sono dei più freschi: sono gli Auditel che vanno dal gennaio 2009 al dicembre 2010 (ben più di un’era tecnologica fa), mentre le notizie trasmesse ogni sera dai telegiornali sono state codificate partendo dai dati dell’Osservatorio di Pavia.
IDENTIKIT DELLO SPETTATORE DEI TELEGIORNALI
Senza troppe sorprese, il consumo televisivo è strettamente connesso a variabili demografiche quali età, istruzione e sesso. Tuttavia si ribalta l’ottica classica: emerge per esempio che le persone più giovani e più istruite guardano meno televisione, chiaro indizio che si informino altrove. “Un fatto comunemente accettato dalle analisi politiche – sottolineano gli studiosi – è che le persone più istruite e più ricche siano più informate ma dall’analisi risulta che le persone meno istruite seguono più informazione giornalistica delle più colte e anche più minuti giornalieri di hard news. Nel modello econometrico centrale del paper la decisione di cambiare canale viene messa in relazione con il fatto che in quel minuto sia tramesso una notizia hard, soft o “sensazionale”.
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“Le stesse variabili – spiegano sempre gli analisti del paper – consentono di prevedere il consumo di notizie, che vanno da 16 minuti al giorno per chi è laureato a 34 minuti per chi ha la licenza elementare, oppure da 39 minuti per i 70enni a 12 minuti per i 30enni. La quota di tempo dedicato alle news rispetto al totale dell’ascolto televisivo è di circa il 10-11% ed è costante tra i vari sottogruppi demografici eccetto che per l’età dove scende al calare dell’età”.
Numeri e dati che saranno quasi certamente utilizzati dai direttori dei Tg – ma anche delle varie reti – per provare a prevedere il momento in cui i telespettatori cambieranno canale così da apportare quei cambiamenti necessari a ritardare il fatidico atto dello zapping, ma che sarebbero più utilmente sfruttati per stravolgere integralmente le scalette di ciascun telegiornale e intercettare un maggior numero di giovani e laureati. Un pubblico che si tiene ben distante dal telecomando se non per accedere a film e serie in streaming.