Ci siamo svegliati e, ad un tratto, non c’era più. Il metaverso, l’hype che negli ultimi anni aveva monopolizzato le discussioni (e gli investimenti) di un numero imprecisato di esperti e sedicenti tali, era evaporato in un nulla. Ma cosa è successo, effettivamente? Perché una tecnologia che ha attirato così tanta attenzione quasi all’improvviso viene “oscurata” e posta ai margini dei piani di innovazione delle aziende? Partiamo dall’inizio.
Un definizione univoca di metaverso è ancora mancante: se ne contano pressoché infinite, proprio perché l’ambiente e il sottostante modello di funzionamento sociale e di business sono in fieri, in via di definizione. Abbiamo dunque provato a riassumere e semplificare numerose caratteristiche che lo distinguono in una definizione il più possibile semplice e lineare: il metaverso è un ecosistema tridimensionale persistente e immersivo, guidato dalla comunità e dotato di un’economia propria che replica la realtà.
DALLA FANTASCIENZA ALLA REALTÀ
Ma come funziona il metaverso? O dovremmo parlare al plurale di metaversi, visti i numerosi nomi che circolano? Qualunque esso sia e indipendentemente dalle caratteristiche peculiari che lo differenziano dagli altri, è a tutti gli effetti un luogo digitale dove un’impersonificazione di noi (Avatar) può muoversi liberamente, relazionarsi e interagire con altre persone o agenti sintetici (Dobot, digital robot), acquistare beni e/o servizi, vivere esperienze immersive.
Il metaverso è un sistema persistente: il mondo virtuale o l’ambiente digitale rimane costantemente accessibile e in evoluzione anche quando un utente si disconnette o chiude la sessione. Questa persistenza contribuisce a creare un senso di continuità e storia nell’ambiente virtuale, permettendo agli utenti di costruire, condividere e collaborare nel tempo.
È inoltre un luogo sincrono e in tempo reale, ossia tutto accade nello stesso momento in cui diamo il comando e l’azione viene percepita dagli altri nel medesimo istante. Non ha limitazioni di partecipazione, permettendo a chiunque di costruire a suo piacimento una propria immagine di sé, anche lontana dalla realtà sensibile. L’anonimato che ancora protegge i profili, se da una parte vuole garantire la riservatezza, ha da sempre favorito online comportamenti non corretti che tendono ad allontanare le persone. Privacy vs sicurezza, una sfida ancora irrisolta.
Il metaverso è dotato di una propria economia che permette di acquistare beni e servizi, sia fruibili nello stesso metaverso che nell’economia reale. L’economia può basarsi su una moneta esistente, virtuale (come Ethereum) o fisica (come dollari o euro), o crearne una propria, con un proprio tasso di cambio, basata su Blockchain. La volatilità delle valute digitali è stato sicuramente uno degli elementi di maggiore incertezza che hanno influenzato il giudizio sulle attuali piattaforme di metaverso esistenti.
A differenza di tanti proclami e manifesti, però, il metaverso non è un luogo totalmente indipendente: sebbene alcune piattaforme promuovano la partecipazione e la decentralizzazione delle decisioni e del controllo, a tutti gli effetti ad oggi chi ha creato il luogo detta le regole. Questo accade perché non vi è ancora interoperabilità tra i metaversi: i dati e le informazioni non circolano tra le differenti piattaforme. Sono mondi chiusi che richiedono singole iscrizioni e non permettono di usare beni o servizi al di fuori del luogo di acquisto. Una diseconomia estremamente limitante.
Ulteriore ostacolo è la complessità di accesso e di utilizzo: la necessità di avere un cryptowallet (portafogli di moneta digitale) per accedere ad alcuni metaversi come Decentraland, la macchinosità di registrazione e di configurazione, le limitazioni tecnologiche dovute alle capacità di calcolo del proprio computer ricordano da vicino le difficoltà incontrate dai primi navigatori di internet del 1995. Sono tutte barriere che, allora come oggi, per lungo tempo hanno impedito la diffusione su larga scala della tecnologia abilitante. Fino a quando l’accesso non è stato semplificato ed è diventato ubiquitous. E così accadrà per il metaverso. Una soluzione potrebbero essere i visori tridimensionali, che permettono un grado di immersione e partecipazione particolarmente coinvolgente. Purtroppo gli alti costi e le limitazioni tecniche, oltre che spiacevoli sensazioni di motion sickness, non ne hanno ancora permesso il decollo ma rappresentano sicuramente la chiave di volta per incrementare la partecipazione.
DALLA CORSA ALL’ORO ALLA BOLLA SPECULATIVA
Più complicato parlare invece del numero di frequentatori. Sono poche migliaia o centinaia di milioni? Dipende solo se consideriamo metaversi (o proto-metaversi) piattaforme di gioco come Roblox, allora parliamo numeri importanti. Metaversed parla di 400 milioni di utenti attivi ogni mese. Se escludiamo le piattaforme di gioco, i numeri si riducono drasticamente. Ma perché non dovremmo considerare Roblox, MInecraft o Fortnite come metaversi?
A tutti gli effetti i loro partecipanti le frequentano non solo per scopi ludici ma anche per incontrarsi e relazionarsi con i propri coetanei (si parla del 50% dei frequentatori); l’economia generata non solo dall’acquisto di elementi di gioco ma anche di vestiario e accessori per il proprio avatar fa impallidire (oltre 6 miliardi di dollari per Fortnite). E questi mondi, con le loro peculiarità di coinvolgimento, stanno cambiando per sempre le modalità di creare entertainment. I quindicenni di oggi sono i trentenni di domani.
Non di soli numeri però vivono i metaversi: vi sono anche esempi di ambienti dedicati alle aziende, luoghi dove i gemelli digitali di linee di produzione, ad esempio, sono messi a disposizione dei clienti per poter sperimentare in sicurezza e impararne l’utilizzo o semplicemente per gestire in maniera innovativa il contatto con il cliente.
Il mercato digitale necessita di una costante auto alimentazione per poter continuare a promettere crescite esponenziali ai propri investitori. Il metaverso, sebbene ancora acerbo e ai primordi, sembrava perfetto per indirizzare investimenti e attrarre capitali. Sicché, facendo leva sulle precedenti occasioni perse degli albori di Internet, sul clamore che eventi prettamente mediatici avevano riscosso – uno su tutti l’evento concerto di Travis Scott nel 2020 che ha attratto oltre 27 milioni di spettatori su Fortnite – e sullo spirito di emulazione dei brand (e delle celebrità) nei confronti dei propri competitor, ecco che grandi imprese si sono precipitate a creare la propria presenza, con il solo obiettivo di fare notizia.
È un modello di business sostenibile? Ovviamente no. E unitamente agli ostacoli visti in precedenza, e all’arrivo della next big thing (l’AI generativa) non potevano che sgonfiare la bolla e farne diminuire drasticamente l’interesse. Questa evoluzione non vi ricorda qualcosa? Era marzo 2001 e i titoli tecnologici del Nasdaq crollarono. Le cassandre finalmente potevano gongolare: la free economy era fallita. Ma è poi andata così?
IL METAVERSO TRA PRESENTE E FUTURO
Da un punto di vista prettamente antropologico l’essere umano vive in un mondo tridimensionale. L’evoluzione di Internet in un metaverso immersivo e 3D è una naturale evoluzione tecnologica. La direzione è tracciata.
Di fronte a questa nuova rivoluzione, abbiamo l’opportunità di non ripetere gli stessi errori del passato, lasciando in mano a pochi soggetti giuridici la creazione, definizione e conduzione di un mercato basato sullo scambio di dati in maniera oggettivamente surrettizia, benché formalmente legale. E da una totale assenza del legislatore che ha permesso distorsioni di mercato macroscopiche e limitazioni conclamate allo sviluppo.
E dunque? Che fare? Attendere tempi migliori? Rimanere alla finestra? Se credete che Internet sia ormai parte integrante dell’infrastruttura antropologica umana e date credito all’ipotesi della sua evoluzione in un ambiente 3D come è il metaverso, allora si tratta di attendere che siano risolti gli ostacoli tecnici per iniziare a sperimentare seriamente. A meno che non lavoriate per un brand consumer: che il vostro target siano i teen o i trentenni conviene iniziare a comprendere i meccanismi sociali che stanno plasmando le nuove generazioni.