Sarah Wynn-Williams, ex direttrice della politica pubblica globale di Facebook dal 2011 al 2017, già autrice di un libro intitolato “Careless People”, in cui criticava le pratiche aziendali di Meta, torna ad arrecare danno e imbarazzo a Menlo Park.
Questa volta non in libreria bensì nel corso di una testimonianza davanti alla sottocommissione del Senato sulla criminalità e il terrorismo. L’ex manager di Meta ha affermato di aver assistito a pratiche interne “pericolose” e “illecite” che per di più riguarderebbero la Cina. Accuse che farebbero già suonare tutti i campanelli d’allarme alla Casa Bianca in tempi normali, figurarsi con Donald Trump nello Studio ovale.
SCAMBI DI INFORMAZIONI SULL’AI TRA META E LA CINA?
Secondo Wynn-Williams, che non ha usato giri di parole, l’azienda prima nota come Facebook, oggi Meta, avrebbe collaborato direttamente con il Partito Comunista Cinese per “minare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e tradire i valori americani”, ha affermato. “Il trucco più grande che Mark Zuckerberg abbia mai fatto è stato avvolgersi nella bandiera americana, definirsi un patriota e dire di non offrire servizi in Cina, mentre negli ultimi dieci anni ha costruito lì un business da 18 miliardi di dollari”, ha detto Wynn-Williams rendendo la propria testimonianza davanti al Senato. “E continua ad avvolgersi nella bandiera mentre ci addentriamo nella prossima era dell’intelligenza artificiale”, ha aggiunto.
After yesterday’s shocking revelations, it’s time for Mark Zuckerberg to come to Capitol Hill, take an oath, and answer to America for how he has sold out our country’s security for China profits pic.twitter.com/AWUib4bI9s
— Josh Hawley (@HawleyMO) April 10, 2025
E proprio con riferimento agli ultimi ritrovati tecnologici, secondo quanto ha raccontato la gola profonda di Facebook, Meta avrebbe contribuito agli interessi tecnologici della Cina trasmettendo dati e collaborando segretamente con il governo cinese. La Big Tech guidata e fondata da Mark Zuckerberg avrebbe informato il Partito comunista cinese sugli avanzamenti raggiunti nel campo dell’Intelligenza artificiale da parte degli Stati Uniti con “l’obiettivo esplicito” di “aiutare la Cina a superare la concorrenza delle aziende americane”. Anche in campo bellico date le possibili declinazioni in tal senso delle nuove tecnologie.
DA FB AIUTI PER SCOVARE I DISSIDENTI?
Sarebbe anche emerso che il team al lavoro su Facebook avrebbe realizzato uno strumento per esaminare i post che superassero le 10mila visualizzazioni sia in Cina sia a Hong Kong e Taiwan. L’area geografica mirerebbe a supporre che l’algoritmo servisse, come testimoniato dalla gola profonda di Menlo Park, a monitorare i contenuti maggiormente virulenti in zone politicamente calde della regione. Wynn-Williams ha inoltre affermato che Facebook avrebbe cancellato l’account di un dissidente cinese residente negli Stati Uniti, sempre su richiesta di Pechino.
And here you have it, straight from a former Facebook employee . . .
Meta was willing to store data in China & give the Chinese government access to it
To hell with Americans’ user data and personal information
It’s always been profit & power for Meta pic.twitter.com/zgd4f3LQ7a
— Josh Hawley (@HawleyMO) April 9, 2025
“Sembra che Facebook” – lo si evincerebbe da alcune mail interne – “sia stato disposto a fornire i dati degli utenti di Hong Kong al governo cinese in un momento in cui i manifestanti pro-democrazia si opponevano alla repressione di Pechino”, ha dichiarato il senatore Richard Blumenthal, chiedendo poi a Wynn-Williams se ciò fosse vero e ottenendo in cambio una risposta affermativa. Sempre Blumenthal ha sottolineato che Zuckerberg avesse precedentemente negato sotto giuramento che Facebook avesse sviluppato strumenti di censura per entrare nel mercato cinese.
WATCH: Chairman Hawley Hosts Facebook Whistleblower, Exposes Meta’s Stunning Complicity with China pic.twitter.com/18iMAoBLDE
— Senator Hawley Press Office (@SenHawleyPress) April 10, 2025
Meta avrebbe anche posto in essere violazioni della riservatezza dei dati avendo dato la propria disponibilità a fornire a Pechino le informazioni personali degli utenti cinesi e di Hong Kong. A tal scopo avrebbe progettato l’installazione di propri server in Cina così da consentire alle autorità locali un facile accesso a tutte le informazioni stoccate su tali server. Inoltre Wynn-Williams ipotizza che se Meta dovesse mai condividere i dati degli utenti cinesi con il governo di Pechino, da un punto di vista tecnologico, non ci sarebbe un modo per evitare di condividere anche informazioni di utenti americani che hanno interagito con utenti cinesi.
LA REPLICA DI META
“La testimonianza di Sarah Wynn-Williams è lontana dalla realtà e piena di false affermazioni”, ha detto Ryan Daniels, portavoce di Meta, in una dichiarazione alla nota rivista statunitense di settore TechCrunch. “Mentre Mark Zuckerberg stesso ha pubblicamente dichiarato il nostro interesse a offrire i nostri servizi in Cina e i dettagli sono stati ampiamente divulgati a partire da oltre un decennio fa, il fatto è questo: oggi non forniamo i nostri servizi in Cina”.
A RISCHIO I RAPPORTI TRA DONALD E MARK?
Nell’ultimissimo periodo Mark Zuckerberg ha operato una vera e propria rivoluzione aziendale pur di compiacere il nuovo inquilino della Casa Bianca, cestinando frettolosamente i programmi DEI (Diversity, Equity & Inclusion) e di fact checking e, soprattutto, prendendo a bordo nel consiglio di amministrazione Dana White, Ceo dei tornei Ultimate Fighting Championship ma soprattutto sostenitore e amico del tycoon tornato presidente. Sempre nelle ultime ore Meta ha accolto nel proprio board Dina Powell McCormick, membro della prima amministrazione del presidente Donald Trump.
What our investigation has revealed – Facebook and Mark Zuckerberg did business with the Chinese Communist Party, built censorship tools for them, and turned over user data – and lied about it to Congress & the American people. Now it’s time for consequences pic.twitter.com/cJwAYJ2sgj
— Josh Hawley (@HawleyMO) April 10, 2025
Una strategia che secondo molti osservatori permetterà a Menlo Park di fare pressioni sulla Casa Bianca perché si muova nei confronti dell’Europa che con le sue ultime normative (dal Dsa al Dma passando per la Gdpr) secondo la Big Tech statunitense frenerebbe il progresso tecnologico. La testimonianza di Sarah Wynn-Williams, però, rischia di vanificare tutto il lavoro di Zuckerberg, allontanandolo nuovamente da Trump. Ma potrebbe essere solo l’inizio dato che le accuse sono pesanti e infamanti e rischiano di fare il vuoto attorno a Meta. Lo stesso presidente della sub-Commissione, il senatore repubblicano Josh Hawley, ha già fatto capire coi suoi numerosi post su X di sospettare dell’azienda dicendo di non vedere l’ora di avere la possibilità di ascoltare lo stesso Zuckerberg, vincolandolo al giuramento.
Inoltre, sebbene scollegato dal tema dei rapporti tra Meta e la Cina, rispondendo a una domanda della senatrice Marsha Blackburn, Wynn-Williams ha ammesso che Meta (allora nota come Facebook) aveva indirizzato annunci pubblicitari ai ragazzi tra i 13 e i 17 anni quando si sentivano giù o depressi. Un tema solo in apparenza di minor importanza visto che riguarda milioni di giovani americani. Una accusa insomma che rischia di incrinare ulteriormente i rapporti tra Meta e la politica statunitense. La domanda che ha iniziato a rimbalzare nella commissione è: ci si può fidare di Meta?