In Italia si è fatto un gran parlare degli occhiali smart di Meta, finora per lo più ignorati dalla stampa generalista, quando l’ex collaboratrice dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano li ha portati nel cuore dei Palazzi del potere, sfruttandone l’alta tecnologia per riprendere di nascosto luoghi altrimenti inaccessibili. Ma in realtà sono altri i temi – e le polemiche – a livello mondiale che nelle ultime ore hanno riguardato gli occhiali di Meta che, lo sappiamo, è pronta a scommettere sempre più miliardi in questo genere di device: l’azienda ha infatti ammesso che tutto ciò che finisce nel loro cono visivo viene usato dall’Intelligenza artificiale collegata in cloud.
CHE COMBINA META CON LE IMMAGINI CATTURATE DAGLI OCCHIALI?
Secondo quanto dichiarato a Techcrunch da Emil Vazquez, responsabile della comunicazione per le politiche di Meta, “nelle località dove l’Intelligenza artificiale multimodale è disponibile, le immagini e i video condivisi con Meta AI possono essere utilizzati per migliorarla, come previsto dalla nostra Politica sulla Privacy”.
Una frase un po’ criptica che dovrebbe voler dire che ogni volta che un utente chiede all’Intelligenza artificiale di Meta di analizzare un’immagine o un video catturato con gli occhiali Ray-Ban, quel contenuto può potenzialmente essere utilizzato per addestrare futuri LLM. Del resto, ormai dovremmo saperlo, queste Ia funzionano proprio così così, facendo tesoro di ogni esperienza.
Un funzionamento che per ora si era limitato ad attività di scraping su Internet, ponendo già seri dubbi circa i diritti di terzi – dal diritto d’autore alla privacy – e che ora raggiunge il piano fisico proprio per mezzo degli occhiali di Meta animati dall’Intelligenza artificiale. Inutile dire, infatti, che nel mondo di tutti i giorni sono numerosissimi i dati attinenti alla sfera personale dell’individuo che non possono essere dati in pasto alle Ia senza il consenso dell’avente diritto.
DOVE VENGONO USATI GLI OCCHIALI CON INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI META?
Per ora gli utenti europei possono tirare il proverbiale sospiro di sollievo: il progetto pilota dell’Intelligenza artificiale multimodale è disponibile attualmente solo negli occhiali che Meta vende negli Stati Uniti e in Canada.
LI VEDREMO MAI IN EUROPA?
Con queste premesse, peraltro, difficile che Menlo Park, già attenzionata dall’autorità europea che sovrintende il diritto alla privacy, riesca a trovare la quadra col legislatore del Vecchio continente.
Potrebbe dunque ripetersi la medesima situazione vista sui social, dove Meta, benché contrariata, alla fine ha fatto sapere che non darà in pasto al proprio assistente virtuale Meta AI i contenuti che gli utenti europei e britannici producono su Facebook e Instagram.
IL PRECEDENTE SU META AI
In quella occasione, in un post, Meta aveva dichiarato che la Commissione irlandese per la protezione dei dati (DPC) che sovrintende il tema per i 27 della Ue le aveva chiesto ritardare l’addestramento dei suoi modelli linguistici di grandi dimensioni ottenuto sfruttando i contenuti pubblici dei profili di Facebook e Instagram.
Meta si era detta “delusa” dalla richiesta, “soprattutto perché – la replica della compagnia statunitense – abbiamo incorporato il feedback del regolatore e le [Autorità per la protezione dei dati] europee sono state informate fin da marzo”. Nell’ultimo periodo Meta aveva iniziato a notificare agli utenti europei che avrebbe raccolto i loro dati offrendo in cambio un’opzione di opt-out nel tentativo di rispettare le leggi europee sulla privacy.
“Senza includere le informazioni locali saremmo in grado di offrire alle persone solo un’esperienza di secondo livello. Questo significa che al momento non siamo in grado di lanciare Meta AI in Europa”, la risposta di Menlo Park. Ma l’aspetto più curioso era stato che la replica, in modo inconsueto, aveva incluso una giustificazione che tirava in ballo le rivali: “Stiamo seguendo l’esempio di altri, tra cui Google e OpenAI, che hanno già utilizzato i dati degli europei per addestrare l’intelligenza artificiale.” Insomma, in modo nemmeno troppo velato il Gruppo di Menlo Park aveva lasciato intendere che nel Vecchio continente ci sarebbero trattamenti di favore.
LA RISPOSTA DELL’AUTORITÀ IRLANDESE
“Il DPC accoglie con favore la decisione di Meta di sospendere il progetto di addestrare il suo modello linguistico di grandi dimensioni utilizzando contenuti pubblici condivisi da adulti su Facebook e Instagram in tutta l’UE/SEE”, scriveva sul proprio sito la DPC.
L’intervento della Commissione irlandese per la protezione dei dati aveva fatto seguito alle decine di denunce che la Ong NOYB – None of Your Business di Max Schrems, ha presentato in tutto il Vecchio continente.
Proprio il founder in merito aveva dichiarato: “Meta sta sostanzialmente dicendo che può utilizzare qualsiasi dato proveniente da qualsiasi fonte per qualsiasi scopo e renderlo disponibile a chiunque nel mondo, purché sia fatto tramite la tecnologia AI. Questo è chiaramente l’opposto all’essere conformi al GDPR”. Finché la linea in Europa resterà questa, difficilmente Meta avrà margini di manovra per usare l’Intelligenza artificiale negli occhiali commercializzati nel Vecchio continente.
PROBLEMI ANCHE NEGLI USA?
Ma gli occhiali troppo intelligenti di Meta potrebbero esporre a insidie legali il colosso guidato da Mark Zuckerberg anche in casa propria. Menlo Park ha recentemente dovuto metter mano al portafogli, pagando ben 1,4 miliardi di dollari allo stato del Texas, per risolvere una causa legale relativa all’uso del riconoscimento facciale da parte dell’azienda.