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Google monopolista nella pubblicità online, cosa succede ora?

Dopo la sentenza che ha stabilito il suo monopolio nel mercato della ricerca online, arriva un altro verdetto che afferma che Google detiene illegalmente anche il monopolio della pubblicità online. Fatti, numeri e commenti

 

Mentre Mark Zuckerberg è alla sbarra e si gioca il futuro di Instagram e WhatsApp, un altro gigante del tech viene colpito. Una corte federale americana infatti ha condannato Google per la violazione delle leggi antitrust nell’ambito della pubblicità online.

È già la seconda sentenza di questo tipo in pochi mesi per la società, che la scorsa estate era stata punita per il suo ruolo nel mercato dei motori di ricerca.

L’ACCUSA DI MONOPOLIO NELLA PUBBLICITÀ ONLINE

Google domina illegalmente due parti importanti della filiera degli annunci online (gli ad server e gli ad exchange), che contribuiscono a determinare quali annunci appaiono su quali siti web e, dunque, il loro posizionamento online.

A stabilirlo ieri è stata la giudice Leonie Brinkema, la quale nella sentenza di 115 pagine ha affermato: “Google ha deliberatamente intrapreso una serie di azioni anticoncorrenziali per acquisire e mantenere un potere monopolistico nei mercati dei server pubblicitari”.

Il dipartimento di Giustizia, tuttavia, non ha ottenuto tutto quello che voleva. Brinkema ha infatti spiegato che gli avvocati non sono riusciti a dimostrare che Google detiene un monopolio nelle reti di inserzionisti (ad networks), ma la sentenza mette comunque una grossa ipoteca sul caso dell’azienda.

Ora il giudice valuterà che tipo di sanzioni o rimedi imporre.

POSSIBILI CONSEGUENZE

Mountain View ha dichiarato che ricorrerà in appello, ma la decisione potrebbe costringere l’azienda a scorporare parti della sua attività pubblicitaria. La causa intentata dalle autorità statunitensi prevede infatti la possibilità di ordinare a Google la cessione di alcune attività acquisite nel tempo nell’ambito della pubblicità digitale.

Inoltre, avrebbe implicazioni di vasta portata su chi trae profitto dalla navigazione sul web.

IL PRECEDENTE

Questa è la seconda sentenza del tribunale che afferma che Google detiene un monopolio illegale, dopo un caso simile sulla ricerca online. Lo scorso agosto un altro giudice federale aveva stabilito che l’azienda deteneva il monopolio della ricerca online con Google Chrome e sta valutando la richiesta del dipartimento di Giustizia di imporre la vendita del motore di ricerca in un nuovo procedimento di tre settimane che inizierà lunedì prossimo.

Inoltre, è possibile che Google sia costretta a rinunciare ai suoi lucrosi accordi di partnership di ricerca con produttori di dispositivi come Apple.

L’IMPATTO SU PROFITTI E STRATEGIA

L’ultima sentenza rappresenta un bel problema per la fetta dell’impero di Google, pari a 31 miliardi di dollari, che si occupa di mettere in contatto gli inserzionisti con gli editori. Big G, dal canto suo, sostiene che la cessione danneggerebbe gli editori, perché li costringerebbe ad acquistare annunci attraverso reti rivali più costose.

Secondo Axios, costringere Google a cedere il suo ramo di tecnologia pubblicitaria “sarebbe punitivo, ma non cambierebbe radicalmente l’attività di Google”.

“L’azienda – osserva la testata americana – continua a guadagnare montagne di soldi vendendo annunci pubblicitari accanto ai propri video di YouTube e ai risultati di ricerca. Ma una cessione forzata avrebbe quasi certamente un impatto sul fatturato di Google tale da costringerla a ricalibrare la spesa su nuove aree di investimento, come le attività di IA e cloud. Google si affida in gran parte alle entrate pubblicitarie per alimentare le sue nuove scommesse”.

UN ANNO IN BILICO E DI CAMBIAMENTO

Anche per Damian Rollison, direttore del settore market insights di SOCi, il marketing insight alimentato dall’intelligenza artificiale, Google, dopo essere stato recentemente vittima di numerose sentenze, è sul punto di cambiare radicalmente: “Quest’anno sarà un anno in cui il destino di Google sarà in bilico. L’azienda rischia di perdere molto di più in termini materiali se la sua attività pubblicitaria, da tempo la sua principale fonte di reddito, viene smembrata, mentre divisioni come Chrome sono più importanti dal punto di vista strategico”.

Inoltre, ricorda Quartz, Google non ha solo problemi negli Stati Uniti. Anche la FTC in Giappone recentemente le ha inviato un ordine di cessazione delle attività dopo aver giudicato monopolistiche le sue pratiche di ricerca.

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