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Girotondo muskiano intorno a padre Benanti su X

Padre Benanti, presidente della Commissione governativa AI per l’informazione nonché consigliere di Papa Francesco su IA ed etica della tecnologia, non le ha mandate a dire a Musk riguardo al suo strapotere (populista) in quanto proprietario di X. E il dibattito si è infiammato. Ecco le reazioni di Quattrociocchi, Nardone, Puglisi e Stroppa

 

Sulle pagine del Corriere della Sera, padre Paolo Benanti, voce di Papa Francesco su intelligenza artificiale (IA) ed etica della tecnologia, oltre che presidente della Commissione governativa AI per l’informazione, insieme al filosofo Sebastiano Maffettone ha scritto di come Elon Musk, con il controllo di X, è riuscito a influenzare il voto delle ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, facilitando la vittoria di Donald Trump che gli ha subito riservato un posto nella prossima amministrazione.

Le reazioni non si sono fatte attendere. A cominciare da quella di Andrea Stroppa, colui che, come ha scritto pochi giorni fa Il Foglio, viene considerato da tutti i giornali “l’uomo di Musk in Italia”, ma anche “la persona accusata dalla procura di Roma d’aver ricevuto da un ufficiale dello stato maggiore un documento riservato del nostro ministero degli Esteri” e “il ragazzo che ha portato da Giorgia Meloni l’inventore della Tesla”.

COSA HA DETTO PADRE BENANTI SU MUSK

Padre Benanti, sintetizzando quanto scritto sul Corriere della sera, su X ha scritto: “Elon Musk con il controllo di X, una delle principali piattaforme di comunicazione globale, ha la capacità di influenzare direttamente l’opinione pubblica e il discorso politico. Musk ha stretto un’alleanza con Trump, sostenendolo apertamente durante le elezioni presidenziali. Questa collaborazione tra un magnate tecnologico come Musk e un leader populista come Trump rappresenta una fusione tra capitale tecnologico e potere politico. Insieme, promuovono una visione del mondo in cui la democrazia rappresentativa è vista come obsoleta, sostituita da un sistema in cui pochi individui ricchi e potenti (gli oligarchi) detengono il controllo decisionale”.

LA RISPOSTA DI STROPPA

Sempre su X Stroppa non ha perso tempo e rispondendo a padre Benanti ha scritto:

IL DISACCORDO DI NARDONE

Con toni meno aggressivi ma comunque in disaccordo si è espresso anche Alessandro Nardone, scrittore, consulente di marketing strategico e “il maggiore conoscitore di Donald Trump”, come ama autodefinirsi, dopo che nel 2016 si è candidato alle presidenziali Usa sotto mentite spoglie per entrare nel nascente mondo Maga (Make America Great Again).

In quanto adoratore di Trump da sempre, certo non stupisce. È un fan anche di Elon Musk, del quale a fine ottobre diceva che ha contato “molto” in queste elezioni “perché ha messo sul tavolo della campagna elettorale un tema fondamentale: la libertà di opinione”.

“Musk ha speso 40 miliardi per rilevare Twitter, o X, proprio per difendere questo diritto, che è il fondamento di tutti gli altri”, dichiarava Nardone, il quale, dicendo che Hillary Clinton ha affermato “che vorrebbe mettere in galera chi pubblica post contenenti disinformazione”, si chiede “chi decide cosa è disinformazione e cosa è semplicemente una libera opinione?”.

Padre Benanti, invece, cita uno studio pubblicato dalla Queensland University of Technology (QUT) che ha scoperto che i post di Musk erano improvvisamente molto più popolari – 138% in più di visualizzazioni e 238% in più di retweet – a partire dalla sua ‘discesa in campo’ al fianco di Trump.

LA REAZIONE DI PUGLISI

A loro si unisce anche Riccardo Puglisi, economista specializzato in economia dei media e docente di Scienza delle finanze all’università di Pavia, che rispondendo al tweet di padre Benanti chiede, maliziosamente:

GLI STUDI DI QUATTROCIOCCHI E DI PADRE BENANTI

Infine, Walter Quattrociocchi, responsabile del Center of Data Science dell’Università La Sapienza, ha condiviso il suo disappunto con padre Benanti su X postando uno studio, pubblicato su Nature, in cui si afferma che “Gli intellettuali pubblici e i giornalisti fanno spesso affermazioni generiche sugli effetti dell’esposizione a contenuti falsi online che non sono coerenti con gran parte delle prove empiriche attuali”.

Qui il botta e risposta ha avuto seguito e padre Benanti – sottolineando di tenere in considerazione “Tutta tutta la letteratura però…” – ha replicato con un paper di Social Competitive Studies Project, contestato tuttavia da Quattrociocchi, il quale ha scritto: “Saper riconoscere la solidità degli studi è cosa difficile temo. Richiede anni di lavoro nella produzione di lavori. Non si può fare cherry picking mettendo un report contro un Nature. Sono proprio le basi. Lei su cosa pubblica scientificamente e su quali argomenti?”.

IL VATICANO STRIZZA L’OCCHIO A ZUCKERBERG?

Altro social, stessa cricca di “oligarchi”. Anche in Vaticano, a tratti, sembrano avere una visione diversa da quella di padre Benanti. In un articolo pubblicato lo scorso novembre sulla rivista La Civiltà cattolica, Paul A. Soukup S.I., in occasione del ventesimo compleanno di Facebook, elogia il social di Mark Zuckerberg in quanto capace di connettere le persone e lo definisce “uno specchio che riflette chi siamo, con tutta la nostra complessità, meraviglia e persino con la nostra peccaminosità”.

Papa Francesco, però, pur essendo il primo pontefice ad aver aperto un account su X (quando ancora era Twitter), non perde occasione per ricordare i lati negativi dei social come la disinformazione, la violenza delle parole e l’impatto che hanno sui giovani.

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