Skip to content

tim agcom

Ecco come i paesi Ue si dividono nella battaglia delle telco per la tassa sulle big tech

Gli operatori europei delle telecomunicazioni chiedono all'Ue un "accordo equo" per costringere le piattaforme statunitensi a partecipare ai costi di realizzazione delle reti. La maggior parte dei Paesi – scrive El Pais – si oppone alla tassa sulle reti, mentre la Spagna è favorevole

Hanno bisogno l’uno dell’altro perché i loro affari dipendono l’uno dall’altro.

Ma allo stesso tempo sono acerrimi nemici, come due vecchi vicini che condividono il confine delle loro proprietà. La guerra tra le Big Telcos – le società di telecomunicazioni europee – e le Big Tech – le piattaforme di contenuti statunitensi – si sta intensificando e siamo alle soglie della grande battaglia finale, scrive El Pais. Telefónica, Vodafone, Orange e Deutsche Telekom contro Google, Netflix, Facebook e Amazon, per citare le più grandi. I primi forniscono le reti affinché i secondi possano distribuire le loro serie televisive, applicazioni o servizi online. Le telecomunicazioni lamentano gli alti costi di posa di queste reti in fibra o di telefonia mobile 5G, di cui le piattaforme beneficiano perché permettono loro di offrire più gigabyte di contenuti e a una velocità maggiore a costo zero. “Che Google e Netflix paghino!” è lo slogan ripetuto in molti discorsi dai dirigenti delle compagnie telefoniche. Non è una novità. Lo gridano alle autorità di regolamentazione europee da oltre un decennio. Ma questa volta sembra che non rimarrà un grido nel deserto.

La Commissione europea ha appena chiuso la consultazione pubblica che include una proposta secondo cui le grandi aziende tecnologiche dovrebbero contribuire ai costi delle infrastrutture nella misura in cui generano traffico sulle reti. L’iniziativa, ufficialmente denominata “Il futuro del settore delle comunicazioni elettroniche e delle sue infrastrutture”, è diventata popolarmente nota come iniziativa “fair share”, un riferimento alle richieste delle società di telecomunicazioni.

Il commissario per il Mercato interno Thierry Breton si è dimostrato ricettivo nei confronti della proposta delle telco: “Internet ad alta velocità richiede grandi investimenti. Per questo motivo, oltre a facilitare l’installazione della rete nel breve termine, stiamo esplorando l’importante questione di chi dovrebbe pagare per la prossima generazione di infrastrutture di connettività”, ha dichiarato il commissario, che in passato è stato a capo di France Telecom (ora Orange) e conosce bene i problemi degli operatori.

La consultazione presenta diversi aspetti ancora da chiarire, come la definizione della soglia per qualificare un’azienda tecnologica come “grande generatore di traffico”, categoria che a priori includerebbe Google, Apple e Microsoft e piattaforme di streaming come Netflix, Amazon Prime e YouTube. Circa la metà del traffico dati che attraversa le reti proviene da questi giganti. L’altra questione fondamentale è il metodo di contribuzione: mentre alcuni Stati membri sono favorevoli alla creazione di un fondo digitale – a livello europeo o nazionale – altri preferiscono un pagamento diretto agli operatori di telecomunicazioni basato sul traffico consumato. L’industria delle telecomunicazioni ha stabilito che le aziende tecnologiche devono pagare se rappresentano più del 5% del traffico internet totale.

Per il momento, il Parlamento europeo ha approvato martedì a larga maggioranza il Rapporto sulla politica di concorrenza, che comprende l’emendamento che include la menzione dell’equo contributo al finanziamento delle reti di telecomunicazione, ed esorta la Commissione europea ad “affrontare e mitigare le persistenti asimmetrie nel potere contrattuale tra i grandi generatori di traffico e gli operatori di telecomunicazione, e ad adottare misure che “contribuiscano in modo equo all’adeguato finanziamento delle reti di telecomunicazione senza pregiudicare la neutralità della rete”.

QUALI PAESI APPOGGIANO L’IDEA DELLA TASSA SULLE RETI

Il 1° giugno, a Lussemburgo, Breton ha presieduto la riunione dei ministri delle telecomunicazioni di 18 Paesi dell’UE. L’incontro non ha prodotto buone notizie per gli operatori, poiché la maggioranza degli Stati ha respinto l’imposizione della tassa. Tra i critici della nuova tassa sulle reti figurano Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Lituania, Malta e Paesi Bassi.

Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Spagna e Cipro sono invece tra i 10 Paesi che hanno appoggiato l’idea, mentre Polonia, Portogallo e Romania hanno preferito assumere una posizione neutrale, secondo quanto riferito da fonti che hanno familiarità con i negoziati citate da Reuters.

I ministri delle telecomunicazioni che hanno criticato la proposta hanno citato la mancanza di un’analisi seria degli effetti di tale tassa sulle reti, l’assenza del deficit di investimenti dichiarato dalle società di telecomunicazioni e il rischio che le grandi aziende tecnologiche scarichino i costi aggiuntivi sui consumatori. Hanno inoltre messo in guardia sulla possibile violazione delle norme UE sulla “neutralità della rete”, che prevedono che tutti gli utenti siano trattati allo stesso modo a prescindere dall’origine del traffico che consumano, oltre a possibili ostacoli all’innovazione e a una minore qualità dei contenuti. La relazione riprende l’analisi condotta il mese scorso dal BEREC, il gruppo di regolatori delle telecomunicazioni che comprende la CNMC spagnola, anch’essa contraria all’addebito.

Si prevede che Breton pubblicherà entro giugno una relazione con una sintesi dei commenti forniti da Big Tech, fornitori di telecomunicazioni e altre parti interessate sulla questione, che contribuirà a decidere le sue prossime mosse. Qualsiasi proposta legislativa deve essere negoziata con i Paesi e i legislatori dell’UE prima di poter diventare legge.

LA PROPOSTA CONGIUNTA DEGLI OPERATORI TLC

Questa volta le telecomunicazioni hanno preso molto sul serio la questione. I responsabili dei principali operatori, guidati da José María Álvarez-Pallete, presidente di Telefónica, e da Christel Heydemann e Margherita Della Valle, rispettivamente amministratori delegati di Orange e Vodafone, hanno incontrato il 6 giugno a Bruxelles i commissari europei Margrethe Vestager (Concorrenza) e Thierry Breton.

In vista della consultazione europea, le associazioni dei datori di lavoro del settore delle telecomunicazioni GSMA (a livello globale) ed ETNO (a livello europeo) hanno siglato una proposta congiunta per l’introduzione di un “meccanismo di contribuzione equa che consenta di negoziare in modo equilibrato tra le società di telecomunicazioni e i grandi generatori di traffico, che attualmente traggono i maggiori profitti dagli investimenti nel settore delle telecomunicazioni, creando al contempo un elevato onere di costo attraverso il loro traffico ed esercitando un potere sproporzionato in tutti i mercati”.

Le associazioni sostengono che l’Europa si trova a un punto di svolta, in cui è urgente un cambiamento politico per creare le condizioni giuste per la futura leadership europea nella connettività ed evitare che il continente rimanga ulteriormente indietro rispetto ai suoi concorrenti globali. Secondo i rappresentanti degli operatori, “l’Europa soffre di un deficit di investimenti nelle reti di almeno 174 miliardi di euro, con l’ulteriore difficoltà di un ambiente di mercato delle telecomunicazioni altamente frammentato”.

L’OPPOSIZIONE DELLE PIATTAFORME ALLA TASSA SULLE RETI

Le piattaforme si rifiutano categoricamente di pagare per l’uso delle reti. Sostengono che è falso che non investano e avvertono che la tassa avrebbe un effetto negativo sulla creazione di contenuti e servizi digitali e potrebbe in ultima analisi essere scaricata sul consumatore finale. La loro argomentazione è che gli utenti pagano già per le loro connessioni a banda larga. “È come se i produttori di elettrodomestici dovessero pagare alle società elettriche il consumo di energia ogni volta che si accende una lavatrice o si collega l’aria condizionata”, affermano fonti del settore in Spagna.

E di quale contributo equo si parla? La Commissione europea non ha ancora fornito cifre, ma si parla già di milioni. Gli operatori stimano che gli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale Europea richiederanno investimenti per 300 miliardi di euro, che le telco devono affrontare da sole. Secondo le loro stime, se gli investimenti continueranno ai livelli attuali (al ritmo di circa 30 miliardi di euro all’anno nell’UE), gli obiettivi del Decennio digitale non saranno raggiunti almeno fino al 2033.

La società di consulenza Frontier ha stimato che il traffico generato da queste società internet, noto anche come Over The Top (OTT), potrebbe generare costi fino a 40 miliardi di euro all’anno per le società di telecomunicazioni dell’UE e potrebbe aumentare fino a ulteriori 28 miliardi di euro nei prossimi anni se il ritmo di crescita del traffico dati sarà quello previsto. Axon, un’altra società di consulenza tecnologica, sostiene che un contributo di 20 miliardi di euro all’anno da parte delle Big Tech permetterebbe di raggiungere una copertura in fibra ottica per l’88% della popolazione entro il 2025, con un miglioramento di 13,2 punti percentuali.

 

(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di Epr Comunicazione)

Torna su