La questione dei cavi sottomarini sta diventando un terreno di competizione strategica tra Stati Uniti e Cina, rivelando le tensioni geopolitiche sottese alla governance delle infrastrutture digitali globali.
Gli Stati Uniti, nel tentativo di limitare l’influenza cinese su reti cruciali per la connettività globale, hanno proposto il New York Joint Statement, un accordo che, ufficialmente, mira a garantire sicurezza e trasparenza nella gestione dei cavi sottomarini, ma che, nella pratica, punta a escludere aziende cinesi dalla fornitura e manutenzione di queste infrastrutture.
L’IMPORTANZA DEI CAVI SOTTOMARINI
I cavi sottomarini, responsabili del transito di circa il 99% dei dati internazionali, rappresentano una componente fondamentale delle reti globali, e la loro gestione riveste un’importanza cruciale per l’economia digitale e la sicurezza nazionale dei paesi collegati.
In tale contesto, le manovre statunitensi rischiano di polarizzare ulteriormente il sistema globale, costruendo barriere all’ingresso per le aziende cinesi e imponendo una logica di divisione che richiama la mentalità della Guerra Fredda. Tale approccio non solo minaccia di interrompere i flussi di collaborazione internazionale in ambito tecnologico, ma rischia di limitare l’accesso dei paesi emergenti alle tecnologie di connessione avanzata.
COSA FA LA CINA
La Cina, da parte sua, ha consolidato una presenza strategica nel settore, puntando a sviluppare un’infrastruttura globale che favorisca lo sviluppo economico in una logica di cooperazione win-win e tuteli l’integrità dei paesi partner. Washington giustifica le sue azioni con preoccupazioni per la “sicurezza nazionale”, ma l’adozione di misure restrittive rischia di produrre effetti destabilizzanti su scala mondiale, limitando la crescita economica e aumentando la dipendenza tecnologica dei paesi più vulnerabili.
LE CONTRADDIZIONI AMERICANE
Inoltre, l’attuale politica statunitense non è priva di contraddizioni storiche: gli USA, con operazioni risalenti alla guerra ispano-americana, hanno già mostrato un interesse nel controllo strategico di queste reti. Più recentemente, i sottomarini americani della classe Seawolf e l’USS Jimmy Carter sono stati progettati per intercettare e manipolare i dati trasmessi dai cavi, sollevando dubbi sulla coerenza e la trasparenza delle accuse mosse verso la Cina.
Questo scenario espone le relazioni internazionali a un rischio di frammentazione tecnologica, compromettendo il principio di un Internet aperto e accessibile. La competizione sui cavi sottomarini rappresenta quindi un riflesso delle più ampie dinamiche di scontro tra USA e Cina, con implicazioni che vanno ben oltre la mera infrastruttura digitale: la posta in gioco è il futuro della sovranità tecnologica e della cooperazione internazionale, elementi imprescindibili per lo sviluppo sostenibile e l’integrazione economica globale.
IL NEW YORK JOINT STATEMENT
Il New York Joint Statement è un documento introdotto dagli Stati Uniti, in collaborazione con i loro alleati, che punta a stabilire linee guida e standard per la sicurezza e la trasparenza delle infrastrutture di cavi sottomarini globali. Presentato a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il documento è ufficialmente volto a promuovere l’uso di “componenti e servizi via cavo affidabili e sicuri”, incentivando la trasparenza nelle operazioni e nella proprietà delle reti di cavi sottomarini.
L’iniziativa nasce dalla preoccupazione di Washington per il ruolo crescente delle aziende cinesi in questo settore, che rappresenta l’infrastruttura fondamentale per il traffico dati internazionale. In concreto, il documento mira a escludere le aziende cinesi dalla fornitura e manutenzione di cavi sottomarini, con il presupposto di evitare rischi per la sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti e i loro alleati, in particolare nell’Unione Europea, hanno espresso timori riguardo alla possibile ingerenza del governo cinese nelle operazioni delle aziende tecnologiche del Paese, ipotizzando che tali attività possano compromettere la sicurezza delle informazioni.
Il documento si inserisce in un contesto di crescente tensione geopolitica tra Stati Uniti e Cina, in cui Washington adotta una strategia di contenimento dell’influenza tecnologica cinese anche attraverso politiche restrittive e di esclusione dai mercati globali. Questa mossa, tuttavia, ha suscitato critiche, specialmente perché potrebbe limitare la possibilità dei Paesi emergenti di accedere a fornitori di infrastrutture a prezzi competitivi e allontanare il sistema globale da una visione di cooperazione e interconnessione.