Il geologo Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), dice che il vulcano sottomarino Marsili – si trova nel mar Tirreno, un centinaio di chilometri a ovest della Calabria – non è adeguatamente monitorato. Eppure si tratta del vulcano sommerso più grande d’Europa: è lungo 70 chilometri, largo 30 e copre un’area di 2100 chilometri quadrati. E, soprattutto, è ancora attivo, fatto che rende possibile una sua eruzione.
LO SCARSO MONITORAGGIO DEL MARSILI
Della pericolosità potenziale del Marsili, comunque, non si sa molto. Il presidente dell’INGV, Doglioni, ha spiegato al Corriere della Sera che “non abbiamo un sistema di monitoraggio sottomarino che ci permetta di comprenderne appieno l’attività, e nemmeno il livello di esplosività che dipende appunto dalla chimica dei suoi magmi”.
LE PAROLE DI PASSARO (CNR)
Il vulcanologo Salvatore Passaro del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), intervistato di recente da Ruggero Po su Startmag, ha detto che gli studi più significativi sul Marsili sono stati compiuti negli ultimi dieci anni, pur essendo noto da un centinaio. Lo definisce un vulcano “gigante dal punto di vista delle emissioni” e “complesso, molto articolato” nella morfologia: presenta “zone di emissione di fluidi e di magmi molto diverse”.
“Il grosso della sua attività”, prosegue Passaro, si è concluso circa 200mila anni fa, ma non è “del tutto inattivo”.
BISOGNA PREOCCUPARSI?
“Ci sono motivi di preoccupazione” sul Marsili ma “non di allarme”, precisa il vulcanologo. La sua attività si limita a piccoli centri di emissione geotermale e a piccoli eventi di emissione vulcanica vera e propria. “Quello che può essere in problema in caso di gravi esplosioni è la possibilità di generare delle onde anomale, cioè degli tsunami”. Passaro aggiunge che “la consistenza e la morfologia specifica dei versanti” non esponga al rischio di collassi laterali.
Sul sito dell’INGV si legge che il rischio vulcanico associato a eruzioni sottomarine del Marsili è “estremamente basso”, perché un’eruzione a profondità maggiori di 500 metri “comporterebbe probabilmente soltanto una deviazione temporanea delle rotte navali. Anche il rischio legato a possibili tsunami correlati a eruzioni come quelle più recenti è minimo”. Inoltre, “sui fianchi del vulcano vi sono evidenze di franamenti estremamente localizzati e di spessori ridotti, i cosiddetti franamenti pellicolari, che, come noto, non producono tsunami”.
L’istituto, comunque, invita a effettuare nuovi studi sul Marsili per verificare la stabilità dei suoi fianchi.
LE RISORSE POTENZIALI
Il vulcano Marsili potrebbe contenere risorse importanti per l’Italia sotto il profilo economico-energetico: ci sono flussi geotermali, sfruttabili per ricavare energia, e concentrazioni di metalli preziosi come l’oro, l’argento e il rame, dice Passaro.
IL MARSILI NON È L’UNICO
Il Marsili non è l’unico vulcano sottomarino presente in Italia, come il Palinuro, a una sessantina di chilometri dalle coste del Cilento. Doglioni invita però a prestare la “massima attenzione” ai vulcani subaerei, “specie quelli legati alla subduzione perché più esplosivi, come il Vesuvio, i Campi Flegrei, Ischia, Stromboli e Vulcano”.