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Vi racconto il momento Lehman nel mercato dell’energia

Chi e perché invoca un intervento delle banche centrali per i subbugli anche finanziari nel mercato dell'energia. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

Il mercato dei prezzi dell’energia continua a subire scossoni che ne mettono in dubbio il funzionamento e richiedono l’intervento delle banche centrali per fornire liquidità ai grandi trader di olio e gas che sono in difficoltà. Non avrebbe potuto essere più chiaro l’allarme lanciato questo pomeriggio dal Financial Times che ha rilanciato i dettagli di una lettera inviata dalla federazione europea dei trader di energia al mercato ed alle autorità regolatorie.

A fronte di una situazione già a febbraio molto tesa, i movimenti dei prezzi successivi agli eventi bellici in Ucraina hanno mandato definitivamente in tilt il meccanismo di funzionamento dei mercati delle principali materie prime energetiche. Le ampie oscillazioni di prezzo costringono le controparti bancarie a chiedere elevate coperture ai trader che vogliono proteggersi dalla volatilità del mercato. Inoltre qualora le posizioni sui derivati, a causa dell’impennata dei prezzi mostrino perdite eccedenti i fondi depositati a garanzia, scatta il cosiddetto “margin call”, ovvero la richiesta di integrazione di quei fondi, pena la chiusura della posizione in perdita. Tutto ciò sta provocando un forte fabbisogno di liquidità da parte degli operatori che operano nella compravendita di materie prime che, attraverso la voce del proprio organo di rappresentanza, invocano addirittura l’intervento delle banche centrali con linee di liquidità di emergenza.

L’uso di strumenti finanziari (derivati) per la copertura del rischio di prezzo è un elemento imprescindibile per il corretto funzionamento di quei mercati e la loro indisponibilità o eccessiva onerosità, è semplicemente insostenibile. Le conseguenze? La compagnia petrolifera di Stato uruguaiana ha ricevuto soltanto quattro offerte nell’ultima asta per il petrolio grezzo, quando abitualmente ne arrivano almeno una quindicina. Il mercato si sta fermando.

Questo allarme segue quello lanciato solo ieri dal principale fornitore di energia elettrica tedesco (RWE), raccolto sempre dal quotidiano della City londinese. La RWE avverte in modo molto chiaro che l’interruzione dei flussi di fornitura di petrolio e gas dalla Russia, dalla quale la Germania dipende per circa il 50% del proprio fabbisogno – scatenerebbe delle “conseguenze inimmaginabili” sia a danno delle famiglie che delle imprese. Il prolungarsi di tale interruzione provocherebbe danni di lungo termine agli impianti industriali ed alle piccole e medie imprese. La società si è detta pronta a riavviare impianti alimentati a carbone per una potenza di 3,5GW. Va sottolineato che il flusso di petrolio e gas è tuttora stabile ma i rischi di controsanzioni da parte di Mosca rendono questo canale di approvvigionamento molto rischioso, soprattutto in considerazione dei tempi relativamente lunghi connessi all’attivazione di fonti di energia rinnovabile.

Come si vede, due campanelli di allarme molto seri che ripropongono il tema dell’avventatezza e dell’irresponsabilità con cui nella Ue è stata lanciata nel luglio scorso (con il Green New Deal ed il programma della Commissione “Fit for 55”) la transizione dalle fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili. La conseguenza è stata quello di uno strutturale squilibrio dei mercati di tutte le materie prime coinvolte dai cambiamenti che, a sua volta, si innestava sugli squilibri nelle filiere produttive squassate dalla crisi pandemica.

A fine febbraio, la tragica escalation del conflitto russo-ucraino ha solo completato quella che ha tutte le carte in regola per definirsi una tempesta perfetta e se, dalle colonne del Financial Times, si arriva ad invocare l’intervento delle banche centrali per scongiurare un “momento Lehman”, significa che le onde della tempesta sono davvero alte.

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