Al presidente Eisenhower non sarebbe mai venuto in mente di chiedere platealmente agli alleati di restituire i finanziamenti del Piano Marshall. Ma lo stile della Casa Bianca purtroppo non è più quello di un tempo e Donald Trump si dedica brutalmente al recupero crediti. Come rimborso degli aiuti concessi all’Ucraina dopo l’aggressione russa pretende che venga dato agli Stati Uniti lo sfruttamento di metà delle cosiddette “terre rare”. Quello che interessa sono i giacimenti minerari di materie prime indispensabili per le nuove tecnologie e per le industrie più avanzate. Le pretese di Trump fanno però emergere un altro aspetto inquietante di questa guerra che dura ormai da tre anni: dietro le rivendicazioni territoriali di Putin c’è anche l’obiettivo di impadronirsi delle risorse del sottosuolo ucraino. E che questo sia il movente dell’invasione russa lo spiega Giuseppe Sabella con “La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino. Ecco perché l’Europa è nel mirino di Putin” (Rubbettino, 52 pagine, 8 euro).
Il libro, pubblicato tre mesi dopo l’inizio del conflitto nel febbraio del 2022, rivelava già interessi economici di cui finora s’è parlato ben poco. Tutto e il contrario di tutto è stato detto sull’invio di armi, sull’ipotesi di mandare soldati europei e sulla necessità di avviare una trattativa diplomatica che però non si è mai vista. Nulla invece su quello che viene definito lo “scudo ucraino” cioè la zona orientale del paese, dal Donbass al mare d’Azov, le cui risorse minerarie sarebbero immense. Le acciaierie come quella di Mariupol diventata poi un campo di battaglia hanno sempre beneficiato dell’abbondanza di minerale di ferro. Ma sotto il suolo ucraino ci sono uranio, titanio e, soprattutto, litio che serve in quantità enormi per tutte le produzioni più innovative dalle batterie per le auto elettriche alle tecnologie digitali. La Cina s’è mossa tempestivamente acquistando il controllo di terre rare in Africa e in Sudamerica e di fatto domina il mercato.
L’Europa, tanto per cambiare, è in posizione di debolezza ed è costretta a importare. Il libro di Giuseppe Sabella racconta un interessante retroscena. Pochi mesi prima dell’aggressione russa, fra la commissione europea e il governo ucraino c’è stata una trattativa per lo sfruttamento delle risorse minerarie. Avere un’altra fonte di approvvigionamento di materie prime e in particolare di litio era d’interesse strategico per le aziende europee. E tutto sembrava andato a buon fine con un protocollo di accordo siglato all’inizio di novembre del 2021. Appena tre mesi dopo la guerra fa saltare tutto. Parte delle cosiddette terre rare finiscono sotto il controllo russo o comunque sono a ridosso della zona di guerra ed è facile intuire che fra gli obiettivi di Mosca ci sia quello di assicurarsene il controllo.
Forse non completamente visto che adesso arrivano le pretese di Trump su quel che rimane all’Ucraina. E non sarebbe la prima volta che la Casa Bianca e il Cremlino si mettono d’accordo per una spartizione. Sempre e puntualmente sulla pelle di qualcun altro.