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Bastone e carota: tutte le mosse di Trump sul Canada, tra dazi e Keystone Xl

Trump ha detto di volere che il Keystone Xl, l'oleodotto con il Canada ostacolato da Obama e da Biden, venga costruito. Allo stesso tempo, però, il presidente potrebbe intralciare l'importazione di petrolio canadese con i dazi: secondo Goldman Sachs, le tariffe faranno salire i prezzi dell'energia per gli americani

Donald Trump ha detto di volere la realizzazione del Keystone Xl, un oleodotto tra il Canada occidentale e gli Stati Uniti centrali, e ha promesso un percorso autorizzativo accelerato. Il progetto risale al 2008 ma è stato sospeso nel 2021 dall’azienda canadese TC Energy dopo che l’ex-presidente americano Joe Biden revocò i permessi.

LA STORIA TRAVAGLIATA DEL KEYSTONE XL

La storia del Keystone Xl è lunga e travagliata. L’infrastruttura, lunga 1900 chilometri e con una capacità di trasporto di 830mila barili al giorno, dovrebbe collegare la città di Hardisty nell’Alberta – è la provincia dove si concentrano i giacimenti petroliferi canadesi – a Steele City in Nebraska; da qui, la condotta si allaccerebbe alle tubature già esistenti, permettendo così il trasporto del petrolio canadese fino alle raffinerie americane sulla costa del golfo del Messico, progettate apposta per lavorare questa varietà di greggio, detta “pesante”.

Il Keystone Xl ricevette l’approvazione delle autorità di regolazione canadesi nel 2010. Tuttavia, nel 2015 l’allora presidente Barack Obama bloccò il progetto, sostenendo che avrebbe contribuito a minare la leadership americana nella transizione verso fonti energetiche più sostenibili. La decisione venne ribaltata nel 2017 da Trump, che diede dunque il via libera ai lavori, definendoli positivi per l’occupazione e per il benessere delle economie locali. Ma nel 2021 Biden capovolse nuovamente la situazione con un ordine esecutivo nel quale si affermava che il Keystone Xl è contrario all’interesse nazionale americano, non è utile alla sicurezza energetica e mina la credibilità di Washington nella lotta al riscaldamento globale.

A opporsi all’oleodotto erano anche alcuni proprietari terrieri e alcune comunità di nativi americani.

L’OFFERTA DI TRUMP

Adesso, la vicenda del Keystone Xl potrebbe conoscere un’altra svolta. “Vogliamo che l’oleodotto Keystone Xl venga costruito!”, ha scritto Trump su Truth, il suo social network, invitando l’azienda costruttrice a “tornare in America”, criticando la gestione del progetto da parte dell’amministrazione Biden e promettendo “approvazioni facili, avvio quasi immediato!”.

Il presidente non ha menzionato TC Energy, che nel frattempo ha scorporato il business degli oleodotti in una nuova società, costituita lo scorso ottobre e chiamata South Bow Energy.

Il costo del Keystone Xl era stimato inizialmente in 8 miliardi di dollari.

L’IMPORTANZA DEL KEYSTONE XL PER IL CANADA E PER GLI STATI UNITI

Per la provincia canadese dell’Alberta, la cui economia è legatissima al settore estrattivo, il Keystone Xl è un’infrastruttura molto importante perché ne rafforzerebbe l’accesso al mercato statunitense – dal quale dipende per la quasi totalità – e perché le permetterebbe di risolvere il problema di sotto-capacità delle proprie condotte. La rete di oleodotti dell’Alberta è infatti inadeguata ai volumi di produzione e non permette alle esportazioni di esprimersi pienamente, con ripercussioni negative sui prezzi.

Quanto agli Stati Uniti, sono i maggiori produttori al mondo di petrolio ma importano dall’estero circa il 40 per cento del greggio che raffinano: questa situazione si spiega con il fatto che il petrolio statunitense è di tipo “leggero” ma le raffinerie del paese sono meglio attrezzate per lavorare greggi “pesanti”, come quello proveniente – per l’appunto – dal Canada occidentale.

Il 52 per cento di tutto il petrolio importato dagli Stati Uniti proviene dal Canada; al secondo posto della classifica c’è il Messico, con una quota dell’11 per cento, seguito dall’Arabia Saudita con il 5 per cento. Facilitare l’accesso al greggio canadese è dunque coerente con i piani di Trump per abbassare i prezzi nazionali dell’energia, una delle sue principali promesse durante la campagna elettorale.

L’IMPATTO DEI DAZI SUI CONSUMATORI AMERICANI

Il 1 febbraio Trump ha imposto dazi del 25 per cento sulle importazioni dal Messico e dal Canada, con un’aliquota ridotta al 10 per cento per gli idrocarburi canadesi. Le tariffe sono poi state sospese, ma se dovessero venire applicate davvero potrebbero interferire con i piani della Casa Bianca per la riduzione dei prezzi dell’energia ai consumatori americani.

Secondo una stima di Goldman Sachs, infatti, i dazi statunitensi sulle importazioni petrolifere dal Canada e dal Messico provocheranno un aumento dei costi che verrà scaricato sui consumatori americani, per un totale di 22 miliardi di dollari.

“Riteniamo che un dazio statunitense del 10 per cento sul greggio non aumenterebbe in modo significativo la produzione degli Stati Uniti a causa di uno squilibrio tra il petrolio leggero prodotto dagli Stati Uniti e il petrolio pesante richiesto da molti raffinatori statunitensi”, si legge nella nota. I prezzi medi della benzina, inoltre, potrebbero aumentare di 7 centesimi al gallone.

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