Un passaggio di testimone. Gli inglesi lasciano agli italiani la palma di produttori ed esportatori di pesticidi. 9 mila tonnellate in un solo anno – il 2018 – destinati a coltivazioni di tutto il mondo. Agenti chimici prodotti nei laboratori di decine di aziende, ma vietati. Possibile? Si , secondo la Ong svizzera Public Eye e Greenpeace che hanno condotto un’inchiesta su un giro d’affari multimilionario.
Il primato italiano sarebbe stata la conseguenza dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Più di qualcosa, in verità, non avrebbe funzionato nei controlli, nella capacità del sistema industriale di evitare di mettere in commercio prodotti nocivi, nell’applicazione delle norme europee, nella coscienza dei manager. Mentre ambientalisti ed associazioni andavano addirittura a processo per aver denunciato – nelle Marche, in Trentino- la violazione di norme sanitarie in molte campagne, fitofarmaci pericolosi Made in Italy prendevano la strada di Stati Uniti, Australia, Marocco, Giappone, Messico, Iran.
Gli attivisti di Greenpeace hanno denunciato questo tipo di commercio sfuggito ad inchieste giornalistiche, reportage, dibattiti. Loro hanno, invece, consultato centinaia di documenti emessi dalle aziende per esportare qualcosa che le istituzioni avevano vietato. Un’indagine che è sicuramente una botta forte al debole ambientalismo degli ultimi governi italiani. Nessuno, a quanto pare, si è dato pensiero di verificare cosa succedeva e sanzionare.
“I giganti della chimica inondano di pesticidi altri Paesi, molti dei quali più poveri. Queste sostanze sono così pericolose che abbiamo preso la giusta decisione di vietarne l’uso nel nostro Paese e in tutta Europa. Cosa ci dà il diritto di pensare che sia legittimo continuare a produrli e spedirli in tutto il mondo?”, ha commentato Federica Ferrario, di Greenpeace Italia. Più di due terzi di tutto ciò che è stato esportato era trifluralin puro. Una sostanza per diserbanti, sospetta cancerogena, che per tragico paradosso molti agricoltori usano a proprio piacimento, nonostante il divieto dal 2007. Altri prodotti che uccidono sono quelli che contengono atrazina, bandita da decenni ed al centro di scandali memorabili degli anni ’90. Gli americani sono stati tanto espliciti quanto stupiti dal vedere circolare ancora tanta atrazina che inquina i campi.
L’Environmental Protection Agency ha detto che la sostanza ha effetti “neuroendocrini con conseguenze sia a livello riproduttivo che di sviluppo considerate rilevanti per gli esseri umani”. La lista stilata dagli ambientalisti è lunga e comprende marchi molto venduti.
È stato fatto un lavoro nero su bianco su un processo industriale inspiegabilmente vivo e vegeto nell’Italia del Green new deal di Conte e compagni. Qualcosa dovrà accadere. Non si esagera se davanti a questi sconci, quel piano green governativo diventa ogni giorno quasi immaginario. Il lato peggiore di tutta la denuncia di Greenpeace è che il business continua a minare la salute delle persone. Si può restare fermi? Vere o gonfiate che possono essere i dati di Greenpeace e della Ong , guarda caso siamo in un Paese che pratica la solidarietà , l’accoglienza e rispetto per la vita .