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Stiamo esagerando con il catastrofismo climatico, dice il nuovo capo dell’Ipcc

Secondo il nuovo presidente dell'Ipcc, l'organo dell'Onu sui cambiamenti climatici, non bisogna cedere al catastrofismo: il riscaldamento globale non condannerà la specie umana all'estinzione. Nonostante le difficoltà, ci sono buone ragioni per essere ottimisti

 

Il nuovo capo dell’Ipcc, un organismo scientifico delle Nazioni Unite che si occupa di valutare i cambiamenti climatici, pensa che sia sbagliato esagerare con la narrazione sulle minacce esistenziali rappresentate dal riscaldamento globale: un mondo più caldo sarà più pericoloso, ma non sarà la fine per l’umanità.

CHI È JIM SKEA E COSA PENSA

Il nuovo presidente dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, è stato eletto il 26 luglio scorso. Si tratta di Jim Skea: ha sessantanove anni, è scozzese ed è professore di Energie sostenibili all’Imperial College di Londra, con quarant’anni di esperienza nella scienza del clima e una lunga carriera all’interno dell’Ipcc.

Nel fine settimana Skea ha rilasciato un paio di interviste ai giornali tedeschi. Al settimanale Der Spiegel, per esempio, ha spiegato che non dovremmo dare un’importanza esagerata all’obiettivo internazionale per limitare l’aumento della temperatura media terrestre entro gli 1,5 °C rispetto all’epoca pre-industriale. Se l’obiettivo non verrà raggiunto verso l’inizio degli anni 2030, come peraltro sembra probabile, “non dobbiamo disperare e cadere in uno stato di shock”, ha detto.

– Leggi anche: Vi svelo le opposte bugie sul clima

NON È LA FINE DELL’UMANITÀ, DICE SKEA

Skea ha elaborato il suo pensiero nel corso di una conversazione con l’agenzia di stampa Deutsche Presse-Agentur. “Se si comunica continuamente il messaggio che siamo tutti destinati all’estinzione, questa cosa paralizzerà le persone e impedirà loro di prendere le misure necessarie per affrontare il cambiamento climatico. Il mondo non finirà se si riscalderà di più di 1,5 gradi”. Ma, precisa, “sarà comunque un mondo più pericoloso”.

L’umanità sopravviverà, insomma, ma si ritroverà a esistere all’interno di un contesto probabilmente più instabile: il riscaldamento globale sarà causa di eventi meteorologici estremi che minacciano di ostacolare l’agricoltura e ridurre la disponibilità di cibo in alcune aree del mondo, aggravando di conseguenza la competizione per le risorse e alimentando le migrazioni.

LE RAGIONI (TECNOLOGICHE) DELL’OTTIMISMO

Skea ha detto allo Spiegel che, nonostante la serietà della situazione e le difficoltà nel contrastarla, ci sono dei buoni motivi per essere ottimisti. “Ogni misura che prendiamo per mitigare il cambiamento climatico ci aiuta”; misure che stanno diventando “sempre più efficaci dal punto di vista dei costi”. Da anni l’Ipcc, attraverso numerosi rapporti, invita a diminuire l’utilizzo di carbone, petrolio e gas naturale per limitare le emissioni di gas serra e contenere l’aumento della temperatura della Terra.

Lo scienziato pensa che la cosa migliore da fare nel breve termine sia aumentare le installazioni di capacità energetica da fonti rinnovabili come l’eolico e il solare, in modo da ridurre i consumi di combustibili fossili per la generazione dell’elettricità e per l’alimentazione di alcuni mezzi di trasporto. La produzione energetica è il settore responsabile della maggiore quantità di emissioni a livello globale, stando ai dati dell’Agenzia internazionale dell’energia.

“Nel lungo termine”, ha aggiunto Skea, probabilmente non potremo fare a meno di soluzioni tecnologiche come la cattura della CO2“, ossia dell’anidride carbonica emessa dalle centrali e dalle fabbriche alimentate con combustibili fossili oppure già presente nell’atmosfera. Le tecnologie di cattura sono ancora molto costose e non mature per l’utilizzo commerciale.

IL LIMITE DELLE BUONE PRATICHE INDIVIDUALI

Ricordando come il compito della scienza non sia dire alle persone come vivere e cosa mangiare, Skea ha fatto notare ai media tedeschi come “l’astinenza individuale” da alcune abitudini di consumo particolarmente emissive “è un bene, ma da sola non porterà il cambiamento nella misura necessaria”. C’è bisogno di soluzioni su larga scala e di “infrastrutture completamente nuove”, “se vogliamo vivere in modo più consapevole”. Per esempio, “le persone non andranno in bicicletta se non ci sono piste ciclabili”.

“Ci sono abbastanza soldi nel mondo, la sfida è farli arrivare nei posti giusti”, in modo che abbiano l’impatto più ampio possibile, secondo il capo dell’Ipcc.

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