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Quanto gas e nucleare comprerà l’Italia dagli Stati Uniti?

Durante l'incontro con Trump, Meloni ha detto che l'Italia dovrà aumentare le importazioni di gas dagli Stati Uniti per ridurre il surplus commerciale, ma anche "sviluppare il nucleare". L'americana Westinghouse sarà partner dei piani del governo sui nuovi reattori? Tutti i dettagli

“L’Italia dovrà aumentare le importazione energetiche” dagli Stati Uniti e “sviluppare il nucleare”, ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante l’incontro alla Casa Bianca con il presidente americano Donald Trump.

Che il riequilibrio della bilancia commerciale con l’America – verso la quale l’Italia ha un surplus di circa 40 miliardi di euro – passerà innanzitutto per un incremento degli acquisti di gas naturale liquefatto era già stato scritto nel Piano d’azione per l’export italiano del ministero degli Esteri, dove si parla appunto di una “strategia transattiva” basata anche su “accordi su gas”.

COSA C’ENTRANO GLI STATI UNITI CON IL NUCLEARE IN ITALIA? IL RUOLO DI WESTINGHOUSE

Meloni, tuttavia, parlando delle relazioni economiche italo-americane, ha menzionato anche il tema dell’energia nucleare, che il suo governo vuole riportare nel nostro paese in un’ottica di decarbonizzazione e di rafforzamento della competitività industriale.

Lo scorso ottobre il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, rivelò che il governo stava conducendo delle trattative con diverse aziende – tra cui proprio la statunitense Westinghouse – che potrebbero affiancare la nuova società statale sui piccoli reattori formata da Enel, Leonardo e Ansaldo Energia. “La portata degli investimenti nel nucleare richiede la cooperazione con diversi attori internazionali”, disse Pichetto. Anche il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, dichiarò che la società statale sarebbe stata italiana ma “con partnership tecnologica straniera”.

Ansaldo Energia, peraltro, già collabora da anni con Westinghouse allo sviluppo di reattori di quarta generazione al piombo e di tecnologie per la fusione nucleare.

L’ITALIA AUMENTERÀ LE IMPORTAZIONI DI GNL AMERICANO? COSA PENSA CINGOLANI

Quanto agli acquisti di gas naturale liquefatto, di cui gli Stati Uniti sono i maggiori esportatori al mondo, “la possibilità di aumentare l’import di Gnl dagli Stati Uniti mi sembra ragionevole”, ha detto al Foglio Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo e ministro della Transizione ecologica dal 2021 al 2022 nel governo Draghi.

È stato Cingolani ad avviare, come ministro nell’esecutivo presieduto da Draghi, il lavoro di sostituzione delle forniture di gas russo dopo l’invasione dell’Ucraina, che ha previsto un aumento della capacità di rigassificazione con nuovi impianti galleggianti; capacità che raggiungerà i 28 miliardi di metri cubi una volta entrato in funzione il rigassificatore di Ravenna, a fine aprile.

Nel 2024 gli Stati Uniti hanno esportato nell’Unione europea oltre 45 miliardi di metri cubi di gas liquefatto, diventandone i maggiori fornitori con una quota del 45 per cento. Considerate però anche le forniture via tubo (e non solo quelle via nave, quindi), il primo fornitore di gas del blocco è la Norvegia. Trump ha chiesto all’Unione europea di acquistare Gnl americano per 350 miliardi di dollari, in modo da equilibrare la bilancia degli scambi.

L’anno scorso i volumi di gas liquefatto americano importati dall’Unione europea sono stati più che doppi rispetto ai livelli del 2021. I maggiori acquirenti sono la Francia, la Spagna, l’Italia e i Paesi Bassi.

Quanto all’Italia, nel 2024 ha importato 14,7 miliardi di metri cubi di gas liquefatto, di cui circa 5 miliardi dagli Stati Uniti. Un ipotetico aumento delle forniture americane andrebbe a sostituire innanzitutto quelle provenienti dal Qatar. “Compriamo Gnl in giro per il mondo, non vedo criticità nel fare più acquisti dagli Stati Uniti, lo farebbe chiunque e lo farei anche io”, ha aggiunto Cingolani.

LA QUESTIONE DEL PREZZO

Oltre alla fattibilità di un aumento delle importazioni di Gnl dagli Stati Uniti – saranno le aziende, non i governi, a realizzare concretamente gli accordi -, c’è il tema del prezzo: rispetto a quello via tubo, infatti, il prezzo spot del gas via nave è più esposto alle dinamiche internazionali che a quelle regionali. Questa maggiore dipendenza dal mercato globale dei prezzi del Gnl, e dunque la loro fluttuazione sulla base dell’equilibrio tra domanda e offerta, è però aggirabile attraverso la firma di contratti a lungo termine e dal prezzo fisso.

Come ha ricordato Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, “il prezzo di tutto il gas che arriva in Europa è determinato sulla piazza Ttf di Amsterdam, e l’unico modo per farlo scendere è aumentare l’offerta. A questo contribuiscono anche gli Stati Uniti, che negli ultimi dieci-quindici anni hanno investito molto nella produzione e hanno aumentato la loro capacità di export”.

Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity e consigliere del ministro della Difesa, ha scritto su X che “occorrerà affrontare la questione del pricing superando la quotazione Ttf. Penso a una formula ‘Henry Hub Plus'”. L’Henry Hub, in Lousiana, è il mercato di riferimento statunitense, grossomodo l’equivalente del Ttf europeo.

Il prezzo del gas, come detto, viene determinato dal mercato in cui viene venduto, e i prezzi sul mercato europeo sono molto più alti di quelli sul mercato americano.

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