Non sono bastati i trattori che hanno bloccato le strade di Bruxelles, i copertoni e i cassettoni incendiati e nemmeno le uova lanciate contro alcuni edifici europei a far saltare la legge sul ripristino della natura, la cui proposta di regolamento avanzata nel giugno del 2022 dalla Commissione Ue è stata adottata ieri.
Il voto, tuttavia, ha spaccato il Partito popolare europeo (Ppe) che, pur essendosi dichiarato contrario in passato, alla fine ha contribuito all’approvazione con 25 eurodeputati ‘dissidenti’.
COSA PREVEDE LA LEGGE SUL RIPRISTINO DELLA NATURA
La legge sul ripristino della natura, come lascia intendere il nome, introduce per la prima volta norme per ripristinare la natura dove è già degradata. L’obiettivo è intervenire con misure di recupero che copriranno almeno il 20% delle aree terrestri e il 20% delle aree marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.
Il testo prevede inoltre che ogni Stato membro metta in atto misure di ripristino per almeno il 30% degli habitat minacciati negli ecosistemi terrestri, costieri, d’acqua dolce e marini entro il 2030. Questa percentuale poi aumenterà al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.
LA MAGGIORANZA HA DETTO SÌ
Nonostante le opposizioni del centrodestra europeo fatte negli scorsi mesi e le più recenti proteste degli agricoltori, alla fine ieri la legge sul ripristino della natura è passata con 329 voti a favore, 275 contrari e 24 astensioni.
A sostegno della norma si sono schierati S&D, Verdi, Renew Europe, Sinistra Unitaria e Non Iscritti. Il Ppe, la più grande formazione dell’emiciclo, dopo aver annunciato che avrebbe votato contro, “si è in realtà spaccato, con 25 eurodeputati che hanno votato a favore su 177 totali (nessun eurodeputato italiano del Ppe, in quota Forza Italia, ha votato a favore)”, riferisce Eunews.
Si sono detti contrari il partito dei Conservatori e dei riformisti europei (Ecr), di cui fa parte Fratelli d’Italia, e Identità e democrazia, a cui aderisce invece la Lega.
TUTTE LE GIRAVOLTE DEL PPE…
Nonostante la legge sul ripristino della natura, pilastro fondamentale del Green Deal, sia stato proposto dalla Commissione parlamentare europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi) – che anche il Ppe sostiene -, il partito guidato da Manfred Weber, nonché formazione europea della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, aveva già iniziato a prendere le distanze negli ultimi mesi.
Prima ancora delle proteste dei trattori, le motivazioni additate dal Ppe erano che gli obiettivi della proposta minacciano i mezzi di sussistenza degli agricoltori e dei pescatori europei, interrompono le catene di approvvigionamento, diminuiscono la produzione alimentare e fanno salire i prezzi.
… E LE CREPE DELLA MAGGIORANZA URSULA
Tuttavia, come scriveva lo scorso giugno Eunews, in realtà la strategia del Ppe sarebbe stata quella di “una mossa politica in vista delle elezioni europee del 2024, per trovare consenso nell’elettorato agricolo”, oltre che “un tentativo di delegittimare l’attuale presidente della Commissione”, ora ufficialmente candidata per un secondo mandato.
Sempre a giugno, La Verità di Maurizio Belpietro parlava di una maggioranza Ursula ormai “sfaldata” e aggiungeva che la motivazione alla contrarietà del Ppe alla legge per il ripristino degli ecosistemi è sia vera che strumentale: “Vera, perché i popolari adesso su queste leggi più estremiste sembrano aver aperto gli occhi e pensarla come la destra. Strumentale perché è il racconto perfetto per giustificare l’allontanamento dai Socialisti”.
LA RITIRATA DI VON DER LEYEN SUL GREEN DEAL
Ma la stessa Von der Leyen, da principale artefice del Green Deal europeo, che è stato cardine della sua legislatura, ha preso con varie mosse le distanze dal patto per l’ambiente. Le proteste degli agricoltori hanno fatto il resto.
Come osserva Il Foglio, tra gennaio e febbraio, “von der Leyen ha moltiplicato le concessioni sull’agricoltura”. Di pari passo con il lancio del Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura “è stato rinviato l’obbligo di mettere a riposo il 4% dei terreni coltivabili e sono state introdotte salvaguardie per limitare le importazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina”. La presidente “ha sospeso la conclusione dell’accordo di libero scambio con il Mercosur e ha promesso entro fine mese una proposta per ridurre il carico amministrativo degli agricoltori”.
A inizio febbraio poi ha annunciato il ritiro della proposta che prevedeva una riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030 ma è anche scomparsa la diminuzione del 30% delle emissioni di metano, azoto e altri gas legati all’agricoltura prevista dagli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per il 2040.
Insomma, secondo Il Foglio, “a quattro mesi dalle elezioni europee, dovendo cercare l’appoggio dei governi per la riconferma, von der Leyen non vuole correre rischi, anche a costo di compromettere la promessa di azzerare le emissioni nette dell’Ue nel 2050”. E per questo, “Von der Leyen 2.0 potrebbe diventare la Commissione dell’impasse sul Green Deal”.
COSA DICONO DELLA LEGGE LE CONFEDERAZIONI ITALIANE
Delusione per la decisione arrivata da Bruxelles sia al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) che, con il ministro Gilberto Pichetto Fratin, si era fermamente opposto sia dalle confederazioni italiane.
“È una legge senza logica che, tra le altre cose, diminuisce la produzione agricola”, ha commentato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. “Non è allontanando gli agricoltori dalla terra che si preserva l’ambiente”.
Per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “è stata persa l’occasione per segnare un punto di svolta nell’applicazione del Green Deal all’agricoltura”. “Con la nuova normativa – ha aggiunto – verrà messo a rischio il potenziale produttivo del settore. È chiaro che le risorse necessarie a finanziare il ‘ripristino della natura’ non potranno essere in alcun modo attinte dal bilancio della Pac”.