Stando alle indiscrezioni raccolte dal Corriere della Sera, Eni ha affidato alla banca francese Natixis la ricerca di investitori interessati ad acquisire una quota di minoranza fino al 49 per cento di Enibioch4in, l’unità dedicata alla produzione di biometano. Il biometano è il prodotto della raffinazione del biogas e consiste in un combustibile equivalente al gas naturale ma di origine organica (rifiuti urbani, avanzi agroalimentari e reflui zootecnici) anziché fossile; come il metano tradizionale, anche il biometano rilascia gas serra quando viene bruciato, ma nel complesso garantisce un risparmio sulle emissioni.
CHI INVESTIRÀ NEL BIOMETANO DI ENI?
L’operazione è ancora nelle fasi iniziali, ma secondo il Corriere l’offerta di Eni avrebbe già catturato l’attenzione di alcuni fondi di investimento specializzati in infrastrutture, come il tedesco Dws e i francesi Meridiam (tra i suoi asset ci sono la funicolare Pisamover e la rete tranviaria di Firenze) e Vauban.
Altri gestori patrimoniali potrebbero manifestare interesse in futuro, anche considerato che – secondo una ricerca di Bain & Company – in Italia sono attivi sessanta fondi che gestiscono un centinaio di società operanti nel settore dell’energia e delle risorse naturali.
COSA FA ENIBIOCH4IN
Enibioch4in è controllata da Enilive, la società di Eni dedicata alla mobilità e alla bioraffinazione, e si occupa di tutte le fasi della filiera del combustibile, con ventuno impianti a biogas e uno a biometano. L’obiettivo è immettere in rete oltre 50 milioni di metri cubi di biometano all’anno e di distribuirlo anche attraverso le stazioni di servizio: il biometano, infatti, può circolare nelle infrastrutture per il gas già esistenti e può essere utilizzato per il riscaldamento, per la produzione di elettricità o per l’alimentazione dei veicoli.
LA STRATEGIA “SATELLITARE” DI ENI
La vendita della quota di minoranza di Enibioch4in rientra nel cosiddetto “modello satellitare” di Eni, ossia una strategia basata sullo scorporo delle divisioni e la loro quotazione in collaborazione con investitori esterni; il piano serve anche a finanziare la transizione della compagnia verso il gas naturale e le energie rinnovabili.
È stato proprio questo l’approccio seguito con Plenitude (la controllata dedicata alla vendita di gas ed elettricità) e successivamente con Enilive (il fondo statunitense Kkr acquisirà prossimamente una quota del 20-25 per cento in un affare dal valore di circa 2,5 miliardi di euro).
AFFARE ENI-SNAM SULLA CATTURA DEL CARBONIO?
Nel modello satellitare rientra anche il business della cattura e stoccaggio del carbonio, un processo che permette di prelevare l’anidride carbonica emessa da una centrale elettrica o da uno stabilimento industriale prima che finisca nell’atmosfera per immagazzinarla all’interno di formazioni geologiche adatte. Eni possiede dei progetti sulla cattura del carbonio sia in Italia (a Ravenna) che nel Regno Unito (nella baia di Liverpool e nell’area di Bacton); pare che farà confluire queste attività in una società per poi procedere al suo scorporo.
A occuparsi di ricercare gli investitori è la banca statunitense JpMorgan. Snam, la società che gestisce la rete italiana dei gasdotti, è interessata, come ha dichiarato recentemente l’amministratore delegato Stefano Venier. “Possiamo essere potenziali partner [nella società di Eni, ndr]”, ha detto, “conferire il nostro 50 per cento di Ravenna e valutare di arrotondare la partecipazione. Dipende da come si conclude lo scouting che Eni sta portando avanti”.
Snam è già partner di Eni nel progetto Ravenna Ccs, la cui prima fase è stata avviata lo scorso settembre con l’iniezione nel giacimento esaurito di Porto Corsini Mare Ovest della CO2 emessa dalla centrale di trattamento del gas di Casalborsetti, per un volume stimato in circa 25.000 tonnellate all’anno.