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fondi pensioni

Tutte le nubi in arrivo sui pensionati

Che cosa succederà alle pensioni. L'intervento di Lorenzo Stevanato, magistrato

Una premessa: il bilancio dello Stato soffre, il debito pubblico ha raggiunto nuovi record (oltre 2800 miliardi quest’estate) in assoluto ed in rapporto al pil (siamo al 142 per cento, secondi solo alla Grecia, in Europa) in un quadro macroeconomico in cui prevale il pessimismo perché la crescita del pil si sta fermando mentre qualsiasi freno alla crescita della spesa primaria sembra impedito dall’esigenza della maggioranza al Governo di non scontentare l’elettorato. Nel frattempo la spesa per interessi sul debito pubblico è aumentata a dismisura a causa dell’inflazione (altro record: circa 80 miliardi, il 4 per cento del pil).

Senonché l’Italia è una sorvegliata speciale in Europa sul contenimento della spesa primaria. Invece quella per gli interessi sul debito pubblico, purtroppo, resterà un gravoso fardello appesantito dall’inflazione.

In questa desolante situazione della finanza pubblica, che anno dopo anno si conferma tipicamente italiana, bisognerebbe agire in tre direzioni: a) rendere più efficiente l’ordinamento tributario, in particolare ridurre-razionalizzare le expenditures fiscali (agevolazioni, detrazioni, esenzioni); b) operare per il recupero dell’evasione fiscale; c) spingere sull’incremento del pil con investimenti e riforme, in particolare accelerando la messa in atto del Pnrr.

Queste azioni, però, non si vedono ancora attuate da parte del Governo e, comunque, non in modo efficace né con la necessaria tempestività.

Vari indizi fanno invece temere che si voglia reperire una parte delle risorse finanziarie, necessarie per gli interventi di spesa che non mancheranno nella legge finanziaria per il 2024, dai pensionati.

Non da tutti i pensionati, ma solo da quelli titolari di pensioni medio-alte.

Naturalmente non importa che il diritto agli assegni pensionistici che questi hanno acquisito sia il corrispettivo di contributi integralmente versati, né importa che il diritto stesso debba essere garantito alla pari del diritto di proprietà.

Vediamo dunque se uno di questi pensionati possa ragionevolmente temere di essere “spennato” dalla manovra finanziaria in gestazione per il 2024.

Mi riferisco ad un pensionato che ha effettivamente versato tutti i contributi dovuti durante la vita lavorativa.

Altri milioni di pensionati hanno versato pochi o nessun contributo e tuttavia, non solo ricevono ugualmente una pensione (“assistita”), ma non devono temere nulla dalla manovra finanziaria. Anzi è probabile che otterranno qualche beneficio, come l’aumento delle pensioni minime promesso in campagna elettorale dalla maggioranza che è al Governo.

Va ricordato che i pensionati titolari di assegni pensionistici medio-alti (cioè quelle che superano l’importo di 6 volte la pensione minima: 3.382,44 euro lordi) già devono sopportare per il biennio 2023-2024 una decurtazione della rivalutazione automatica dell’assegno pensionistico introdotta dal comma 309 della legge di bilancio per il 2023 (fino al 68% in meno), il che si traduce in una forte riduzione del potere di acquisto, a fronte del caro-vita in atto a causa dell’inflazione.

Inoltre questa perdita non può essere più recuperata, anzi si accresce per trascinamento negli anni a venire.

Ebbene, le ipotesi sul tavolo di gestazione della legge di bilancio (almeno secondo quanto viene anticipato da qualche organo di stampa) sono ancora quelle di risparmiare sulla spesa delle pensioni medio-alte, allo scopo di destinare questi denari ad altri obiettivi di bilancio, in barba ai diritti quesiti. Del resto, a mettere in difficoltà i conti dell’INPS ci ha già pensato la decontribuzione 2% o 3% (cd. cuneo fiscale).

Un’ipotesi sul tavolo pare essere quella di tagliare ulteriormente o addirittura azzerare del tutto la rivalutazione automatica sulle pensioni medio-alte che, come detto, è già stata ridotta al 32% con la legge finanziaria dell’anno scorso.

Un’altra idea potrebbe essere quella di fissare (per sempre?), un tetto alle pensioni più alte. Lascia pensare ad una soluzione di questo tipo un passaggio del libro-intervista “La versione di Giorgia” di Alessandro Sallusti recentemente pubblicato, in cui la premier Meloni si è lasciata sfuggire che sarebbe giusto introdurre un massimale, fissato per legge, come già avviene in altri Paesi. Però i contributi inutilmente versati da chi aveva acquisito il diritto ad un assegno pensionistico superiore al massimale non gli verrebbero restituiti (of course).

Questa “trovata” non è affatto nuova, ma è riconducibile ad uno “storico” progetto del partito di maggioranza relativa, tradotto in proposte di legge presentate nelle due precedenti legislature (nella scorsa legislatura si trattava della proposta di legge 1253, “Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di importo elevato” con cui si voleva fissare un tetto corrispondente a 10 volte la pensione minima, al di sopra del quale si sarebbe dovuto ricalcolare le pensioni con il sistema contributivo).

Oppure ci si può aspettare la reintroduzione di un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, come già avvenuto nel recente passato.

L’ultima cervellotica idea che è balzata recentemente alle cronache proviene da uno studio dell’Inps: adeguare le pensioni alle aspettative di vita sulla base di una pluralità di parametri (in aggiunta all’età del pensionamento, che è il parametro vigente nel calcolo del coefficiente di trasformazione) come tipo di attività lavorativa svolta e regione di residenza, che statisticamente influirebbero sulle aspettative di sopravvivenza (ma non il genere, uomo donna: perché no?).

Ciò sommamente ingiusto reperire risorse mettendo le mani in tasca ai pensionati, che si sono guadagnata la pensione con i contributi di una vita lavorativa, ma ormai da anni si è capito che questa è divenuta una consuetudine dei Governi in carica, resa facile dal fatto che i pensionati sono una categoria che non si mobilita e subisce. Subisce ma anche ricorre al presidio della Corte costituzionale e delle Corti europee, come hanno fatto recentemente i pensionati riuniti nell’associazione “Aps-Leonida”.

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