Trump, i dazi e l’economia dell’incertezza. Il post di Riccardo Puglisi tratto da Substack
Donald Trump, da quando è stato rieletto presidente degli USA, è riuscito a generare una quantità gigantesca di volatilità e incertezza sui mercati, in particolare da quando ha annunciato -nel famigerato Liberation Day- dazi generalizzati e apparentemente finalizzati ad azzerare il deficit di bilancia commerciale con ogni singolo paese. Di fronte a una reazione fortemente negativa (per usare un clemente eufemismo) da parte dei mercati azionari, Trump stesso è tornato indietro rispetto alle sue scelte iniziali, “concedendo” una pausa di 90 giorni rispetto all’implementazione di tali dazi, con la sola eccezione della Cina.
Non è del tutto chiaro quale idea economica abbiano in testa i fan sfegatati di Trump secondo cui resta una buona cosa azzerare i deficit commerciali con gli altri paesi (credeteci o meno: io continuo ad avere un deficit commerciale con il mio barbiere), mentre alcuni si sono convertiti all’interpretazione più “moderata”, secondo cui Trump avrebbe dato l’annuncio tremendo dei dazi come mossa strategico-negoziale finalizzata a negoziare da una posizione di maggiore forza con gli altri paesi, così da arrivare a un esito migliore, fatto di dazi più bassi o nulli da entrambi i lati.
Sia come sia: a prescindere da quale sia la vostra interpretazione preferita intorno alla natura e intelligenza dei dazi trumpiani, resta vero che essi costituiscono dei veri e propri shock di incertezza economica, che possono avere effetti immediati e persistenti su moltissime decisioni economiche rilevanti, da quelle relative al commercio internazionale per se stesso (“dove compriamo?”, “a chi vendiamo?”, “che cosa esporteremo?”) alle decisioni altrettanto cruciali sugli investimenti, sempre da parte delle imprese.
Per capire meglio l’impatto dell’incertezza delle politiche economiche sull’andamento dell’economia nel suo complesso, possiamo fare riferimento all’indice EPU (Economic Policy Uncertainty) sviluppato da Scott Baker, Nick Bloom e Steven Davis. [Piccola parentesi: non stupitevi se entro 15 anni Baker, Bloom e Davis vinceranno il Premio Nobel per l’Economia soprattutto a motivo di questa analisi sull’incertezza economica] L’indice EPU misura l’incertezza legata alla politica economica attraverso un’analisi testuale di giornali e altre fonti informative, osservando la frequenza con cui appaiono termini legati a economia, politica e incertezza. L’EPU ha mostrato picchi significativi durante eventi rilevanti come l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, il fallimento di Lehman Brothers o Brexit.
Ma perché l’incertezza è così dannosa? Perché spinge imprese e famiglie a “tesoreggiare”, cioè a rimandare decisioni di spesa e investimento in attesa di un quadro più chiaro. In particolare, le imprese che devono compiere investimenti a medio-lungo termine – spesso facendo ricorso al credito – si trovano in difficoltà quando il contesto politico ed economico è imprevedibile: i rendimenti attesi diventano più incerti, il rischio percepito aumenta, e le decisioni vengono rinviate o cancellate del tutto.
Nel caso specifico dei dazi, l’incertezza è doppia: da un lato non si sa se verranno effettivamente implementati, dall’altro è difficile stimare quali settori saranno colpiti, con quali tempistiche e per quanto tempo.
Insomma, al di là dei vari argomenti retorici utilizzati, l’incertezza di Trump è già politica economica, e ha un impatto che può essere misurato: l’andamento vagamente “oscillante”, bipolare dei mercati azionari in questi giorni potrebbe essere il segnale che paradossalmente anticipa l’andamento piatto, depresso degli investimenti futuri.