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Selvaggia Lucarelli selvaggia solo con le classifiche di ristoranti?

L'affaire ristoranti potrebbe aver messo appetito a Selvaggia Lucarelli: l'accontenta l'ampio e ricco menu di Start Magazine. Quella vicenda, infatti, rischia solo di essere l'antipasto: sono tante le classifiche con bizzarrie e i riconoscimenti sospetti che riempiono le pagine dei grandi quotidiani. Si abbuffi azzannando qua e là. La lettera di Giacomo Di Mola

Caro direttore,
un po’ come Al Capone fu arrestato per evasione fiscale, così la grande carnevalata delle classifiche di manager, professionisti, aziende, innovatori e chi più ne ha più ne metta (pulcinellata, l’avrebbe definita la grandissima Tina Pica), sembra essere approdata all’attenzione di quelli che tu di tanto in tanto definisci “giornaloni” per… le recensioni dei ristoranti.
Un paio di giorni fa Selvaggia Lucarelli (si, quella del Pandoro gate che ha fatto fare sboom a Chiara Ferragni) facendo quattro semplici domande ha dimostrato in maniera plastica sul Fatto Quotidiano che, per entrare nell’ultima pirotecnica classifica dei ristoranti “innovativi” (sigh!) bastava pagare. Condizione sufficiente, ma non necessaria, stando alle dichiarazioni ed alle testimonianze raccolte dalla Lucarelli. Con figuraccia annessa della blasonatissima (forse un tantino troppo blasonata) rivista Forbes.
Ora, quello che in tanti malignano, nemmeno più nell’ombra ma apertamente, e qualche volta persino pubblicamente sui social, è che questo metodo valga un po’ per tutto: ristoranti, manager, professionisti, aziende, imprenditori, innovatori, esg. Insomma, il calderone di parole chiave che “piace alla gente che piace”.
Start Magazine da tempo avete puntato un faro su classifiche di manager ed aziende che hanno molto poco di scientifico, che hanno un serio problema di trasparenza e di credibilità. Seguo con assiduità gli interventi che pubblichi. Anche perché non sempre mi accorgerei se no del modo raffinato in cui vengono presentate tali classifiche.
Mi ha molto sorpreso, per esempio, l’analisi di Claudio Trezzano che ben fa vedere come, negli editoriali di accompagnamento alle varie graduatorie di Top Manager Reputation, il curatore e ideatore Andrea Barchiesi enfatizzi i nomi di chi sale di posizione ma salvo rarissimi casi ben si guardi dal sottolineare chi scenda. Pare vincano davvero tutti. E a ben pensarci non è poi così strano data la fiera delle vanità: se sono lì e voglio essere lì probabilmente vorrò anche primeggiare e non ammetterò sorpassi, no?
Credo che questo tema potrebbe interessare parecchio Selvaggia Lucarelli. Anzi, mi appello proprio a lei affinché inizi a studiarselo, viste le domande che da tempo voi ponete. Anche e soprattutto perché il curatore della classifica parla di algoritmi, di scienze esatte e calcoli matematici ma tutto pare quanto mai arbitrario, almeno a noi profani. Ci aiuti Selvaggia Lucarelli a capire!
Su Start il materiale è già apparecchiato in tavola, basta solo metterlo in fila. Anche perché alcune cose sono a dir poco gargantuesche. Cito l’intervento di Trezzano: “Sale al quinto di due posizioni Urbano Cairo (78.03), che a fine settembre ha visto il suo Torino in vetta alla serie A dopo 47 anni”. Qui devo dire sono rimasto un po’ interdetto: ma la classifica non è di ottobre? E allora cosa c’entrano i risultati del Torino registrati a settembre, peraltro a campionato appena iniziato?”

E sempre Trezzano aggiunge: “Scriveva Il Fatto lo scorso 25 agosto: “Torino, 10mila tifosi in corteo contro Cairo: “Vattene”. Da cosa nasce la contestazione”. E poi veniva spiegato: “Gli acquisti non sono mancati, ma la colpa è un’altra: ennesima sessione di calciomercato in cui i migliori se ne vanno. L’ultimo in ordine cronologico, Raoul Bellanova che vestirà la maglia dell’Atalanta. E così, a pochi minuti dalla partita di campionato – valida per la seconda giornata di Serie A – proprio contro la Dea, numerosi supporter hanno organizzato una manifestazione contro il presidente. E gli striscioni sono inequivocabili: “Cairo, vattene!”. Fuori dal centro sportivo Filadelfia – punto di ritrovo – gli ultras hanno appeso uno stricione che recita: “Ambizioni di un certo livello? Da 19 anni il solito ritornello. Noi non siamo in vendita“.Tuttosport è ancora più esplicito se si vuole capire il clima della curva: “Oceano Toro: 20.000 persone contro Cairo”.

E aggiunge sornione Trezzano: “Tu mi dirai: poi super-Cairo ha riportato in vetta la squadra e i tifosi ora lo amano. Non proprio. Il Torino è decimo, ha appena perso contro la Fiorentina (ma ormai la classifica reputazionale di ottobre era già stata scritta) e i tifosi… be’, lascio che sia La Stampa di Torino a dire come la pensano: “Vergogna a Torino, croce e bara per Cairo: contestazione shock al Filadelfia”. Che poi aggiunge: “Messaggi inquietanti e vergognosi contro il presidente granata sono comparsi fuori dal centro sportivo granata dopo la sconfitta di Roma: si rafforza la protezione della polizia”.

Continuando a mettere in fila titoli di giornali, Trezzano annota e conclude: “Che le cose vadano parecchio male in campo non è una novità delle ultime ore. Leggo sul sito “TorinoGranata“: “Il nuovo Torino sembra il vecchio: 5 ko nelle ultime 6 partite. I tifosi sempre più contro Cairo”. Certo, se la classifica di Top Manager Reputation che esce a novembre su ottobre prende i risultati calcistici di settembre è normale che tutto ciò resti fuori. Ma allora non sarebbe meglio glissare sulle motivazioni?”

Selvaggia, prendi appunti!
Ma Start non ti ha solo messo in tavola i molteplici quesiti sulla scientificità di certe graduatorie. La tavola è stata imbandita anche coi premi farlocchi e i riconoscimenti a pagamento.  Mi sono andato a ripescare questa missiva di un’altra mente acuta e brillante: Francis Walsingham. Scriveva: “Non ti sarà sfuggito, caro direttore, che spesso i quotidiani italiani, in particolare modo quelli a carattere economico, elargiscono premi alle aziende: “Leader della crescita”, “Campioni del servizio”, un certo numero di premi alla sostenibilità (alcuni più selettivi, altri molto meno) e altri premi assegnati dai consumatori (io non sono mai stato chiamato ad esprimere il mio giudizio, e tu direttore?). Incuriosito, mi sono concentrato su alcuni dei più prestigiosi. Per intenderci: quelli che spingono una grande azienda a fare un comunicato per annunciare di essere stata premiata. Hanno due caratteristiche in comune: sono rilasciati un ente certificatore internazionale in collaborazione con il quotidiano di turno e hanno tante (tantissime) categorie. E per ogni categoria una classifica piuttosto lunga. Dove sono tutti vincitori. Questa classifica è solitamente costruita intorno ad uno “score”, un punteggio. Ho cercato a lungo di capire meglio quali criteri fossero utilizzati per costruire questi “score”, sono potuto approdare esclusivamente ad una pagina generica “Metodologie” di uno degli enti certificatori che dispensa sigilli di qualità, ed ho potuto capire che i metodi sono fondamentalmente due: interviste telefoniche ai clienti e “social listening”. Ovvero misurare (quantitativamente e qualitativamente) le interazioni social intorno ad una certa azienda. Anche per premi come “TOP qualità / prezzo”, sondaggio. Top job (ovvero un posto dove lavorare è particolarmente bello)? Social listening. Come per i premi “Green” o quelli per i migliori ecommerce o le migliori aziende “digitali”. So a cosa stai pensando: sono metodi scientificamente un po’ claudicanti. Voglio rincuorarti, per “Leader della crescita” si guarda ai dati economici. Comunicati dall’azienda, ovviamente. Ora, la domanda che mi sono posto è: a che pro un ente certificatore ed un grande ed autorevole quotidiano impiegano tempo e risorse per premiare migliaia e migliaia di aziende, sulla base di un semplice sondaggio? La risposta (un po’ triste, per dirla tutta) è arrivata da un caro amico che si occupa di marketing e comunicazione in una grande azienda, che nelle mie investigazioni ho visto comparire più volte in diversi “TOP 100” con diversi score, ma che non ha mai dato notizia di aver ricevuto questi prestigiosi premi. Questo amico ha risposto alla mia domanda su quale fosse la ratio di tutti questi premi, inviandomi una letterina ricevuta poche settimane fa. Che recita (più o meno): Gentile responsabile marketing, siamo lieti di comunicarti che la tua azienda è tra i vincitori del prestigioso riconoscimento tal dei tali. Se vuoi ricevere il sigillo di qualità con il quale vantarti con i tuoi clienti e competitor di questo premio, possiamo offrirtelo a poche migliaia di euro (altrimenti non sei autorizzato a fregiarti della medaglia che siamo molto lieti di appuntarti). Non è tutto bellissimo?”,
Lascio ai tuoi lettori e a Selvaggia Lucarelli la risposta.
Sempre Walsingham si era occupato di come funzionano i bollini che dovrebbero certificare le migliori aziende facendo l’esempio dell‘Istituto Tedesco Qualità e Finanza. Non riporto per intero il suo intervento come ho fatto sopra, ma mi limiterò al passaggio clou: è “sufficiente leggere per esempio queste FAQ per scoprire che sì, il bollino certifica la tua qualità aziendale, ma al contempo ti viene rilasciato solo se paghi, logico no?”
“Il sigillo di qualità – si legge sul sito dell’Itqf – è marchio di certificazione registrato presso il Ministero delle imprese e del Made in Italy e che viene assegnato in maniera imparziale alle aziende che vincono le nostre indagini. Le aziende che vogliono usare il sigillo come strumento di marketing, possono acquistarlo come licenza annuale”.
C’era materiale per un servizio de Le Iene, per una incursione degli inviati di Striscia la Notizia, per un sfruculiata di Dagospia, eppure in questi mesi queste classifiche, queste graduatorie, questi riconoscimenti hanno continuato a trovare posizionamenti di tutto rispetto sui principali quotidiani e sui media di settore considerati più autorevoli.
In fondo il giochino delle classifiche fa comodo a tutti: gli editori lucrano, i comunicatori hanno qualcosa da comunicare, i premiati ottengono una vetrina che, se ha poco valore, è comunque un’occasione in più per parlare di se stessi (il vero sport nazionale, altro che il calcio!)
Dici che anche questa volta in tanti continueranno a fare di niente o che, sull’affaire ristoranti, finalmente qualcosa cambierà?
Se Selvaggia Lucarelli ha ancora appetito, le portate principali sono ancora tutte da azzannare. Si accomodi.
Un affranto (ma pur sempre speranzoso),
Giacomo Di Mola
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