La Fed esordisce col botto nel prendere il sentiero di riduzione dei tassi. Il Presidente Jerome Powell ha annunciato alle 20:00 di ieri sera ora italiana un taglio di 50 punti base, portando i tassi di riferimento nell’intervallo 4,75%-5%.
Immediata la reazione dei mercati valutari, con Euro/dollaro che è arrivato a sfiorare 1,1190, e dei mercati obbligazionari, con un calo dei rendimenti dei titoli USA su tutto l’arco delle scadenze, a partire da quelle più brevi, notoriamente più sensibili a questo tipo di decisioni. Positiva anche la reazione dei listini azionari. Relativamente stabili invece i rendimenti dei maggiori titoli governativi europei (Btp, Bund e Oat).
Una riduzione di così rilevante entità, invece degli abituali 25 punti base, è il segnale della preoccupazione della Fed circa un eccessivo indebolimento della crescita, prevista comunque al 2% (livello che in Europa ci sogniamo), e del mercato del lavoro. Basti pensare che l’ultimo taglio di questa entità risale al 2020 con mezzo mondo chiuso per lockdown.
Il fatto che non sia stata una decisione facile è testimoniato dalla mancanza dell’unanimità nella decisione, cosa che non accadeva dal 2005.
Ha certamente pesato sulla misura “extralarge” del taglio la valutazione della banca sull’equilibrio tra due rischi che, nella sua valutazione, non sono più simmetrici. Da un lato, il rischio di eccessivo indebolimento del mercato del lavoro e conseguente aumento della disoccupazione; dall’altro il rischio di un rischio di mancare l’obiettivo di stabilizzazione dell’inflazione verso il 2%.
Ora è giunto il momento di non strozzare eccessivamente l’economia e prendersi cura di occupazione e salari. Non bisogna dimenticare che la Fed ha, diversamente dalla Bce, il duplice obiettivo della stabilità dei prezzi e della massima occupazione. Su questo fronte la Fed prevede un tasso di disoccupazione in crescita al 4,4% dal 4,2% attuale.
Nella conferenza stampa Powell ha tenuto a sottolineare che la funzione di reazione della Fed è pronta a fronteggiare tutti gli sviluppi futuri, sia che riguardino un’inflazione troppo lenta nella sua discesa, sia che riguardino un ulteriore peggioramento del mercato del lavoro. Pur sottolineando che non esiste alcun automatismo nel sentiero di riduzione appena imboccato.
A questo punto, gli analisti danno per probabile un taglio di ulteriori 50 punti entro dicembre e ulteriori 100 punti nel corso del 2025.
Ora attendiamo di sapere con quale coraggio, con una crescita che langue intorno allo “zero virgola” e con la principale economia dell’eurozona (Germania) già in probabile recessione, Christine Lagarde potrà ancora tenere i tassi fermi a ottobre.