L’addio alla Borsa resta l’obiettivo principale delle offerte pubbliche di acquisto (Opa) e/o di scambio lanciate sul mercato finanziario italiano. E’ quanto emerge da un Occasional Report sul tema curato dalla Consob. Ecco i dettagli sul rapporto fra numeri, commenti e scenari.
CHE COSA EMERGE DAL RAPPORTO DELLA CONSOB SULLE OPA
I dati analizzati dagli autori – Silvia Carbone, Toni Marcelli (Divisione Vigilanza Emittenti – Ufficio OPA e Assetti proprietari) e Domenico Fichera (Divisione Studi e Regolamentazione – Ufficio Analisi degli Impatti della Regolamentazione) – mostrano che su un totale di 76 offerte pubbliche promosse nel periodo 2020-2023 ben 56, cioè il 74% dei casi, si sono concluse con il delisting. Tra le motivazioni della scelta di lasciare Piazza Affari vengono indicate le semplificazioni normative, i minori oneri, la maggiore flessibilità gestionale e organizzativa nonché la maggiore competitività e velocità di esecuzione che si associano allo status di società non quotata.
I PERCHE’ DEI DELISTING
“Una possibile spiegazione dell’obiettivo del delisting potrebbe derivare da una “disaffezione” verso lo status di società quotata da ricondurre all’ampio dibattito in corso in materia di prevalenza dei private markets sui public markets”, si legge nel rapporto. Viene anche fatto notare che in più occasioni emerge poi la circostanza che: i) la capitalizzazione di mercato spesso non riflette i valori fondamentali della società; ii) l’operatività degli investitori si caratterizza su orizzonti di breve periodo (short termism); iii) la liquidità dei titoli quotati registra valori inferiori alle attese degli emittenti (volumi di negoziazione bassi e insufficiente attività di sostegno alla liquidità da parte del liquidity provider/specialista).
I NUMERI SULLE OPA
Analizzando le offerte in termini di controvalore, risulta che le OPA rappresentano circa l’80% delle offerte (20.154 milioni di euro), le OPS rappresentano circa il 7% (1.690 milioni di euro), le OPAS rappresentano circa il 13% (3.312 milioni di euro). Nonostante la prevalenza numerica e di controvalore complessivo delle OPA, dall’analisi del controvalore medio emerge che la dimensione media delle OPS (563 milioni di euro) è quasi il doppio rispetto a quella delle OPA (301 milioni di euro); la dimensione media delle OPAS è, invece, pari 1.104 milioni di euro (oltre il triplo delle OPA e circa il doppio delle OPS).
Complessivamente, a partire dal 2007, anno di recepimento della Direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto, in Italia sono state effettuate 307 offerte vigilate dalla CONSOB, per un controvalore complessivo di circa 75.161 milioni di euro.
COME E DOVE CRESCONO LE OFFERTE PUBBLICHE DI ACQUISTO
Lo studio evidenzia anche una significativa crescita nel numero delle offerte promosse sull’Euronext Growth Milan (EGM), il sistema multilaterale di negoziazione dedicato alle piccole e medie imprese, in cui fra il 2020 e il 2023 si sono registrate 16 OPA (21,9% delle offerte totali), con un’accelerazione nel 2023 (10 casi), rispetto alle 9 OPA del periodo 2007-2019. Le offerte di acquisto su azioni hanno riguardato principalmente azioni quotate su Euronext Milan (53 offerte, pari al 72,6% delle offerte), di cui 9 sul Segmento Euronext STAR Milan (12,3%).
Nel periodo di analisi, 4 offerte volontarie totalitarie sono risultate non efficaci per effetto della mancata realizzazione delle condizioni apposte dall’offerente e non sono state promosse offerte concorrenti (dette anche “contro-OPA”).
DOVE E’ PIU’ ALTO IL PREMIO
Focalizzando l’analisi sui mercati di negoziazione, risulta che il premio offerto agli azionisti è in media più basso dove la liquidità è maggiore (p. es. sul segmento Euronext Star Milan), mentre sulle piattaforme in cui la liquidità è minore (p. es. l’EGM) il premio è di regola più alto. Facendo la media di tutti i premi considerati (a un giorno antecedente il primo annuncio dell’operazione, a un mese, a un trimestre, a un semestre e a un anno precedente il primo annuncio) le offerte volontarie totalitarie hanno un premio medio del 30,8%; le offerte obbligatorie del 32,0%; le offerte volontarie parziali del 11,8%. Nel 20,5% delle offerte aventi ad oggetto azioni ordinarie (15 sul totale di 73) il corrispettivo offerto è stato modificato durante il periodo di offerta.
L’Occasional Report riporta, come sintetizza una nota della stessa Consob sulla scorta del paper, che fra il 2020 e il 2023 19 offerte su 76 (pari al 25%) hanno registrato forme di reinvestimento dei soci della società-bersaglio nel capitale dell’offerente. Sul dato, in forte aumento rispetto alle evidenze del periodo 2007-2019 (14 offerte su 231, pari a circa il 6%), incidono le offerte con reinvestimento effettuate su società negoziate su EGM (7 rispetto alle 19 totali). Il crescente fenomeno delle OPA con reinvestimento porta anche a una maggior lunghezza dei documenti: è passata dalle 164 pagine del 2020 alle 206 pagine del 2023 per il documento di Offerta.
+++
Estratto dal rapporto della Consob:
LE OFFERTE PUBBLICHE SVOLTE IN ITALIA NEL PERIODO 2020-2023: IL RAPPORTO CONSOB
Nel periodo in esame prevalgono le offerte di acquisto finalizzate all’incremento della partecipazione già detenuta dai soci di controllo nella società bersaglio (OPA da completamento) e al conseguente delisting dell’emittente.
In particolare, come mostra la seguente tabella, circa il 60% delle offerte è motivata da obiettivi concernenti l’incremento della partecipazione di controllo societario/delisting, mentre altre motivazioni quali l’acquisizione del controllo, il buyback di azioni proprie, l’investimento finanziario e l’obbligo di acquisto ex 108, comma 2, TUF (fuori Offerta) rappresentano, rispettivamente, il 21,1%, il 9,2%, il 5,3%, il 3,9% delle offerte considerate.
Con particolare riferimento alle operazioni finalizzate all’acquisizione del controllo, si segnala come la quota di Offerte con tale obiettivo rilevata nel periodo in esame (21,1%) è pressoché uguale a quella rilevata nel periodo 2007-2019 (in tale arco temporale circa un terzo – 75 su complessive 231 offerte – sono afferenti a cambiamenti del controllo e solo una stretta minoranza sono qualificabili come offerte ostili pari a n.10 offerte).
I dati degli ultimi 4 anni, ponendosi in linea di continuità con le evidenze del periodo 2007-2019, sembrano, pertanto, confermare l’esistenza di un rapporto inversamente proporzionale tra la crescita della concentrazione della proprietà azionaria e l’andamento delle acquisizioni ostili.
Queste evidenze spingono necessariamente a slegare il fenomeno delle OPA ostili da quello del cambio del controllo societario. Nel contesto italiano i cambiamenti di controllo sembrano, pertanto, maggiormente caratterizzarsi come il risultato di transazioni “amichevoli”, tra gli azionisti di controllo storici e i nuovi acquirenti, piuttosto che di operazioni ostili.
Focalizzando l’attenzione sui delisting, si osserva come nel periodo considerato sono state censite 14 Offerte (pari al 18,4%) che non prevedevano tra propri obiettivi il delisting, mentre nelle restanti 62 operazioni (pari all’81,6%) il delisting stesso è stato, invece, individuato quale obiettivo “associato” (all’obiettivo principale, quale ad esempio il rafforzamento del controllo, il buyback, etc.) delle offerte promosse.
Inoltre, in 56 operazioni su 76 (ovvero in circa il 74% dei casi) l’OPA si è conclusa con il delisting dello strumento oggetto di offerta.
Una possibile spiegazione dell’obiettivo del delisting potrebbe derivare da una “disaffezione” verso lo status di società quotata da ricondurre all’ampio dibattito in corso in materia di prevalenza dei private markets sui public markets.
In materia, tra le motivazioni dichiarate nei documenti di offerta da parte degli Offerenti sono stati costantemente evidenziati i vantaggi per gli emittenti derivanti dal conseguimento dello status di società non quotata (semplificazione normativa, minori oneri e maggior flessibilità gestionale e organizzativa, maggior competitività e velocità di esecuzione).
In più occasioni emerge poi la circostanza che:
- la capitalizzazione di mercato spesso non riflette i valori fondamentali della società;
- l’operatività degli investitori si caratterizza su orizzonti di breve periodo (short termism);
- la liquidità dei titoli quotati registra valori inferiori alle attese degli emittenti (volumi di negoziazione bassi e insufficiente attività di sostegno alla liquidità da parte del liquidity provider/specialista)