La Camera dei deputati ha respinto il disegno di legge che avrebbe autorizzato il Presidente della Repubblica a ratificare il Trattato che riforma il MES, il cosiddetto Fondo Salvastati che fu varato nel 2012 insieme al cosiddetto Fiscal Compact, il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) che ha disciplinato per circa un decennio i bilanci degli Stati dell’Unione europea con limiti più stringenti posti al deficit ed al debito pubblico, anteponendosi al Trattato europeo che ha disciplinato questa materia sin dal 1992.
Era rimasto l’unico Paese aderente all’euro, l’Italia, a non avere ancora ratificato questo nuovo Trattato sul MES, che sarebbe dovuto entrare in vigore dal prossimo 1° gennaio, insieme al nuovo Patto di Stabilità e Sviluppo, dopo aver abbandonato il Trattato sul Fiscal Compact: per la disciplina dei bilanci pubblici si ritorna alle norme del Trattato europeo, integrando sulla base di un accordo congiunto tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo le disposizioni dell’Allegato al Trattato che stabiliscono i limiti ai rapporti deficit/PIL e debito/PIL, rispettivamente del 3% e del 60%. Per il MES rimane in vigore ed applicabile il primo Trattato che lo ha istituito.
C’è da ricordare inoltre che, mentre i limiti alla finanza pubblica stabiliti sulla base del Trattato europeo si applicano a tutti gli Stati aderenti all’Unione, il MES è adottato e si applica ai soli Stati che hanno scelto l’euro: questo Meccanismo è stato istituito per evitare che il default del debito pubblico di uno Stato aderente all’euro, o di una sua istituzione finanziaria, possa scatenare una crisi sistemica che incida sulla stabilità della moneta unica.
La stretta correlazione tra i criteri europei in materia di bilanci pubblici e condizioni per l’attivazione del MES a favore degli Stati veniva sancita nell’Allegato III del nuovo Trattato, in cui erano esplicitate le condizioni da rispettare per concedere prestiti agli Stati, sia precauzionali che di emergenza.
A ben ragione, dunque, tutti i governi italiani hanno sempre sostenuto la stretta correlazione tra la riforma del MES e quella del PSC: visto elevatissimo rapporto tra debito pubblico e PIL che ha l’Italia, e considerato che l’ottenimento di un prestito in condizioni di emergenza è condizionato alla preliminare verifica della sostenibilità del debito, è indispensabile stabilire con precisione come venga stabilita la sussistenza o meno di questa “condizione di sostenibilità”..
Il nuovo Trattato MES fu scritto nel 2020, quando era in vigore il Trattato sul Fiscal Compact, di cui infatti riprende l’impostazione e le condizioni. Nell’Allegato III viene infatti stabilito che uno Stato può ottenere una linea di credito precauzionale (Precautionary Conditioned Credit Line, PCCL) solo se soddisfa le seguenti condizioni:
- non essere soggetto alla procedura per disavanzi eccessivi;
- rispettare i seguenti parametri quantitativi di bilancio nei due anni precedenti alla richiesta di assistenza finanziaria:
- un disavanzo inferiore al 3% del PIL;
- un saldo di bilancio strutturale pari o superiore al valore di riferimento minimo specifico per Paese;
- un rapporto debito/PIL inferiore al 60% del PIL o una riduzione di questo rapporto di 1/20 all’anno;
- non evidenziare squilibri eccessivi nel quadro della sorveglianza macroeconomica dell’UE;
- presentare riscontri storici di accesso ai mercati dei capitali internazionali a condizioni ragionevoli;
- presentare una posizione sull’estero sostenibile;
- non evidenziare gravi vulnerabilità del settore finanziario che mettono a rischio la stabilità finanziaria.
Già leggendo questo elenco di condizioni, in particolare quelle relative al debito che deve essere inferiore al 60% del pil e che alla sua riduzione di 1/20 l’anno, se ne ricava la generale inagibilità dello strumento del credito precauzionale: nessuno Stato aderente all’euro soddisfa i requisiti richiesti.
Per non lasciare inutilizzato questo strumento, si sarebbe dovuto già modificare il nuovo Trattato ricorrendo alla previsione dell’Articolo 14, secondo cui: “Il Consiglio dei governatori può decidere di variare i criteri di ammissibilità applicabili all’assistenza finanziaria precauzionale del MES, e modificare di conseguenza l’allegato III. La modifica entra in vigore dopo che i membri del MES hanno notificato al depositario l’avvenuto completamento delle procedure nazionali applicabili”. Questo significa che il Consiglio dei Governatori può decidere di modificare unicamente le condizioni di ammissibilità relative all’assistenza precauzionale, rimanendo fermo che queste modifiche devono essere poi comunque ratificate da tutti gli Stati membri.
Sempre nell’Allegato III del nuovo Trattato, si prevedeva che la linea di credito di emergenza, soggetta a condizioni rafforzate (Enhanced Conditions Credit Line, ECCL), potesse essere concessa ai membri del MES “cui il mancato soddisfacimento di alcuni criteri di ammissibilità preclude l’accesso a una linea di credito condizionale precauzionale, ma che presentano una situazione economica e finanziaria generale comunque solida e un debito pubblico sostenibile”. Ma nel nuovo Trattato non c’è nessuna disposizione che consenta al Consiglio dei Governatori di modificare o di integrare questa disposizione: per evitare di rimanere nella incertezza più completa, si sarebbe dovuto ricorrere per analogia al rispetto delle norme europee del PSC che andranno a rimpiazzare il Fiscal Compact. Anche questo è un aspetto delicatissimo che doveva essere chiarito modificando adeguatamente il nuovo Trattato.
A parte la singolarità della affermazione secondo cui chiederebbe un prestito al MES uno Stato che gode di “buona salute economica e finanziaria”, manca ogni raccordo con le norme europee in tema di sostenibilità delle finanze pubbliche. Senza chiarire la portata di queste clausole circa la sostenibilità del debito, il nuovo Trattato MES sarebbe rimasto talmente vago da far scattare preventivamente il procedimento semplificato di ristrutturazione introdotto dall’Art 12 del nuovo Trattato, in base al quale “A tutti i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione con scadenza superiore a un anno emessi a partire dal 1o gennaio 2022 si applicano clausole di azione collettiva con votazione a maggioranza singola”. In pratica, si tratta del sistema già imposto alla Grecia dalla Troika, composta da Commissione, Bce e Fmi: prima ristrutturi il debito, poi ti fornisco l’assistenza finanziaria alle mie condizioni.
(Estratto di un articolo pubblicato su Teleborsa)