Che le “sostanze chimiche perenni”, note come Pfas, siano presenti in quasi tutti i nostri organi – specialmente perché ingeriti o inalati – viene confermato sempre più spesso, ma questa volta a essere imputati non sono gli imballaggi degli alimenti o le bottiglie di plastica bensì giacche e pantaloni. E non si tratta di Shein o di qualche altro marchio di fast fashion che vende a pochi spicci prodotti scadenti ma del produttore di Gore-Tex, il tessuto sintetico dalle alte capacità impermeabili e traspiranti, che prende il nome proprio dal cognome dell’imprenditore che nel 1976 lo ha inventato.
LA CLASS ACTION CONTRO GORE-TEX
Forte dei suoi materiali resistenti che durano anni, e che dunque non incentiverebbero l’acquisto spasmodico usa e getta, Gore-Tex afferma di impegnarsi per la sostenibilità anche attraverso i tessuti che utilizza. Tuttavia, secondo i suoi consumatori non è proprio così e la scorsa settimana è partita una class action contro il suo produttore W.L. Gore & Associates.
I querelanti, stando a quanto riferito dallo studio legale che li rappresenta, Hagens Berman di Seattle, sostengono che l’azienda “ha consapevolmente nascosto l’uso continuo di Pfas” nelle sue giacche impermeabili, nelle scarpe, nell’abbigliamento e in altri prodotti idrorepellenti.
“Crediamo che i consumatori amanti della natura che acquistano i prodotti Gore-Tex siano stati colpiti nel punto più dolente. Sono stati ingannati sull’impatto ambientale dell’attrezzatura outdoor che hanno acquistato”, hanno dichiarato da Hagens Berman, secondo cui l’azienda “sapeva che i suoi clienti non avrebbero acquistato prodotti che potevano essere collegati a forniture idriche contaminate e così ha orchestrato una campagna di greenwashing per coprire l’impatto dei suoi prodotti”.
PROMESSE TRADITE
La causa accusa Gore di aver promesso al pubblico di essere “impegnata nella sostenibilità” e “rispettosa dell’ambiente” e che i suoi laminati erano “privi di Pfc*” e riflettevano “prestazioni responsabili”, pur continuando a utilizzare Pfas, sostanze chimiche notoriamente famose per essere dannose per la salute ma anche per l’ambiente poiché è difficilissimo, oltre che costosissimo, eliminarle.
La denuncia sostiene poi che Gore ha anche omesso di comunicare ai consumatori che il suo tessuto Gore-Tex rilascia Pfas dannosi nell’ambiente e/o nelle riserve idriche durante il normale utilizzo da parte dei consumatori e durante la produzione.
Inoltre, nel 2021 l’azienda aveva annunciato di aver sviluppato una nuova membrana che utilizza polietilene espanso, una sostanza non Pfas, e che intende usarla per sostituire i Pfas esistenti in tutti i suoi prodotti. Aveva anche dichiarato di aver sviluppato un nuovo trattamento impermeabile durevole privo di Pfas, ma senza rivelare che solo la sua linea di prodotti di nuova generazione ne beneficerà, mentre intanto continua a includere Pfas nella sua produzione.
CAMPAGNE INGANNEVOLI
“La campagna di greenwashing di Gore – si legge nel documento – inganna il pubblico sostenendo di essere fortemente impegnata nella responsabilità ambientale e all’avanguardia nei processi produttivi sostenibili. Ma, in realtà, Gore continua a produrre il tessuto Gore-Tex utilizzando Pfas…”.
La causa, secondo quanto riportato da Business Wire, offre molti esempi di promesse ecologiche di Gore dal suo sito e dai materiali di marketing, che attirano gli aspiranti clienti parlando di prodotti “ecologici” e affermando di “agire in modo responsabile” nei confronti della natura. Gore definisce addirittura la responsabilità come “una priorità assoluta” per la sua attività.
Gli avvocati sostengono poi che la “campagna ingannevole di greenwashing” dell’azienda nasconde che i Pfas, utilizzati negli indumenti outdoor Gore-Tex, si bioaccumulano nell’ambiente, dove rilasciano sostanze chimiche tossiche. “Invece di confessare l’uso dei Pfas e le loro conseguenze ambientali – afferma la denuncia -, Gore ha scelto di intraprendere una significativa campagna di greenwashing, piena di false dichiarazioni e omissioni materiali, progettata per ingannare i consumatori attenti all’ambiente e salvaguardare i suoi profitti”.
UN DANNO ANCHE PER LA SALUTE
Come ha scritto l’anno scorso il magazine Outpump l’utilizzo di Pfas nell’abbigliamento riguarda anche la salute. Infatti, “il dottor Stuart Harrad, professore di chimica ambientale all’università di Birmingham, ha dimostrato come i Pfas contenuti nei tessuti o nella polvere possano essere assorbiti dal sudore e dalla pelle causando problemi”. All’epoca non era ancora chiaro se questi riuscissero poi a entrare nel sangue, “ma non è una possibilità da escludere”.
L’articolo inoltre faceva notare che in America però qualcosa si stava muovendo poiché “secondo quanto riportato da Safer States, a partire dal 2025, la California vieterà la vendita di qualsiasi tessuto contenente Pfas, New York limiterà la vendita di abbigliamento e il Colorado bannerà l’arredamento contenente queste sostanze, come ad esempio i tappeti”.
LA DENUNCIA DEL MARYLAND
Ma la recente class action contro la W.L. Gore & Associates fa seguito a un’altra denuncia presentata il mese scorso dallo Stato del Maryland. In questo caso, l’azienda è accusata di aver contaminato le risorse naturali del Maryland scaricando Pfas in molti dei suoi 14 impianti situati nei dintorni di Elkton. Secondo il procuratore generale, le sostanze sarebbero infatti entrate nell’acqua potabile dei residenti della zona, determinando il potenziale di una moltitudine di effetti negativi sulla salute, tra cui tumori, malattie riproduttive, difetti dello sviluppo, ripercussioni sul sistema immunitario e altro ancora.