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aumento capitale Mps

Perché Mps da solo non ha futuro

 

Lo stesso vale per Mps. Una banca in crisi è come uno yogurt scaduto: più passa il tempo, più irrancidisce. Una banca vende prodotti e servizi omogenei, e se perde un cliente in una fase critica, è quasi impossibile che lo recuperi o lo sottragga alla concorrenza.

In questa situazione, Mps non ha un futuro da sola, a maggior ragione dovendo collocare prodotti di terzi perché, cercando di sopravvivere, ha venduto le sue società-prodotto. Una situazione irreversibile: più passa il tempo, meno Mps vale.

Lo stato, azionista di controllo, è consapevole del valore negativo di Mps: tra aumenti di capitali preventivi, deferred tax assets, ammortizzatori per gli esuberi e acquisto di crediti deteriorati a prezzi superiori del mercato, deve pagare un compratore perché se la prenda.

Ma il “regalo”, o “dote”, che Unicredit ha richiesto dopo aver guardato nei conti della banca è risultato indigeribile. Unicredit, essendo l’unico compratore possibile, e non essendo un ente benefico, aveva il coltello dalla parte del manico in una trattativa a senso unico; ma è anche vero che gli amministratori di Mps, nominati dal Tesoro, avevano evidentemente rappresentato al loro azionista una situazione edulcorata della banca.

Bene dunque fa il Tesoro a rimuovere l’attuale consiglio e i suoi vertici per rimpiazzarlo, si spera, con uno che faccia rapidamente la ristrutturazione necessaria per rendere meno amara la medicina che lo stato dovrà comunque ingoiare.

Anche in questo caso, il governo deve fare in fretta prima che i partiti si ergano compatti a difesa dell’autonomia di Mps, rinviando la resa dei conti a spese delle finanze pubbliche. E si comincia già a sentire, in lontananza, il vociare della politica.

(Estratto di un articolo pubblicato su Domani Quotidiano)

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