Se si legge il comunicato stampa della Casa Bianca a seguito dell’incontro tra Donald Trump e Giorgia Meloni, si nota l’enfasi sulla collaborazione economica tra l’Italia e gli Stati Uniti. Una premessa politica molto utile per il coinvolgimento di fondi di investimento americani nei progetti italiani per la ricostruzione dell’Ucraina, come conferma il sito Capitol Intelligence Group.
Tra le partite più interessanti per una partnership tra finanza Usa e grandi aziende italiane ci sono le grandi infrastrutture come gli aeroporti e la cantieristica navale, entrambe eccellenze italiane.
In Ucraina ci sono voci insistenti sulla riapertura dello spazio aereo, già a maggio 2025, ma limitatamente ad alcuni aeroporti. Questa eventualità ha già attirato l’interesse di alcuni tra i maggiori fondi istituzionali al mondo, come il gigante americano di private equity Blackstone e la holding Temasek di Singapore.
Ricordiamo che tutti i voli in Ucraina sono stati cancellati a seguito dell’invasione russa del 24 febbraio 2002, durante la quale le piste degli aeroporti civili sono state bombardate.
LEOPOLI IN POLE POSITION PER L’APERTURA
L’aeroporto internazionale Danylo Halytskyi di Leopoli è già pronto per la riapertura, ha dichiarato il suo direttore generale, Tatiana Romanovskaya, in un’intervista al Kyiv Independent. Il manager aeroportuale affermato che ci sono contatti già avviati con le compagnie Turkish Airlines e Ryanair, seguite da Lufthansa, Wizz Air, Lot, Air Baltic, SkyUp, Austrian Airlines.
Il sindaco di Leopoli, Andrij Sadovyj, che è il sindaco ucraino più abile nel marketing per attrarre investitori internazionali nella sua città, aveva parlato in un suo intervento della privatizzazione dell’aeroporto di Leopoli alla Conferenza dei Sindaci degli Stati Uniti, il 17 gennaio 2024.
L’aeroporto di Leopoli è un esempio di partenariato pubblico-privato in Ucraina, che ha portato alla trasformazione dell’aeroporto con una capacità iniziale stimata di 500.000 passeggeri a un hub regionale con 3 milioni di passeggeri all’anno, inclusi i voli a lungo raggio per New York, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, prima dell’invasione.
I grandi fondi di investimento come Blackrock, Vanguard o il finanziere di New York Mario Gabelli potrebbero acquistare una quota del capitale dell’aeroporto, oggi posseduto al 100% dal Ministero delle Infrastrutture dell’Ucraina e costituire una holding pubblico-privata, simile a quella dell’Aeroporto di Orio al Serio (Bergamo), vicino a Milano.
Anche l’aeroporto Internazionale Boryspil di Kiev (KBP), il più grande dell’Ucraina, ha suscitato l’interesse dei principali operatori aeroportuali globali, tra cui la tedesca Fraport e l’operatore Aeroporti di Roma (Adr) del gruppo Mundys, controllato dalla famiglia Benetton, ma con una quota del 37,8% del fondo americano Blackstone di Stephen Schwarzman (finanziere vicino a Trump).
Tuttavia, nei prossimi anni anche altri scali come l’aeroporto di Odessa rappresenteranno delle opportunità di investimento interessanti, soprattutto in termini di turismo dopo la guerra.
LA RIAPERTURA DEGLI AEROPORTI E LA STRATEGIA DI NOVA POSHTA
La spinta alla riapertura di alcuni aeroporti viene anche da una grande azienda ucraina, Nova Poshta, che è in via di quotazione alla borsa di New York.
Nova Poshta, che ha inventato un servizio postale innovativo, con ampio uso di tecnologia digitale, vorrebbe utilizzare gli aeroporti di Leopoli e Odessa come hub per il commercio tra Stati Uniti e Cina, come ha annunciato Vyacheslav Klymov, uno dei fondatori di Nova Poshta e proprietario di Supernova Airlines, in una intervista su Economichna Pravda.
Nova Global, l’operatore di logistica internazionale di Nova Poshta, oggi utilizza l’aeroporto Internazionale di Chișinău in Moldavia come principale hub per il trasporto aereo merci, in particolare per le merci provenienti dalle grandi società di e-commerce cinesi Alibaba e Temu. Nei piani di Nova Poshta c’è l’utilizzo di un Boeing 737 per le spedizioni dagli Stati Uniti, via Islanda, verso l’aeroporto Václav Havel di Praga. Inoltre, un Boeing 747 verrà impiegato per trasportare merci cinesi provenienti dall’e-commerce in Ucraina, da Hong Kong, via Kazakistan, a Chișinău.
Un altro co-fondatore Nova Poshta, Yuriy Benevytskyi, ha raccontato che avrebbe preferito utilizzare l’aeroporto Chopin di Varsavia. Tuttavia, questo piano ha incontrato le resistenze della compagnia aerea statale LOT a causa della potenziale concorrenza con le proprie attività di trasporto merci.
L’AEROPORTO DI ODESSA
Mundys sarebbe l’operatore ideale per rilevare l’aeroporto di Odessa, che è al 75% di proprietà della coppia di oligarchi Boris Kaufman, magnate del tabacco, e Alex Borukhovich (noto anche come Aleksandr Granovsky), entrambi proprietari della catena alberghiera Vertex, che include l’Hotel Bristol di Odessa, colpito a gennaio da tre missili russi.
Kaufman e Granovsky furono arrestati dalla giustizia ucraina nel 2022 (e subito rilasciati) per una indagine di corruzione da parte del NABU (autorità anti-corruzione ucraina).. Mentre la causa è ancora in corso, il governo ucraino ha adottato misure per congelare la proprietà dell’aeroporto di Odessa per appropriazione illecita, al fine di dimostrare la serietà delle riforme richieste dal percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione Europea e incoraggiare gli investimenti esteri.
Riguardo al problema della sicurezza dei cieli, la Romania e l’Ucraina hanno entrambe manifestato la disponibilità ad offrire copertura antiaerea per salvaguardare lo spazio aereo ucraino. La Romania, che da tempo subisce sconfinamenti di attacchi russi al confine con il Danubio, può abbattere droni russi e altri missili che minacciano la regione confinante di Odessa, mentre che il primo ministro polacco Donald Tusk può utilizzare le installazioni di Patriot in Polonia per proteggere i cieli sopra Leopoli. Però, sia la Romania che la Polonia devono attendere le elezioni presidenziali previste per maggio. Solo dopo quella scadenza elettorale i due Paesi potranno adottare queste misure.
La visita del Segretario della NATO Mark Rutte a Odessa del 15 aprile è stata un chiaro segnale della volontà dell’Alleanza Atlantica di non voler far mancare la sua protezione al porto del Mar Nero.
ITALIA E USA PARTNER SUI CANTIERI NAVALI
L’Italia sta promuovendo in modo crescente investimenti significativi in Ucraina. A questo scopo il Ministero degli Esteri sta organizzando una Conferenza Intergovernativa per la Ricostruzione dell’Ucraina il 10-11 luglio 2025 a Roma. Il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e il Ministro dell’Economia ucraino Yulia Svyrydenko si sono incontrati a Milano lo scorso 5 marzo, nel corso dell’evento “On The Road to Ukraine Reconstruction Conference 2025“.
In questo contesto, il coordinamento con la politica estera americana crea una grande opportunità per i campioni nazionali italiani come Fincantieri, Ferrovie dello Stato, Enel e il gruppo della difesa Leonardo, con un ruolo strategico di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), controllata dal ministero dell’Economia.
In particolare, nel comunicato stampa congiunto dopo l’incontro alla Casa Bianca si legge che “Italy will contribute to the maritime renaissance of the U.S. shipbuilding sector, while the U.S. will look into the investment opportunities offered by the increasingly positive Italian business environment”.
Questa frase sul contributo italiano al “rinascimento del settore navale americano” pare un chiaro riferimento all’importanza per la Marina degli Stati Uniti della fornitura di navi da parte di Fincantieri. Inoltre, l’offerta americana a investire in progetti italiani espressa nel comunicato pare una conferma della precedente notizia su StartMag sul progetto di rilevare un cantiere ucraino nella regione di Odessa per costituire un polo industriale all’avanguardia per le commesse navali.
Non c’è quindi da stupirsi se questo progetto Fincantieri a Odessa sarà realizzato con il contributo finanziario di International Development Finance Corporation (DFC), Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e BERS.
Fincantieri costruisce già navi mercantili di nuova generazione a Tulcea, in Romania, attraverso la sua controllata norvegese VARD. L’azienda impiega circa 4.500 dipendenti a Tulcea e Braila, città vicine ai confini di Ucraina e Moldavia, e alla regione di Odessa.