Un ceo di Leonardo sempre più “euro” e meno “atlantico”?
In occasione della firma dell’accordo con la turca Baykar sui droni il 6 marzo, l’ad e dg di Leonardo Roberto Cingolani ha affermato al Financial Times che le recenti critiche del presidente degli Stati Uniti all’Europa, tra cui gli appelli agli alleati dell’Ucraina affinché si facciano carico di una parte maggiore del loro onere per la sicurezza, hanno “dato all’Europa una scossa e un senso di urgenza senza precedenti”.
“Fino ad oggi in Europa abbiamo speso molti soldi per acquistare principalmente tecnologie e sistemi americani. Dovremmo dare agli europei l’opportunità di investire di più in difesa e pace, oltre a diventare partner più rilevanti nella Nato”, ha sottolineato Cingolani, rispondendo anche a Start Magazine nel corso della conferenza stampa sull’accordo con Baykar.
Sotto la guida di Cingolani, il colosso della difesa e aerospazio italiano sta puntando a creare alleanze con aziende europee per superare la frammentazione dell’industria della difesa. Quella con la società turca sui droni è solo l’ultima in ordine di tempo.
L’anno scorso è nata la joint-venture con Rheinmetall che ha suggellato l’alleanza con la società tedesca per la produzione di veicoli da combattimento, ora Leonardo punta a replicare la strategia delle alleanze anche nei cieli e nello spazio.
“Non è facile decidere chi guida e chi fa cosa. Sono ‘matrimoni di convenienza’ che devono essere vantaggiosi per tutti”, ha spiegato Cingolani. Ma sembra che queste nozze siano convenienti solo con aziende del Vecchio Continente…
Leonardo, inoltre, sarebbe stato costretto a sostituire Bank of America con Deutsche Bank nelle vesti di advisor per la joint venture nel settore spaziale che sta valutando insieme ad Airbus e Thales. Il progetto allo studio, denominato «Project Bromo», ha l’obiettivo ambizioso di competere con Starlink, la società dei satelliti di Elon Musk che è peraltro uno stretto collaboratore di Trump e guida la commissione per l’efficienza governativa. Secondo Bloomberg, tra i motivi della decisione di passare dall’advisor americano a quello tedesco c’è un potenziale conflitto relativo a un altro cliente di Bank of America.
Tutti i dettagli.
DALLA TEDESCA RHEINMETALL ALLA TURCA BAYKAR, PUNTARE SULLE ALLEANZE IN EUROPA
Dopo la nascita della joint-venture con Rheinmetall, Leonardo ha unito le forze con la turca Baykar per formare una nuova joint venture che avrà sede in Italia. Produrrà droni destinati a rifornire un mercato europeo che si prevede raggiungerà quasi i 100 miliardi di euro entro la fine del prossimo decennio.
L’iniziativa mira a trarre vantaggio dall’aumento della spesa militare e del riarmo in Europa.
“Oggi molto di quello che viene comprato è di tecnologia americana, ma pagando di più sarà anche giusto cercare di farlo acquistando prodotti europei. Per questo serve avviare sempre più sinergie industriali. Come quella che abbiamo annunciato oggi con la turca Baycar, e come quella con Rheinmetall” ha evidenziato giovedì in conferenza stampa Cingolani, ripreso dal Foglio.
PER CINGOLANI OCCORRE “RAGIONARE IN TERMINI DI CONTINENTE”
Nel corso della conferenza stampa in occasione dell’accordo con Baykar per lo sviluppo tecnologie unmanned, l’ad di Leonardo ha sottolineato: “Credo che nessuno voglia vedere un’Europa irrilevante o schiacciata tra continenti molto più grandi, non come popolazione, ma come capacità. Quindi l’Eurodrone è un ottimo programma, ma l’Eurodrone stesso non sarebbe sufficiente a garantire la competitività dei droni nel continente. Quindi penso che abbiamo bisogno di molto di più. E intanto sviluppiamo Eurodrone, perché questo è un impegno serio che abbiamo”.
“Personalmente, non vedo alcun problema in futuro nel caso di una fusione anche di altre tecnologie perché credo che dovremmo iniziare a pensare in termini di continente, non in termini di Stati membri” ha osservato l’ad.
“Credo che dobbiamo essere molto chiari nell’analisi di questo periodo storico. Le cose stanno accadendo. I cambiamenti sono davvero grandi” ha aggiunto Cingolani osservando che i droni sono “uno dei settori in cui l’Europa dovrebbe essere più forte e più sicura. E penso che dovremmo stringere le giuste alleanze per trovare una scorciatoia, perché finora abbiamo perso parecchio tempo” ha chiosato.
LEONARDO GUARDA MENO AGLI USA?
Dunque il numero uno del gruppo ex Finmeccanica punta l’accento su “giuste alleanze”.
Come rileva Gianni Dragoni sul suo blog Poteri Deboli, “secondo diversi analisti la scelta possibile era tra un partner americano o uno medio-orientale. I droni turchi costano meno di quelli americani, inoltre – fanno notare fonti di Leonardo – i grandi gruppi americani non sarebbero stati disponibili ad accordi industriali, ma solo a vendere i droni all’Italia.”
“STATI UNITI NOSTRI ALLEATI, MA…”
Quello del bisogno per l’Europa di iniziare “a pensare come un continente unito”, per non finire “schiacciata da Cina, Russia e Stati Uniti”, è una tesi sostenuta già un anno fa dal numero uno di Leonardo.
“Gli Stati Uniti sono nostri alleati, ma hanno una dimensione globale negli investimenti che 27 paesi europei non possono eguagliare se sono divisi, anche se il bilancio del blocco non è così diverso da quello americano”, aveva affermato l’ad di Leonardo Cingolani in un’intervista a Bloomberg, condotta alla vigilia delle elezioni dell’Unione europea.
LE EVIDENZE DAL RAPPORTO TEHA-LEONARDO
Ed è in questa direzione che Cingolani ha più volte insistito sulla necessità di un consolidamento dell’industria europea della difesa per fare massa critica e competere meglio sui mercati internazionali.
Del resto, proprio dal recente studio “Peace through security: the strategic role of digital technologies” redatto da Teha Group (The European House – Ambrosetti) in collaborazione con Leonardo, è emerso che l’Ue è fortemente dipendente da Paesi extraeuropei per l’acquisto di attrezzature per la difesa, in particolare dagli Stati Uniti. Quest’ultimi sono il principale fornitore, rappresentando l’80% degli acquisti extra-Ue in attrezzature per la difesa.
A questa debolezza tecnologica si somma la frammentazione politica e della capacità industriale in ambito difesa, gli esigui investimenti pubblici e privati, l’eccessiva dipendenza strategica dell’Europa dalle forniture militari extra-Ue (in particolare statunitensi come già detto) e le difficoltà in termini di accettazione sociale, ha messo in luce lo studio condotto da Teha-Leonardo.
Come riassumeva il Sole 24 Ore, dei circa 100 miliardi di euro di spesa militare addizionale fatti dai paesi Ue aderenti alla Nato dallo scoppio della guerra in Ucraina, il 78% è stato utilizzato per comprare armamenti da paesi extraeuropei. Di questa fetta, gli Stati Uniti sono il principale fornitore. Solo il 18% degli acquisti di armi e attrezzature militari in Europa è fatto in modo «collaborativo».
OFFRIRE ALTERNATIVE MADE IN EUROPE VALIDE
Lo scorso autunno, il numero uno di Leonardo aveva già illustrato la sua visione proposito della alleanze industriali nei settori spaziale e della difesa in un’intervista a L’Economia del Corriere della Sera.
E alla domanda del Corriere se questa “insistenza sulle alleanze per rafforzare l’industria della difesa europea possa infastidire gli Stati Uniti che vendono tante armi ai Paesi Ue” Roberto Cingolani ha replicato che “È vero che nel 2023 il 78% delle armi acquistate dagli Stati europei è stato importato da Paesi extra-Ue e per il 63% dagli Stati Uniti. Credo che però che Washington abbia tutto l’interesse a che l’Europa sia un alleato forte e affidabile nella Nato, in grado di provvedere a sé stesso economicamente e industrialmente. La dipendenza della difesa Ue dalle forniture esterne dipende soprattutto dalla mancanza di alternative europee valide”.
Pertanto, “Noi siamo pronti ad offrirne: con Rheinmetall e con le altre alleanze a cui stiamo lavorando” ha rimarcato Cingolani. Quest’ultimo chiaro riferimento alla ricerca di nuove alleanze anche nello spazio. Al momento sono in corso i colloqui con la francese Thales “per studiare come modificare la Space Alliance per migliorarne l’efficienza e aumentarne la competitività”. E in settimana l’ufficialità dell’intesa con i turchi sui sistemi unmanned.
CHE COSA DICEVA GIÀ UN ANNO FA L’AD DI LEONARDO ROBERTO CINGOLANI
D’altronde, è da quando si è insediato al timone di Leonardo che l’ad del colosso di Piazza Monte Grappa punta al consolidamento dell’industria della difesa europea.
“Leonardo è un colosso e abbiamo altri colossi in Europa ma sono piccoli rispetto alle realtà continentali di Cina e Stati Uniti: i colossi nazionali devono iniziare a fare sinergie europee e creare degli oggetti più grossi sinergici”, aveva spiegato Roberto Cingolani, ad di Leonardo, nel corso dell’audizione davanti alla commissione Difesa della Camera dei deputati proprio un anno fa. “Questo – ha proseguito – vuol dire fare delle scelte, fare un puzzle ragionato di dove si mettono le sinergie. Ci vorrà tempo. Questo è fare non solo politica industriale ma anche politica europea”.
D’altra parte, “Non c’è vocazione atlantista se non c’è anche un’Europa forte” secondo l’ad di Leonardo.
FONDAMENTALE IL RAPPORTO CON GLI USA SECONDO CINGOLANI APPENA INSEDIATO ALLA GUIDA DI LEONARDO
Sembrano lontani i tempi in cui il numero uno dell’ex Finmeccanica rassicurava sulla solidità e rilevanza dei rapporti transatlantici.
In occasione della sua prima uscita pubblica a maggio 2023 da amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani aveva ricordato come le relazioni con gli Stati Uniti nell’Alleanza atlantica siano fondamentali. “Il rapporto con gli Stati Uniti nell’Alleanza atlantica è fondamentale e su cui non c’è alcuna discussione. Sulle questioni di training e di tecnologie da condividere o da sviluppare, questo si vedrà di volta in volta”, aveva precisato Cingolani.