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La baruffa Nextalia-Confindustria favorirà Multiversity?

Che cosa sta succedendo nel campo della formazione tra i due colossi concorrenti Multiversity e Nextalia. Fatti e approfondimenti anche sul ruolo poco chiaro del sistema Confindustria

 

La tensione fra Confindustria e Nextalia (promossa e costituita anche dalla confederazione degli industriali) fa incuneare la concorrente Multiversity nell’ambito confindustriale, forse anche grazie all’esperienza del numero uno di Multiversity, Fabio Vaccarono, che è stato nel cda del Sole 24 ore ed è uscito proprio quando ha assunto la carica di capo azienda del gruppo controllato dal fondo britannico Cvc proprietario di tre importanti università telematiche.

Negli ultimi giorni MF Milano Finanza ha rimarcato che su input del presidente di Confindustria Carlo Bonomi che di Nextalia è azionista, Digit’Ed si è vista congelare quest’estate l’acquisto del 51% della Luiss Executive dalla Luiss Business School. In più, dopo aver acquistato la 24 Ore Business School, come scritto qua su Start, la scorsa estate la vecchia scuola di formazione professionale del Sole 24 Ore del fondo Palamon è in guerra nelle aule di tribunale proprio con la casa editrice della testata economica.

Questo perché la società, come raccontato da Startmag, ha deciso di fare una ‘inversione a U’ per tornare nel settore edtech e, rimasta senza il suo vecchio nome, è scesa nuovamente nell’agone come Sole 24 Ore Formazione, di proprietà per l’85% di Multiversity (è costato 5 milioni) mentre il 15% è rimasto al gruppo editoriale guidato dalla ceo Mirja Cartia d’Asero. Secondo la controparte il nuovo nome scelto a Viale dell’Astronomia violerebbe alcune clausole del contratto di vendita fra Palamon e Il Sole, con il risultato di generare confusione sul mercato fra i consumatori.

Insomma mentre il Sole 24 Ore si affanna nel tentativo di provare a recuperare il tempo perso con l’uscita dal settore e la alienazione della sua scuola, nel settore restano Nextalia, società con azionariato tutto italiano costituita su iniziativa del banker Francesco Canzonieri (ex Mediobanca) con Intesa Sanpaolo, Unipol, Confindustria, Coldiretti e Micheli Associati) e la Multiversity guidata da Vaccarono (ex Google Italia) controllata dal fondo britannico Cvc, che possiede tra l’altro le università telematiche Pegaso, Mercatorum e San Raffaele.

IL COLPACCIO DI MULTIVERSITY CON PA 110 E LODE

Tornando al gruppo guidato da Vaccarono, non va dimenticato il colpaccio delle università private digitali con il governo Meloni: gli atenei controllati dal fondo britannico-lussemburghese Cvc lo scorso luglio hanno firmato con il ministero della Pubblicazione amministrazione un’intesa per la formazione dei dipendenti pubblici, agguantando il contratto dell’iniziativa Pa 110 e lode.

COS’E’ L’INIZIATIVA PA 110 E LODE

Si tratta di un programma partorito sull’onda d’entusiasmo del Pnrr e sull’esigenza di aggiornare le competenze degli statali frutto di un protocollo d’intesa firmato il 7 ottobre 2021 tra il Ministro per la Pubblica amministrazione di allora, Renato Brunetta, e la Ministra dell’Università e della Ricerca di quel periodo, Maria Cristina Messa, per consentire a tutti i dipendenti pubblici di usufruire di un incentivo per l’accesso all’istruzione terziaria: corsi di laurea, corsi di specializzazione e master.

Con il cambio di governo, da Draghi a Meloni, le università private digitali, lasciate fuori dagli accordi, sono state incluse. È il caso appunto di quelle controllate dal fondo britannico-lussemburghese Cvc – ossia Università Mercatorum, Pegaso e San Raffaele di Roma – che a luglio hanno firmato con il ministero della Pubblicazione amministrazione un’intesa per la formazione dei dipendenti pubblici.

LITI AZZURRE SULLE TELEMATICHE

L’iniziativa del dicastero della Pubblica amministrazione – secondo la ricostruzione di Start Magazine – ha scosso parecchio non solo i delicati equilibri interni alla maggioranza di governo (ambienti di Lega e Fratelli d’Italia storcono il naso) come pure tra i ministri.

Infatti la firma dell’intesa, ha scritto il Foglio, “avrebbe colto di sorpresa” la ministra titolare del dicastero di pertinenza, Anna Maria Bernini, che non si aspettava che il collega alla Pa, Paolo Zangrillo, promuovesse anche gli atenei telematici a stretti collaboratori dello Stato per iniziative che riguardano la formazione dei dipendenti pubblici.

LE NOVITÀ IN MULTIVERSITY

Parallelamente, come riportato sempre qui su Start, l’assemblea di Multiversity ha nominato il nuovo presidente del gruppo: sarà Luciano Violante, in azione da tempo per la società, come svelato nei giorni scorsi sempre dal quotidiano Il Foglio che ha raccontato che alle università telematiche sarebbe arrivata una grossa mano proprio da Violante, “portatore degli interessi […] delle controllate da Multiversity”. La norma nata sotto il governo Draghi, viene ricostruito, non includeva le telematiche “per motivi legati agli standard qualitativi”.

Il cda di Multiversity inoltre – si legge sul Sole 24 ore – ha nominato l’advisory board che sarà composto fra gli altri dalla ex ministra per le Università Maria Chiara Carrozzapresidente del Consiglio nazionale delle ricerche (presenza molto discussa da alcuni accademici).

LA CONVENZIONE CON CONFINDUSTRIA CANAVESE

Pochi giorni fa, inoltre, Fabio Vaccarono, che fino a fine 2022 sedeva anche nel Cda del Sole 24 Ore, ha stretto anche una importante convenzione con Confindustria Canavese dove è appena stato inaugurato il polo didattico Ermete Formazione per le università digitali Unipegaso, Unimercatorum, San Raffeale del Gruppo Multiversity.

I PROBLEMUCCI DELLE TELEMATICHE

Risultati ammirevoli soprattutto se si considerano i numerosi problemi che affliggono le telematiche: come sottolinea infatti l’ultimo rapporto dell’Anvur dello scorso giugno, recuperato dal Messaggero in estate, il gap tra queste e gli atenei ‘fisici’ è notevole.

Infatti, mentre durante i corsi del 2022 le università tradizionali hanno messo a disposizione un professore ogni 28,5 studenti, nelle telematiche il rapporto sale a 384,8 studenti per docente. “Questo – chiosava il quotidiano di Caltagirone – determina costi inferiori e ricavi decisamente più elevati per organizzare una stessa tipologia di corso, senza garantire gli stessi standard qualitativi di formazione”.

Si legge infatti nel report: “L’’effetto combinato della riduzione dei requisiti di docenza richiesti per l’accreditamento dei corsi di studio, a fronte comunque di un aumento del numero dei docenti contestuale all’esplosione nel numero di iscritti, ha determinato il rilevante aumento del rapporto studenti/docenti, che è passato da 152,2 del 2012 a 384,8 del 2022 (un indicatore di circa tredici volte superiore rispetto alle università tradizionali)”.

IL MESSAGGERO DI CALTAGIRONE SFRUCULIA PEGASO, MERCATORUM E SAN RAFFAELE

Nell’articolo del quotidiano capitolino si riesumano anche le conclusioni di due mesi fa dell’Anvur: “Pensare che un’offerta formativa possa reggersi appaltando integralmente la docenza all’esterno dell’ateneo è ritenuto un elemento di scarsa attenzione alla qualità della didattica e alla centralità dello studente”.

“Il messaggio – sottolinea il quotidiano del gruppo Caltagirone – arriva a valle di una valutazione sulle università telematiche messe a confronto con quelle tradizionali: nessuna ha ottenuto una promozione a pieni voti da parte dell’agenzia: su 11 ben 8 hanno raggiunto un giudizio soddisfacente, solo una è considerata pienamente soddisfacenti e ben due sono finite sotto osservazione per mancanza di elementi di qualità fondamentali. Per quanto riguarda gli atenei tradizionali sette hanno ottenuto “molto positivo”, 30 “pienamente soddisfacente”, 42 “soddisfacente” e solo un caso risulta condizionato a future osservazioni”.

LA PROPOSTA DEL PROF. MAYER

Per risollevare la qualità la legge, suggeriscono gli addetti ai lavori, dovrebbe poi obbligare le università telematiche a svolgere almeno il 25-30% delle attività didattiche in presenza, come ha recentemente chiesto Marco Mayer, professore di Intelligence e Sicurezza nazionale presso la Lumsa, già direttore del master Intelligence & Security alla Link Campus e docente al Cybersecurity Master della Luiss.

Insomma, tutte le università telematiche hanno diverse spade di Damocle che incombono sulle loro teste ma al momento sembrano curarsene: anzi, sono più baldanzose che mai, pronte ad aggredire nuove fette di un mercato che vale tantissimi soldi.

IL FONDO CVC VUOLE VENDERE UNA QUOTA DEL GRUPPO MULTIVERSITY

Una sorta di spada di Damocle che – come si legge nello stesso bilancio di Multiversity – è un vero e proprio rischio regolatorio che potrebbe comportare spese rilevanti per aumentare il numero dei docenti. Un rischio che di fatto incide anche sul valore complessivo del gruppo, proprio adesso che il fondo Cvc ha avviato la procedura di cessione di una parte delle quote di maggioranza del gruppo.

Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, Eqt, Advent e TA Associated hanno aperto il dossier Multiversity, il gruppo italiano della formazione universitaria telematica che ha in portafoglio Pegaso (il maggiore ateneo online del Paese), Mercatorum University, l’università San Raffaele di Roma e il Sole 24 Ore Formazione. E il file è arrivato – più spinto però dalle banche d’affari – anche sul tavolo di Kkr, il colosso newyorkese che sempre in Italia sta cercando di mettere le mani sulla rete di Tim.

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