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Armani e Dior non vanno di moda per l’Antitrust

L'Antitrust ha avviato un’istruttoria su società del gruppo Armani e del gruppo Dior per possibili condotte illecite nella promozione e nella vendita di articoli e di accessori di abbigliamento. Tutti i dettagli sul provvedimento e la posizione del gruppo Armani

Anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato vuole vederci chiaro sul fronte del caporalato nella moda. Della vicenda, come si ricorderà, si era occupato inizialmente il Nucleo ispettorato del lavoro con ispezioni in diversi opifici lombardi e poi il Tribunale di Milano che ad aprile ha sottoposto ad amministrazione giudiziaria la Giorgio Armani Operations Spa e Manufactures Dior spa.

Ora l’Antitrust ha deciso di avviare un’istruttoria nei confronti di alcune società del Gruppo Armani (Giorgio Armani S.p.A. e G.A. Operations S.p.A.) e un’istruttoria nei confronti di alcune società del Gruppo Dior (Christian Dior Couture S.A., Christian Dior Italia S.r.l. e Manufactures Dior S.r.l.) “per possibili condotte illecite nella promozione e nella vendita di articoli e di accessori di abbigliamento, in violazione delle norme del Codice del Consumo”. Ieri i funzionari dell’Autorità, insieme al Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno svolto ispezioni nelle sedi di Giorgio Armani S.p.A. e G.A. Operations S.p.A. e nella sede di Christian Dior Italia S.r.l.

AGCM CONTRO DIOR E ARMANI

Il gruppo Dior, fondato nel 1946 dallo stilista Christian Dior, è da aprile 2017 parte del gruppo LVMH (nato nel 1987 dalla fusione di Louis Vuitton e Moët Hennessy). LVMH, multinazionale francese con sede a Parigi, ha oggi nel suo carnet 75 maison e può contare su 213 mila dipendenti di cui il 71% è donna. Nel 2023 il fatturato si è attestato a 86,2 miliardi (oltre 20 miliardi in più in 2 anni) per 6 miliardi di imposte sulle società versate. L’impronta economica globale di LVMH in Francia, si legge sul sito, rappresenta l’1,1% del Pil francese.

L’impero Armani, nato nel 1975, secondo l’ultimo bilancio disponibile – relativo al 2022 – vanta 650 boutique in tutto il mondo e 8.700 dipendenti, ricavi netti pari a 2,35 miliardi (+16,5% su anno), Ebit pari a 202,5 milioni (+30% su anno). Come riferisce una nota del gruppo, anche il 2023 è iniziato decisamente bene con ricavi netti in aumento del 18% rispetto al 2022.

LE CONDOTTE CONTESTATE DALL’AGCM

Alla base dell’istruttoria avviata dall’Authority guidata da Roberto Rustichelli, il fatto che le società coinvolte “potrebbero avere presentato dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale non veritiere, in particolare riguardo alle condizioni di lavoro e al rispetto della legalità presso i loro fornitori”.

Per Piazza Verdi, inoltre, le società avrebbero enfatizzato l’artigianalità e l’eccellenza delle lavorazioni ma, per realizzare alcuni articoli e accessori di abbigliamento, “si sarebbero avvalse di forniture provenienti da laboratori e da opifici che impiegano lavoratori che riceverebbero salari inadeguati”. Peraltro, opererebbero in orari di lavoro “oltre i limiti di legge e in condizioni sanitarie e di sicurezza insufficienti, in contrasto con i livelli di eccellenza della produzione vantati dalle società”.

LA POSIZIONE DI ARMANI

Il gruppo Armani prende atto dell’inizio di un procedimento per asserite pratiche commerciali scorrette che sarebbero relative ad alcuni aspetti della comunicazione istituzionale. Le società interessate “assicurano piena collaborazione con l’Autorità procedente, ritengono infondate le ipotesi delineate e sono fiduciose che gli accertamenti avranno esito positivo” risponde in una nota la Maison.

E QUELLA DI DIOR

“Nelle ultime settimane, la Maison Dior è stata informata dalle autorità giudiziarie italiane della scoperta di pratiche illegali presso due dei suoi fornitori incaricati dell’assemblaggio parziale della pelletteria maschile. La Maison Dior condanna fermamente questi atti scorretti, che oltre a contraddire nella maniera più assoluta i valori dell’azienda e il codice di condotta sottoscritto dalle due società, non rispecchiano affatto l’operato dei propri artigiani e il legame che unisce Dior all’Italia” spiega la casa di moda in una nota.

“Da oltre 30 anni, – prosegue la nota – la Maison è orgogliosa di aver stretto collaborazioni di eccellenza con le maggiori aziende italiane che contribuiscono in modo significativo all’economia del Paese, permettendo la creazione di 4.000 posti di lavoro. Consapevole della gravità delle violazioni commesse dai fornitori in oggetto e dei miglioramenti da apportare ai propri controlli e alle proprie procedure, la Maison Dior sta collaborando con gli organi giudiziari italiani. Nessun nuovo ordine sarà effettuato in futuro con questi fornitori. Dior sta lavorando intensamente per rafforzare le procedure esistenti. Nonostante i regolari controlli, questi due fornitori erano riusciti a occultare tali pratiche a Dior.”

“Alcuni articoli riportano fatti del tutto falsi, in primo luogo indicando che i fornitori in questione producevano borse da donna quando invece partecipavano esclusivamente all’assemblaggio parziale di articoli in pelle da uomo; e in secondo luogo che i costi di produzione di tali borse sarebbero ridicolmente bassi. Va tenuto presente che il margine di profitto della Maison Dior è del tutto in linea con il settore del lusso e non è affatto della misura indicata dai commenti errati. Dior seguirà la realizzazione dei suoi manufatti – in particolare l’integrazione della produzione nei propri atelier – e continuerà a offrire le migliori condizioni di lavoro a tutti coloro che contribuiscono, con immenso impegno e know-how, a creare i prodotti Dior della migliore qualità” conclude la nota.

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