La Flat tax giallo-verde presenta più rischi che vantaggi per le banche. Almeno nel breve-medio periodo. E’ questa la valutazione pressocché unanime di analisti e osservatori alla luce della parte fiscale del “Contratto per il governo di cambiamento” firmato da Movimento 5 Stelle e Lega in vista del governo di Giuseppe Conte in fieri.
Ecco fatti, numeri, report e scenari che riguardano anche grandi banche come Intesa Sanpaolo e Unicredit.
IL PROGRAMMA M5S-LEGA
Prendendo per buone le due righe riservate alla nuova tassazione per le imprese riportate nel «Contratto per il Governo del cambiamento», l’impatto della «Dual tax», come sarebbe meglio definirla, potrebbe determinare una perdita per il sistema creditizio che oscilla tra i 5,3 miliardi e i 3,1 miliardi di euro., è la stima oggi del Sole 24 Ore. Inoltre, l’effetto negativo del taglio dell’aliquota Ires, senza una corretta gestione del periodo transitorio, ha riflessi negativi anche sul patrimonio di vigilanza valido ai fini di Basilea III.
IL REPORT DI EQUITA
Ma è stato un report di Equita a far sobbalzare addetti ai lavori e banchieri. Non per il giudizio complessivo sul comparto: nonostante un primo trimestre incoraggiante, con un utile di 3,2 miliardi rispetto ai 2 attesi) e il relativo aumento delle stime 2018-2020 del 6%, gli analisti di Equita Sim hanno confermato infatti la visione neutrale sul settore bancario italiano.
IL BRANO PREOCCUPANTE
E’ un altro passo del report di Equita a preoccupare gli istituti di credito: la sim ha infatti simulato l’eventuale impatto negativo sulle banche che potrebbe essere determinato dal contratto di governo con un ribasso del 12%, ovvero di 12 miliardi di euro sul settore rispetto al calo del 6% registrato nelle ultime due settimane in borsa. L’allargamento dello spread sovrano nelle ultime due settimane (meno 60 punti base) ha avuto un impatto negativo del 2% sulle valutazioni (meno 2 miliardi).
IL CASO UNICREDIT
Unicredit, assicura l’analista di Equita, Giovanni Razzoli, è fra le banche meno sensibili all’allargamento del differenziale di rendimento tra Germania e Italia grazie anche ai 14 miliardi di euro di Bund in portafoglio. L’aumento dello spread dovrebbe avere un impatto negativo di 15bps sul Cet1 contro una media del settore di 22bps. “Invece, l’eventuale introduzione di una flat tax del 2% sui ricavi generati in Italia dalle banche dovrebbe avere un impatto negativo decisamente più consistente: -10% sulle valutazioni, in soldoni -10 miliardi di euro, a fronte di un nuovo gettito fiscale di circa 900 milioni di euro l’anno”, riporta Mf/Milano Finanza.
EFFETTO DUAL TAX SUL CREDITO
Oggi è il Sole 24 Ore a fare simulazioni che non entusiasmano affatto il settore bancario. L’effetto «Dual Tax» tradotto in numeri sui bilanci dei principali istituti di credito sarebbe pari a una svalutazione di 5,3 miliardi – scrive il giornalista Marco Mobili del Sole – “nel caso di una (improbabile) tassa piatta al 15% per le banche e calcolata in base al rapporto tra gli oltre 11 miliardi di Dta, ancora da trasformare in crediti d’imposta, e il differenziale di 12,5 punti percentuali, frutto del taglio di aliquota dal 27,5 attuale, e la nuova soglia del 15% che si vorrebbe introdurre”.
L’IMPATTO SULLE SINGOLE BANCHE
La perdita si ridurrebbe a 3,1 miliardi se l’aliquota per banche fosse del 20 per cento: “Se si volesse applicare questo rapporto agli ultimi bilanci dei primi 8 istituti italiani, il conto più salato in termini di svalutazione sarebbe quello di Banca Intesa con oltre 1,2 miliardi. A seguire Unicredit con una perdita di oltre 600 milioni e, a chiudere il podio, sarebbe Mps con più di 400 milioni di svalutazione (si veda la tabella in pagina)”, aggiunge il Sole 24 Ore.
L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE
Ecco l’ulteriore approfondimento del Sole 24 Ore: “Oltre alla svalutazione, la Dual tax, come detto, avrebbe pesanti ripercussioni sul patrimonio di vigilanza e i rigidi paletti fissati da Basilea III. Gli istituti di credito hanno incamerato consistenti quote di Dta che sono state rilevate in bilancio. La trasformabilità delle Dta in crediti d’imposta, già iscritte in bilancio sia per Ires che per Irap, ha consentito alle banche italiane di rispettare i più restrittivi paletti imposti da Basilea III. Il documento del Comitato di Basilea del 16 dicembre 2010 ha previsto, infatti, l’esclusione della fiscalità differita dal patrimonio di vigilanza in quanto le imposte differite attive non sono recuperabili in caso di emergenza o di liquidazione forzata della banca. Il loro recupero può avvenire solo in presenza di utili e relativi imponibili fiscali. Con il taglio “secco” dell’aliquota Ires, senza una corretta gestione del periodo transitorio magari mantenendo l’aliquota al 27,5%, a farne le spese sarebbe dunque il patrimonio di vigilanza valido ai fini di Basilea III”.
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