I SEGRETI DEL COPASIR
Copasir e gli influencer filo Putin. Il post di Urso
L’intelligence italiana “non ha mai stilato alcuna lista di politici, giornalisti, opinionisti o commentatori, né ha mai svolto attività di dossieraggio”. (Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi e alla sicurezza della Repubblica)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 7, 2022
"L'indagine che il Copasir ha avviato sulla disinformazione che viene dal Cremlino è cosa ben più seria dell'elenco di alcuni semisconosciuti blogger o influencer che fa capolino su alcuni giornali". (Francesco Grignetti, La Stampa).
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 7, 2022
Disinformazione e propaganda in favore della Russia alimentata da notizie false rilanciate su canali social oppure con articoli e interviste: si concentra su questo l’indagine conoscitiva del Copasir che ha già ascoltato i vertici dei Servizi, della Rai e dell'Agcom. (Corsera)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 8, 2022
"Al governo e al Copasir arrivano periodicamente rapporti che ricostruiscono la guerra «ibrida» scatenata da Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina". (Fiorenza Sarzanini, Corriere della sera)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 8, 2022
“Il Copasir è impazzito. Convoca l’ad della Rai e fa indagini conoscitive su chi ha posizioni filo Russia”. (Marcello Sorgi, editorialista del quotidiano La Stampa, a Di Martedì)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 7, 2022
Copasir e liste di proscrizione. Che cosa ha detto Raffaele Lorusso, segretario della Federazione della stampa italiana (sindacato unitario dei giornalisti), al Fatto Quotidiano. pic.twitter.com/AHt6uBx3Im
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 8, 2022
Come è nato il dossier dei Servizi per il Copasir? L'ipotesi (peregrina?) https://t.co/bojkKBcwwl
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 8, 2022
LA SVOLTA DI BIDEN
“Ora nell’amministrazione Biden sta prevalendo una linea favorevole al cessate il fuoco in Ucraina”. (Maurizio Molinari, direttore del quotidiano Repubblica, su La7)
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DOSSIER MEDVEDEV
Medvedev. "L'uomo che, da presidente, era considerato il leader dei liberali del regime: twittava dal suo iPhone, mangiava hamburger con Obama, andava in pellegrinaggio da Steve Jobs e aveva osato dichiarare che «la libertà è meglio della non libertà». (Anna Zafesova, La Stampa)
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Secondo Aleksey Venediktov, l’informatissimo ex direttore della radio Eco di Mosca, l'escalation verbale di Medvedev punta a sfidare il capo della Duma Vyacheslav Volodin, prescelto come “delfino” di Putin dai “falchi”. (La Stampa)
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DOSSIER LEONARDO
“Coprì l’uomo di D’Alema a Bogotà. Diplomatico silurato da Leonardo”. (Fonte: La Verità) pic.twitter.com/izGBi2dN0A
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CARTOLINE PARIGINE
"Parigi sta molto insistendo sul fatto che il nuovo fondo Ue per l’acquisto di armi sia solo riservato a tecnologie cento per cento europee, tagliando fuori chi – come Roma – ha programmi congiunti con Regno Unito e America". (Repubblica)
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CIRCO RAI
"La Lega, per votare sì al pacchetto di nuove nomine, vorrebbe infatti chiedere la testa di Ilaria D’Amico (la ex conduttrice di SkySport a cui sarebbe stato promesso un programma in seconda serata su Rai 2), per mettere al suo posto Francesco Giorgino". (La Stampa)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 8, 2022
LA NOTA DI FOLLI
"È verosimile che Salvini e Conte arrivino al ’23 nei rispettivi incarichi e con tutte le loro ambiguità, ma non si può escludere che finiscano per essere messi da parte prima del voto. In tal caso la ricerca di un accordo di coalizione sarebbe molto più agevole". (Stefano Folli)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 7, 2022
QUISQUILIE & PINZILLACCHERE
“Merda”. “Cretina”. “Coglioni”. Il forbito eloquio di Sallusti emula ormai quello di Feltri.
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 7, 2022
La politica su LinkedIn pic.twitter.com/dqJiaCKSlT
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) June 7, 2022
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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA SU COPASIR, SERVIZI SEGRETI E FILOPUTINIANI
La rete è complessa e variegata. Coinvolge i social network, le tv, i giornali e ha come obiettivo principale il condizionamento dell’opinione pubblica. Si attiva nei momenti chiave del conflitto, attaccando i politici schierati con Kiev e sostenendo quelli che portano avanti le tesi favorevoli alla Russia. La rete filo-Putin è ormai una realtà ben radicata in Italia, che allarma gli apparati di sicurezza perché tenta di orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo. E lo fa potendo contare su parlamentari e manager, lobbisti e giornalisti. L’indagine avviata dal Copasir è entrata nella fase cruciale. Il materiale raccolto dall’intelligence individua i canali usati per la propaganda, ricostruisce i contatti tra gruppi e singoli personaggi e soprattutto la scelta dei momenti in cui la rete, usando più piattaforme sociali insieme — da quelle più conosciute come Telegram, Twitter, Facebook, Tik Tok, Vk, Instagram, a quelle di nicchia come Gab, Parler, Bitchute, ExitNews — fa partire la controinformazione.
Agli inizi di maggio, quando l’esercito russo appare in difficoltà sul campo, l’argomento privilegiato è l’invio delle armi italiane all’Ucraina. La campagna di strumentalizzazione via social si concentra sull’immagine delle bolle di spedizione dei dispositivi militari, sottolineando la data dell’11 marzo: una settimana prima dell’approvazione del decreto in Parlamento che avverrà il 18 marzo. A condurre gli attacchi è Maria Dubovikova, giornalista russa che vive a Mosca e ha oltre 40mila followers su Twitter con l’account @politblogme. Nel mirino finisce Pietro Benassi, rappresentante diplomatico italiano presso l’Ue nonché ex consigliere diplomatico di Conte a Palazzo Chigi. Ma il vero bersaglio delle imboscate via social è Draghi, la cui maggioranza ha ben tre leader, Salvini, Berlusconi e Conte, che non si sono schierati senza se e senza ma con l’Ucraina, il Paese aggredito da Putin.
«Non in mio nome» è il motto rilanciato su decine di profili filorussi dell’estrema destra, che spesso si incrociano con negazionisti del Covid e no vax, per contestare a Palazzo Chigi di aver spedito le armi «senza il consenso del popolo italiano». Le accuse ricorrenti a Draghi vanno dal «mandarci in guerra» mettendo a rischio la sicurezza della nazione «per l’ambizione di diventare segretario generale della Nato», all’«aver causato l’aumento del costo dei generi alimentari ed energetici e la chiusura di numerose aziende». Il 3 maggio, quando Draghi critica duramente in conferenza stampa l’intervista rilasciata dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov a Rete4, su Twitter — che secondo il report fa spesso da «cassa di risonanza delle fake news» — si scatenano i post. «Non tutela gli interessi italiani e ha un’impostazione dittatoriale», è l’accusa contro il premier, che rimbalza sui social in sintonia con la portavoce di Lavrov, Maria Zakharova, la quale accusa «i politici italiani di ingannare il loro pubblico».
Il bombardamento di messaggi anti governativi e filo-putiniani aumenta in corrispondenza dei passaggi politicamente decisivi. Così è stato quando si è votato la prima volta sull’invio di armi e così sarà il 21 giugno, quando si voterà la risoluzione sulla guerra invocata dal M5S di Conte. In questa scia si fa notare Giorgio Bianchi, definito dai report periodici che gli apparati di sicurezza inviano al governo «noto freelance italiano presente in territorio ucraino con finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso». Bianchi gestisce il canale Telegram Giubbe Rosse (@rossobruni), che conta almeno 100 mila appartenenti e ha preso di mira più volte il presidente del Copasir, Adolfo Urso.
Quello degli ucraini bollati come «neonazisti» è un filone molto battuto dai sostenitori di Putin e spesso rilanciato da Alberto Fazolo. È un economista e pubblicista che in tv e su Facebook ha sostenuto che «i giornalisti uccisi in Ucraina negli ultimi 8 anni sono 80 e questo numero elevato è correlato alla presenza di formazioni paramilitari di matrice neonazista». In realtà, evidenziano gli analisti, «i giornalisti uccisi a partire dal 2014 sono circa la metà, ma il post di Fazolo ha registrato moltissime condivisioni sia su profili Facebook filorussi, sia su canali Telegram».
Manlio Dinucci ha 84 anni, è un geografo e scrittore promotore del comitato «No Guerra No Nato». Un suo articolo che sostiene come «l’attacco anglo-americano a Russia e Ucraina era stato pianificato nel 2019» è diventato una sorta di manifesto «di mezzi di informazione statali russi e utenze che sostengono l’invasione dell’Ucraina». Passaggi del suo libro La guerra – È in gioco la nostra vita, pubblicato dalla ByoBlu Edizioni — editrice di un canale digitale e tv più volte tacciato di «disinformazione» — sono stati citati da Putin nel discorso del 9 maggio per le celebrazioni del Giorno della vittoria. Le tesi di Dinucci sono state riprese dallo stesso Bianchi, Alessandro Orsini — il docente licenziato dall’Università Luiss dopo il clamore suscitato dalle sue apparizioni televisive — e Maurizio Vezzosi: 32 anni, è un reporter freelance che racconta il conflitto dall’Ucraina e invita lettori e telespettatori «a informarsi non rimanendo alle notizie in superficie perché molti ucraini pensano che Zelensky sia responsabile della situazione, molti lo ritengono un “traditore”».
La rete si muove in pubblico, ma anche riservatamente. Agli inizi di maggio, quando il grillino anti governativo Vito Petrocelli si rifiuta di lasciare la presidenza della commissione Esteri nonostante gli ultimatum espliciti di Conte, gli attivisti filo Putin si mobilitano per una campagna di mail bombing verso indirizzi di posta elettronica del Senato. In prima linea ci sono canali Telegram no vax e pro Russia come @robertonuzzocanale, @G4m3OV3R e @lantidiplomatico, un sito che raccoglie documentazione per sostenere la scelta di Petrocelli di restare inchiodato alla poltrona, contro le indicazioni del partito. Su Antidiplomatico, che negli anni in cui Grillo guardava con simpatia a Putin era vicino alle posizioni di Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, è attiva anche la freelance Laura Ru. Si chiama Laura Ruggeri vive a Honk Kong e scrive su Strategic Culture Foundation, ritenuta dagli analisti «rivista online ricondotta al servizio di intelligence esterno russo Svr» e che, assieme a Russia Today, è artefice di una campagna massiccia contro le sanzioni. La tesi della portavoce Zakharova — «l’Ue è la vera vittima delle misure contro la Russia» — viene periodicamente rilanciata dal «noto giornalista e diffusore di disinformazione» Cesare Sacchetti, che sul suo canale Telegram conta oltre 60mila iscritti: «L’Ue è costretta a tornare sui propri passi e a pagare il gas in rubli». Su questi temi si muovono, sottotraccia, anche personaggi vicini a quei partiti che si smarcano dalla linea di Draghi. Il putiniano di ferro Claudio Giordanengo, che nel 2019 si candidò per la Lega al comune di Saluzzo, sui social attacca Draghi, Speranza, Biden. Questo il suo messaggio via chat del 2 giugno: «AVVISO AI TERRORISTI – Si informa che l’Ucraina sta vendendo vari stock di armi di ogni genere. Visitate i siti!! (Dark Net). Sottocosto missili anticarro Javelin originali Usa a 30 mila euro al pezzo. Ottimo affare, il prezzo originale è 250 mila dollari cadauno. Ma a loro che importa? Gli imbecilli occidentali glieli regalano». E poiché la rete dei putiniani d’Italia va oltre i confini di partito e schieramento, Giordanengo rilancia gli attacchi a Draghi del fondatore di Italexit: «Gianluigi Paragone inchioda il premier sulla guerra: “Si muove come un socio di Biden”. Italia sottomessa sulla guerra”». Per ingrossare l’esercito dei filo-putiniani d’Italia, ci sono movimenti che agiscono attraverso i siti in lingua russa. Su VKontakte (VK) troviamo la Rete dei Patrioti, che posta (in italiano) messaggi contro Salvini, forse con l’obiettivo di «rubare» proseliti alla Lega.
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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI REPUBBLICA SU DIFESA, UE, FRANCIA E ITALIA:
Parigi sta molto insistendo sul fatto che il nuovo fondo Ue per l’acquisto di armi sia solo riservato a tecnologie cento per cento europee, tagliando fuori chi – come Roma – ha programmi congiunti con Regno Unito e America. La resistenza italiana è stata decisa. E dovrebbe portare alla fine a tutelare comunque le società di Paesi membri partecipate da colossi americani. Di certo, la posizione di Macron tiene in allerta Draghi e il ministro Lorenzo Guerini. E spinge Roma a cercare un asse con Berlino. Anche il riarmo della Germania annunciato da Scholz passa infatti dagli Usa. Uno dei primi segnali è stata la scelta del Cancelliere di comprare fino a trentacinque caccia F35 dagli americani, mettendo un’ipoteca sul Fcas (Future combat air system) lanciato da Francia, Germania e Spagna. Sul tavolo del colloquio tra Draghi e Macron c’è infine anche l’offerta presentata la scorsa settimana da Rheinmetall per provare ad acquisire Oto Melara da Leonardo. Rheinmetall– che dice di avere il sostegno di Scholz – vuole allargare all’Italia il programma del tank franco-tedesco, che però tramite la sua quota di Oto Melara diventerebbe più tedesco che francese. Anche Knds – consorzio franco-tedesco guidato più da Parigi – a ottobre aveva presentato un’offerta per Oto. Ma la possibilità che l’Italia accetti l’eventuale vendita di Oto Melara dipende anche e soprattutto dall’eventuale ingresso di Roma nel progetto del super carro europeo. Su questo punto, l’esecutivo non è intenzionato a cedere.