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Google (e non solo) dichiara finita l’era dello smart working

Da grande fautore dello smart working, imposto dalla pandemia, nonché leader negli strumenti per il lavoro da remoto, Google sta richiamando in ufficio i propri dipendenti. Chi altro segue questa tendenza e cosa ne pensano i lavoratori?

 

Un altro gigante richiama in ufficio i suoi dipendenti. Dopo Amazon, Apple, Meta e molti altri anche Google dichiara ufficialmente finita l’era dello smart working e chiede di considerare almeno una forma di lavoro ibrida.

Non si tratta dunque di un’azienda qualunque, bensì di una che non solo di mestiere produce strumenti per il lavoro a distanza ma che ne è anche leader.

Cosa ci dice questo? E quali altre grandi aziende vogliono il ritorno dei dipendenti in ufficio?

LA NUOVA POLICY DI GOOGLE SULLO SMART WORKING

“Sappiamo che un certo numero di persone è passato al lavoro completamente a distanza per molte buone ragioni, mentre tutti ci siamo adattati alla pandemia”. Recita così una parte della nota interna scritta dalla Chief People Officer di Google, Fiona Cicconi, e riportata da The Verge.

“Per coloro che lavorano da remoto e che vivono vicino a un ufficio Google, ci auguriamo che prendano in considerazione la possibilità di passare a un orario di lavoro ibrido. I nostri uffici – prosegue – sono il luogo in cui sarete maggiormente connessi alla comunità di Google. In futuro, prenderemo in considerazione nuove richieste di lavoro da remoto solo in via eccezionale”.

L’e-mail, secondo quanto afferma la testata, ricorda inoltre ai dipendenti che dovrebbero recarsi in ufficio tre giorni alla settimana, salvo diverse indicazioni da parte dell’azienda, e che i manager possono tenere conto delle loro assenze nelle valutazioni delle prestazioni.

Google aveva iniziato a imporre ai lavoratori di tornare in ufficio già dall’aprile 2022, anche se non è chiaro quanto questa politica sia stata applicata tra i suoi dipendenti.

IL PARADOSSO DELLE BIG TECH

L’aspetto curioso, osserva Quartz, è che a non credere più – così pare – nello smart working sono proprio le grandi aziende del settore tecnologico, ovvero quelle che dispongono delle risorse e degli strumenti necessari per rendere efficace il lavoro a distanza.

Sembra, dunque, un paradosso che società simili, il cui obiettivo è supportare e agevolare il lavoro da remoto facciano marcia indietro.

“Tra documenti, fogli e diapositive – si legge nell’articolo -, Google è stato il pioniere degli strumenti basati sul cloud che hanno permesso ai colleghi di lavorare fianco a fianco da qualsiasi luogo. […] Quando la pandemia ha mandato a casa ondate di lavoratori nel 2020, Google Meet è diventato uno spazio leader per le riunioni virtuali. Gmail domina la posta elettronica su Internet, con oltre 1,5 miliardi di utenti attivi a livello globale. E nel 2019 l’azienda ha segnato il traguardo di 5 milioni di aziende che pagano per lavorare su G Suite, la collezione completa di strumenti di lavoro di Google per la produttività e la collaborazione”.

Meta, al contrario, immaginava di trasferire gli uffici nel mondo virtuale con il suo metaverso, che invece sta affondando. Tuttavia, richiamando in azienda i dipendenti – probabilmente durante una crisi d’identità – il Ceo, Mark Zuckerberg, ha detto che “il tempo trascorso nella vita reale è fondamentale per la connessione tra i team”.

“La nostra ipotesi – ha scritto lo scorso marzo – è che sia ancora più facile costruire la fiducia di persona e che queste relazioni ci aiutino a lavorare in modo più efficace. Incoraggio tutti voi a trovare più occasioni per lavorare in presenza con i vostri colleghi”.

CHI ALTRO TORNA SUI PROPRI PASSI

Da pionieri dello smart working a grandi fautori del ritorno in ufficio, oltre a Google e Meta anche molte altre grandi aziende fanno inversione a U.

Business Insider che aggiorna continuamente questa lista cita, tra gli altri, Amazon, Apple, Chipotle, Citigroup, Disney, Goldman Sachs, IBM, JP Morgan, Salesforce, Snap, Starbucks, Twitter e Uber.

MA I LAVORATORI COSA VOGLIONO?

Perché quindi le big tech e non solo vogliono il grande rientro? Secondo una ricerca del Pew Research Center citata da Quartz, il 53% degli americani che lavora da casa almeno una parte del tempo dichiara che questo influisce sulla loro capacità di sentirsi in contatto con i colleghi – che sarebbe una tra le motivazioni può addotte dalle aziende.

Tuttavia, lo studio afferma anche che “molti lavoratori ibridi preferirebbero passare più tempo a lavorare da casa di quanto non facciano attualmente”. In particolare, il 34% di coloro che attualmente lavorano da casa per la maggior parte del tempo afferma che, se potesse scegliere, vorrebbe lavorare sempre da casa e tra coloro che lavorano da casa qualche volta, la metà dichiara che vorrebbe farlo per tutto il tempo o per la maggior parte del tempo.

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