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Vi racconto lo scandalo degli editori che invocano altri aiuti statali

Le mosse della federazione degli editori per continuare a spillare soldi allo Stato. Estratto di un articolo di Stefano Feltri per Appunti.

 

La Federazione Italiana Editori Giornali, la Fieg, ha lanciato da giorni una campagna pubblica per ottenere dal governo qualche decina di milioni. Per farci cosa? Niente di specifico, per ridurre un po’ le loro perdite.

LA FIEG INVOCA ALTRI SOLDI STATALI

In una recente audizione alla Camera, a ottobre, la Fieg ha chiesto fondi urgenti: nel documento non c’è un solo numero, non un’analisi del settore, non una strategia. Si chiedono soldi per sostenere il ricambio generazionale, cioè per prepensionare giornalisti costosi e sostituirli con giovani più economici e poco altro.

LA NUOVA MANNA PER I GIORNALI

Un subemendamento dei relatori alla legge di Bilancio sembra ora accontentarli, ci saranno 50 milioni di euro giustificati con l’aumento dei costi di produzione. Visto che il fondo per “il pluralismo dell’informazione” era stato ridotto di 46 milioni nella prima versione della manovra, si torna al punto di partenza. Altri 50 milioni sono stati promessi dal governo tramite il dipartimento editoria di palazzo Chigi.

LA CORNUCOPIA STATALE PER GLI EDITORI

Eppure, come ha ricostruito sul Fatto Quotidiano Nicola Borzi, il vero costo per le casse pubbliche del sostegno all’editoria è nell’ordine dei 500 milioni all’anno. Dalle agevolazioni per la carta agli sconti sulle tariffe postali ad antichi sostegni per i prepensionamenti che continuano a produrre costi per lo Stato ogni anno.

I FONDI DIRETTI DI PALAZZO CHIGI

Poi ci sono i fondi diretti di palazzo Chigi, del dipartimento editoria, vitali per molti giornali, piccoli, medi e grandi: li prendono testate cattoliche come Famiglia Cristiana e Avvenire, e giornali politici come Libero, di proprietà del senatore della Lega Antonio Angelucci, 2,7 milioni l’anno, e il Foglio, ben 2 milioni l’anno.

I CALCOLI DEL FATTO SUL FOGLIO

Sul Fatto, giornale che di contributi diretti non ne ha mai ricevuti, Nicola Borzi calcola che dalla fondazione nel 1996 il Foglio ha beneficiato di ben 65 milioni di euro complessivi. Per trasparenza: io ho lavorato sia per il Fatto che per il Foglio.

IL CASO DEL FOGLIO

È importante il dato del Foglio per indicare la natura di questi contributi: non servono a gestire fasi transitorie di crisi, non hanno l’obiettivo di aiutare la nascita di nuovi media, men che meno di favorire una transizione digitale che, se non c’è stata dopo quasi trent’anni di siti web, difficilmente ci sarà mai.

No, questi contributi sono semplicemente una parte vitale del bilancio di questi gruppi editoriali: con i soldi pubblici i giornali ci sono, senza chiudono.

UN SISTEMA SBALLATO

È evidente che un sistema impostato così non usa le risorse pubbliche per favorire il pluralismo ma per garantire la dipendenza esistenziale di quasi tutto il settore dei quotidiani dalla politica che usa la carota dei soldi e il bastone delle querele per ridurre al minimo il dissenso.

(Estratto da Appunti)

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