Le banche centrali si trovano in una situazione difficile: la crescita sta rallentando, l’inflazione è persistente, e l’unico strumento di politica monetaria a disposizione per affrontare queste forze contrastanti sono i tassi d’interesse. Il rialzo annunciato ieri dalla Fed per 75 bps aiuterà probabilmente a far scendere le aspettative sull’inflazione, ma potrebbe anche rendere più marcato il tasso del rallentamento economico.
Ciò detto, in base ai dati storici, un’inflazione al di sopra del 5% non è mai scesa senza che i tassi Fed siano saliti al di sopra dell’indice CPI. Pertanto, nonostante quello di ieri sia stato il più grande rialzo mai annunciato dall’inizio del secolo, i tassi Fed restano bassi, soprattutto rispetto al tasso d’inflazione elevato.
Per enfatizzare quanto sarà difficile riportare l’inflazione nel target range del 2% da questi tassi mensili, si possono considerare i dati seguenti: anche se si ritornasse a un tasso mensile di crescita dei tassi dello 0,2% per il resto del 2022 – pari alla media della variazione mese-su-mese a 5 anni prima dell’accelerazione quest’anno – il tasso d’inflazione headline a fine 2022 sarebbe ancora al 6% circa. Se i tassi mensili invece restassero dove sono, con una media dello 0,7% negli ultimi 6 mesi, allora arriveremmo a un nuovo picco annuale del 9% entro agosto, per arrivare a fine anno con un’inflazione vicina al 10%.