I primi nove mesi del 2024, come indicato da uno studio di Morningstar Sustainalytics, sono stati contrassegnati da un dato poco brillante per quanto riguarda la raccolta dei fondi ESG, sigla che include le parole environmental (ambientale), social (riferibile alle relazioni che l’azienda intrattiene con i lavoratori, i fornitori e le comunità in cui opera) e governance (include fattori quali la struttura aziendale, la composizione del cda, l’etica aziendale e la lotta alla corruzione): la raccolta netta si è infatti fermata a poco più di 22 mld di dollari. Si tratta di una contrazione sconcertante, dal momento che dalla raccolta di 160 mld di dollari del quarto trimestre di tre anni fa, si è passati a una raccolta netta complessivamente più contenuta.
Si tratta inoltre di una crescita decisamente più bassa rispetto a quella registrata dall’intero comparto dei fondi comuni, sostenuti dal miglioramento delle previsioni economiche e dall’incremento dei prezzi di mercato.
Calano anche i prodotti finanziari ‘green’ immessi sul mercato nei primi nove mesi del 2024: 57 contro i 300 del 2021.
Questi dati riflettono un sempre maggior raffreddamento degli investitori verso alcuni strumenti riferibili alla sostenibilità, malgrado l’emergenza della crisi climatica e le nuove strategie di investimento sempre più all’avanguardia. L’inversione di tendenza è stata determinata, tra l’altro, dall’aumento dei costi dei materiali che ha colpito soprattutto le aziende in crescita tra le quali quelle che progettano soluzioni per il clima e le energie rinnovabili. Raccolta negativa quindi per i fondi che investono nella transizione energetica e per quelli dedicati alla mobilità sostenibile. Registrano deflussi importanti anche i fondi legati alle energie rinnovabili dove la ridotta redditività ha frenato molti progetti. Oltretutto nei primi mesi del 2022 si è verificata una repentina frenata della raccolta di fondi ‘Green’. Uno shock che ha coinciso con il conflitto russo-ucraino.
Non è stata una casualità. L’industria bellica è esclusa dal perimetro investibile dei prodotti finanziari sostenibili, nati proprio con questa intimazione: neppure un centesimo in armamenti. Ecco chiarita la variazione dei flussi finanziari. Oltretutto lo sviluppo del settore difesa a livello di rendimenti ha avuto un rilevante sostegno dal riarmamento di molti Governi. È così che negli ultimi tre anni la raccolta in fondi Green ha subito una impressionante frenata stimolata anche da una esagerata regolamentazione con norme di primo e secondo livello che hanno congestionato le strutture di audit di banche e assicurazioni.
A frenare l’espansione dell’industria del risparmio green si sono adoperati anche i repubblicani americani con una pressione sui gestori del risparmio che va avanti dal 2022; la campagna anti sostenibilità è rivolta soprattutto contro le organizzazioni internazionali che riuniscono società finanziarie attive nel controllo della crisi climatica. Sembrano trascorsi decenni e non soltanto tre anni. Sono numeri che mettono in luce una contraddizione profonda. Mentre la minaccia del riscaldamento globale al pianeta continua ad acuirsi l’interessa su queste tematiche sembra irrazionalmente calare. D’altra parte i problemi che dobbiamo affrontare rappresentano un rischio tangibile per l’economia e la stabilità dei prezzi e per affrontarli servono capitali e innovazione.